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Realpolitik

Una volta i mascalzoni si abbarbicavano al concetto di “patria” per abbindolare i gonzi. Ossia si attardavano su di un idealismo retrò onde (credere) di contrapporsi positivamente a quello più avanzato che invece parlava di “internazionalismo” (proletario). Non credevano a nulla, al solito, salvo che alla salvaguardia del proprio portafogli e dei privilegi ingiusti di cui godevano, tale e quale come ora. Ma si attaccavano alla “patria” per ottenere il consenso (elettorale) della marmaglia di idioti da spremere.  
Oggidì, le mire sanguisughe sono rimaste quelle, tali e quali, ma i parassiti che le avanzano non parlano più di patria, fregandosene tale e quale come prima- ma senza più celarlo. Oggi parlano di Realpolitik. Come avevamo già notato anni orsono, nella nostra balorda provinciotta italica, c’era stato un antesignano di tale atteggiamento, nella figura di un ministro degli anni ’80 del secolo scorso, l’ineffabile De Michelis. Quelli di oggi, ossia la “destra di potere” al governo, ne calcano le orme, dandosi dell’intelligentone per il notevole sforzo encefalico compiuto per capire che “l’uomo è una brutta bestia” e che capirlo, appunto, è molto Real. E si precipitano a mettere in croce chiunque dissenta, tacciandolo assurdamente di “idealismo” o, peggio ancora, di “buonismo”. Il loro difetto è, come al solito, nel manico: non disponendo di intelligenze troppo insigni, costoro hanno già spremuto al massimo le meningi per diventare “realistik”, e non ammettono alcuno sforzo ulteriore, alcun passo avanti rispetto alla loro nuda e cruda presa d’atto dello stato delle cose. Ma questo è adeguarsi, mettersi in riga davanti alla pura animalità dei rapporti primari fra creature. Non è l’intelligenza.
Fossero intelligenti, avrebbero per lo meno conosciuto Platone e saprebbero che il primo atto del Logos, ossia dell’intelligenza umanistica, è proprio l’ideale. E comprenderebbero che la Realpolitik è un ideale essa stessa, soltanto più arcaico ed iniquo di altri. Il compito del Logos non è assolutamente quello di sottomettersi supinamente alla realtà data, neanche per migliorarla; ma quello di inventarne una alternativa che ne redima l’errore e l’iniquità. La realtà umana è sempre una invenzione umana e gli errori nel suo ordimento sono conseguenze della medesima mala intenzione, dei medesimi interessi particolari che l’hanno partorita e che vengono adesso richiamati come scusanti per non cambiarla. Per non intervenire, per non  correggerla. Perché?! Perché gli stessi interessi che l’hanno così confezionata sono tuttora vigenti nelle teste bacate di quegli “intelligentoni”, tardi ri-scopritori della Realpolitik…
La loro remissiva schiavitù all’esistente implica una deriva infamante e ignominiosa allo Stato che rappresentano, quella di un machiavellismo primitivo che fa sbandare continuamente la “morale pubblica” sulle anse e i tornanti del loro miope interesse. Di modo che ogni lungimiranza è revocata dal loro catalogo, il che, incapaci come sono di cogliere il futuro, li rende inaffidabili e sospetti al mondo intero. Ci rende inaffidabili e sospetti. Così gli Italiani sono i traditori, i cinici, l’avida canaglia del vecchio mondo che si fa conoscere soltanto per l’unico vero contributo da loro reso alla vie moderne: la mafia. Si guardi all’odierno rapporto col pazzo macellaio di Tripoli: prima hanno tradito l’Europa con Gheddafi, poi questo con l’Europa, e adesso sono di nuovo intenzionati a fare marcia indietro. Bella Realpolitik, fare patti scellerati con un macellaio pazzo…
Sono parassiti persino dello stesso concetto di “buonismo” che, ovviamente, non è farina del loro sacco. Questo è invece l’autocritica dell’idealismo progressista, che cerca di cogliere il momento in cui l’ideale trapassa nell’utopia, e non ha niente a che vedere col loro bieco cinismo. Quando pronunciano quella parola, “buonismo”, i mascalzoni della cricca di potere cercano soltanto di iniettarsi come droga nelle vene della “plebaglia” babbea, dandogli ad intendere che i suoi più reconditi pregiudizi, il razzismo, l’egoismo, l’avidità, corrispondano invece ad una sana considerazione delle cose, appunto una Realpolitik, e che la gente debba quindi affidarsi a costoro, col voto, per difendersi. Ossia, esumano la paura dai peggiori istinti animali della massa semplicemente per abbindolarla, depredarla e sottometterla. E siccome non esistono argomenti a difesa di tanta turpitudine, inquinano le menti con parole-chiave, usate come totem contro le paure così evocate. Così, la giustizia diventa “comunista”, l’equanimità “buonismo”, l’abiezione Realpolitik…
 
  
 
 
 
 

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