Scritto da © Piero Lo Iacono - Dom, 20/03/2011 - 13:34
“Volete una definizione di me stesso? Ma è come domandare la definizione di infinito.”(P.P.Pasolini)
Tue parole Pier Paolo. Le ricordi?
Eppure “per redimerci Cristo
non è stato innocente, ma diverso”[2]
“Bestemmia” vivente. Diluvio di disperata vitalità.
Hai sempre voluto fare “L’OPPOSIZIONE
DI CHI NON PUÒ ESSERE AMATO DA NESSUNO,
E NESSUNO AMARE”.
Il “Radikal Böse”
che bestemmia anche in dialetto e con la cicca in bocca.
“Conchiglia contro il male”.
A tutto Inconforme.
Dall’ordine degli uomini radiato.
E dal raduno dei normali.
Eclettico sciamano.
“Alloglotta tra indigeni e aborigeni”.
Dalla solcata fronte e le tempestose labbra.
Scismatico oltre ogni colpa.
Tu il “feto adulto” mai partorito al mondo.
Condannato a capire.
Eterno Puer impurificato
che non ti sei fatto crescere la barba neanche un giorno
(un giorno mi son sorti i peli sul braccio).
“Don Chisciotte della rabbia”.
Tu ci sospingi a tutte le sconsacrazioni possibili.
“Misero e impotente Socrate”.
Fiotto irrepresso a un’ordalia barbarica
in cui ti eclissi per riaperti fossi come abissi.
Ossimorico Poeta della Sineciosi:
dei due contrari in simbiosi inluiati.
Attratta falena dalla “luce di chi è che non sa”.
Da un amore che disonore ti fu. Onta e castigo.
“Sporgersi ingenui sull’abisso”.
Il prezzo del nostro “libito far licito”
paghiamo col crisma dello scisma.
Il nostro illecito asserto stoico-epicureo
di gaudenti annoiati.
La ricerca del Piacere
che al piacere della Ricerca uniamo.
Prede della “ossessione di una felicità immediata, sensuale”.
Illusi che la passione ottenga clemenza e perdono.
Tu il Sacerdote senza chiese o unzioni.
Contro ogni fascismo di destra e di sinistra.
Contro “l’atroce penombra” dove questi uniti si mescolano.
Contro i “moralisti che fecero del socialismo un cattolicesimo”.
Con le tue sole armi dell’intelligenza.
Per puerile gioconda onestà.
Come il Swift italiota della folle proposta di
“divorare gli insegnanti della scuola d’obbligo
e i dirigenti della televisione italiana”.
E vedo avverarsi -per privilegio d’anagrafe-
le tue profezie -allora ecube e cassandre-
ora come scolarette in fila nerovestite
che cadono a mo’ di denti cariati
da lasciare sdentata la gengive e la lingua.
Il cuore imbolsito.
Privi delle parole da cui veniamo detti
che nome danno anche alle cose.
Qua l’errore è giorno! Dèstati!
È alta la meridiana del sole.
Siamo all’allegria di una preistoria tutta italiana.
Borghese il popolo senza nozione di nazione.
Come animali nei recinti e negli abituri.
Tu che hai saputo con le parole
riscaldare il sangue di chi ti ascolta
più non speri di generare un lettore nuovo.
E le condanne. O quante le cicute bevute!
“La società divora il figlio disubbidiente”.
Divenne “disonorante porgerti la mano”.
Ancora si dice che bisognava ammazzarti prima.
Fango e sudore, sangue e sperma.
All’alba solo fumo dentro una fogna.
Sulla tua lapide non hanno scritto quello che tu avresti voluto:
“Qui vivo tra i vermi/ ma nel mondo/ vissi tra le vipere”.
“Nessuno potrà mai scrivere alla nostra storia la parola fine”.
Come parlò il tuo personaggio di nome Bestemmia.
Vado anch’io come quel tuo attore
là verso i porci di un porcile
che ha il bel nome di società
per lasciarmi da loro divorare.
“La morte non è/ nel non poter comunicare/ ma nel non poter più essere compresi”(P.P.Pasolini)
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