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All’Italia.

A 150 anni dalla sua fondazione, dopo oltre mezzo secolo di involuzione civile politica e infine morale, l’Italia, questa nave precaria caracollante su un mare nostrum di guai e di contraddizioni irreversibili, la mia vecchia nave barcollante, in balia di tempeste enormemente più imponenti, più potenti, più incoercibili della sua debole resistenza; questa nostra vecchia nave sbilenca pagata col sangue e la gioventù di un secolo intero, oramai dimenticato; come un Titanic conscio della fine cui stancamente accosta, eccola gettarsi contro gli scogli del proprio premeditato suicidio…
E se l’autore dell’inevitabile è ravvisabile nel cavaliere (dell’apocalisse) che alla testa dell’armata Brancaleone (delle tenebre) al potere, occupa lo scranno (ossia la cadrega) della presidenza, non si può tacere dell’altra aporia, tipicamente italica, che sta alle fondamenta dell’albeggiante catastrofe (o farsa: è uguale). Questa aporia si chiama: Lega: un’accozzaglia di tutto il peggio possibile dei difetti e dei tabù nazionali incollato assieme da un’avidità cieca e incolta che cerca soltanto il proprio miserabile tornaconto in mezzo alla temperie di una Storia che, analfabeticamente, non sa e non vede.
E l’aporia sta in questo: che quanto più quest’orda di illetterati affonda nei preconcetti e nelle contraddizioni tipiche dell’homo italicus, tanto più si scatena contro l’Italia da cui deriva i suoi, profondamente iniqui, comportamenti. Si tratta quindi di una lega di analfabeti, avidi, miopi, anacronistici, goffi, puerili, preistorici, ottusi, rapaci qualunquisti, i quali nulla sanno di ciò cui tuttavia mettono mano, inducendo ogni santa cosa alla rovina. Così essi si portano indietro rispetto alla storia, riproducendo farsescamente miti e riti di un altro passato e di un altro milieu civile, pressoché “barocco”, pre-illuminista. Come quando ripartono da zero, mano sul cuore, con un inno diverso da quello patrio ( e Giuseppe Verdi li maledirà per l’eternità per la loro appropriazione indebita- ma probabilmente non lo sanno neanche che cantano qualcosa di Giuseppe verdi…): una disgustosa rappresentazione di arretratezza e di bambocceria, mediata dai fumetti di Asterix e dalla birra cattiva ingurgitata nelle osterie pidocchiose della pedemontana Padana di trent’anni fa… 
Eppure proprio costoro, quest’accolita di ignavi balordi e semi-alcolizzati, si ergevano a vendicatori proprio dei loro stessi difetti, che, da esperti, reperivano nei papaveroni della politica (democristiana) dell’epoca – già istradata sulla via di quel degrado di cui loro saranno gli eredi, non i fustigatori –, additandoli al disprezzo di chi invidia l’ingiustizia dei privilegi, non di chi li emenda. E il popolo quadrupede seguì, li segue ancora…
Ora, chi ritiene di innovare il presente adulterandolo con essenze passatiste, ottiene un solo risultato. Perché la storia può andare dappertutto, salvo che indietro, ad una qualche sorta di riavvio primordiale e iniziatico, e queste restaurazioni, a parte l’aspetto grottesco di coreografie scimmiottate all’epos delle mode cinematografare (“Conan il barbaro”; “Braveheart”; “Il gladiatore” “Asterix il gallico”), servono appunto a quell’unico, ineluttabile epilogo- che è la catastrofe. Perché la frizione generata dall’accanimento con il quale i privilegiati che godono di beni ingiusti (per esempio, chi ha un gruzzolo da difendere contro l’erario; chi ammonticchia capitali di nascosto, lucrando sui servizi senza pagarli) si ostinano a difenderli, anche contro la loro palese illegittimità, e il lento ma inesorabile affioramento della verità che li scoperchia e li mette a nudo, finisce per naufragare nello scontro fisico, nella sommossa: il berlusconismo, e la Lega, suo tirapiedi, portano alla sommossa.
L’Italia, centocinquantenne avariata e senza futuro, è oramai il bottino di predoni scimuniti e senz’anima. Bande di ladroni arcaici tra i quali regna una primordiale anarchia, ove all’abbattimento e alla disattenzione delle leggi, corrisponde una smania insaziabile di prendersi tutto, fregare tutto, mettere le mani sul malloppo, all’ombra della liquidazione della legge, e farla franca- finché si può, finché dura… Sì, chissenefrega dello stato, del futuro, dei figli… Il Dio è il malloppo e chi lo arraffa- quello è lo spirito santo. E’ questa l’etica dei nazisti verdi della pedemontana… 
E, attenzione: non si può più tacere.  
 
 
 
 
 

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