Scritto da © Anser - Mar, 22/02/2011 - 22:34
Siamo appesi a incastri
che non sciolgono le dita,
nel buio di notti di tango
affannati, con sciabole
radenti al sorriso.
A tracimare il cuore
al colmo del vento
“le hai contate le stelle
che ti sfiorano in mezzo alle gambe?”
ogni porto ha fiocchi di nebbia
a celare orgasmi e sorrisi.
Siamo origami di luce
piegati dalla follia di dio.
All’alba, lavandaie distratte
perdono cenci di neve
che luccicano, come imbrogli
di labbra umide, di seni caldi.
Di silenzio che ha timore
d’essere nudo sul mare.
Ogni nave ha approdo
se il fiato regge la vela,
[è andare serrato, teso
contro ogni ragione di vento]
ogni donna è misura di madre.
Chiamare amore quel bagnarsi
di rugiada, quella carezza
a scarnificare le ossa, quel gridare
il vagito del cielo
la paura d’essere parola
o viandanti smarriti.
Ogni poeta tace,
al confine slabbrato di mare e cielo.
Senza pretesa di parole,
senza colmare la sete.
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