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Sono figlio del vento, di quella luna che batte nel cielo

Sono figlio del vento
[che soffia a graffi salati],
di quella luna che batte
ogni strada di cielo. Che risate
quando dite, [voi vagabondi di terra],
di possedere gli uncini
d’ogni mio sorriso.
 
Le mie dita, tracciano
ogni incrocio di mare, memoria
[l’occhio grigio non ha timore del tempo]
non ho che fili di lana,
qualche altra misera cosa.
L’occhio azzurro legge parole
[come misericordia affogata nel mare]
riso e pianto sono colmo
di salite ubriache di sete.
 
Il mio amore è soffio di menta
ad invadere soffitte e scacciapensieri,
graffio che segna confini
precipitati del tempo,
l’immota calma di dio.
 
Guardo, e non serro gli occhi,
non ho fiato d’affittare a mercanti di giada,
ho passi dimenticati, smarriti,
[con rimpianto di nebbia scarlatta]
nella memoria lasciata,
sola, ai bordi dell’infinito.
 
Ogni tentato volo è rimborso
per ogni parola mai detta
[ogni lacrima abdicata alla sera]
a rincorrere le mani lasciate,
i baci mai dati, le labbra mai sfiorate.
 
Se mi passate accanto,
con piume e miele,
fate piano, ve ne prego.

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