Scritto da © Maria34 - Mer, 01/12/2010 - 20:20
N.B. Questo racconto l'ho pubblicato giorni addietro mi sono accorta di averla decapitata, scusate se la ripropongo:
UNA PICCOLA CONCHIGLIA
Bella, ma di nessun pregio, se non quello, esclusivamente personale, di essere un magnifico ricordo.
Club Mediterrané, isola di Santo Stefano. Bellissima. Un sogno. Un paradiso.
Tutto nel villaggio era splendido, organizzato bene. Attività sportive, piccoli giri in barca nelle baie limitrofe, giochini, aperitivi, spettacoli pomeridiani e serali, discoteca, ecc ...
La prima mattinata di una vacanza, si sa, è uno dei momenti più belli.
Ero d'accordo con Antonio che saremmo andati insieme a fare un giro, per così dire, di perlustrazione. Lui era già stato lì l'anno prima, e mi avrebbe fatto da cicerone.
Quindi, consumata un'abbondante colazione, giù alla spiaggia.
Ombrelloni e le sdraio ancora chiusi, ancora ampie zone d'ombra; al centro, torreggiante, la postazione sopraelevata del bagnino, anch'essa vuota.
Mentre passeggiavamo, il sole lentamente conquistava spazi sempre più grandi, ricoprendo ogni cosa e scacciando l'umido della notte.
Piano piano, una persona, un gruppetto, poi un altro ancora, cominciavano a colonizzare la spiaggia.
Noi percorremmo tutta la battigia, da un estremo all'altro, lentamente, respirando la fresca aria salmastra del mattino, prima della calura che sarebbe inevitabilmente arrivata poco dopo; poi, ci girammo per rifare il percorso in senso inverso.
In pochi minuti la situazione era cambiata.
La schiera di coloro che volevano godersi il mattino era notevolmente aumentata e stava occupando i propri spazi.
Anche il bagnino si era arrampicato sul suo alto posto di controllo.
In silenzio tornammo verso il centro della spiaggia e mano a mano che si camminava la mia attenzione era sempre più catturata dal bagnino, anzi, dalla bagnina.
Immobile, statuaria, abbronzatissima, dietro ad un grande paio di occhiali da sole, sotto ad un grande cappello di paglia a larghe tese. Avvicinandomi, potei notare anche le sinuosità di un bel costume grigio, naturalmente intero, che appena sotto la scollatura, proprio là dove un uomo struscia volentieri il suo sguardo, mostrava la pubblicità di una nota marca di sigarette: MERIT.
A un certo punto si tolse un attimo gli occhiali, per vedere col binocolo e scrutare qualcosa lontano. Un viso d'angelo.
Antonio colse il mio sguardo, sorrise, poi:
«Ti informo che l'anno scorso ci ha provato tutta la spiaggia, ma ...»
Il tono era quello di chi consigliava: - meglio lasciar perdere -.
Ma si sa, un complimento ad una bella ragazza non lo si può trattenere, specie se si è in vacanza.
Quindi non mi persi d'animo e seguendo il mio istinto, passando davanti, o meglio, sotto il suo alto seggiolone, dissi ad alta voce, in modo che sentisse :
«Quasi, quasi, mi farei una 'MERIT'»
Poi, buttai l'occhio. Non si sa mai.
Sempre immobile, statuaria, angelica.
La vacanza passava rapida, come purtroppo spesso succede, quando è piacevole.
La vidi spesso, anche la sera, quando come tutto il personale libero, si adoperava per intrattenere le orde dei vacanzieri. In particolare ricordo quando ballammo sulla melodia di una canzone di Gino Paoli, che andava per la maggiore quell'anno: “Quando ti ho visto arrivare, bella così come sei, non mi sembrava possibile, che fra tanta gente tu t'accorgessi di me ... ...” .
La vacanza proseguì a meraviglia, ma voglio raccontarvi come finì.
Già attaccati dai primi morsi di malinconia, sulla banchina di attracco del vaporetto che ci avrebbe portato via, in piedi, a capannelli, coi nostri bagagli, si chiacchierava.
Io guardavo in giro con aria apparentemente distratta. Niente!
Il vaporetto arrivò, calarono la passerella. Quelli dello staff ci dissero di salire. Pigramente ero uno degli ultimi. Mi sentii toccare su una spalla, mi girai, era lei. Un piccolo bacio in punta di piedi, un abbraccio.
Poi mi diede un pacchetto di 'MERIT', vuoto. La guardai con un sorriso fra il felice di rivederla ancora una volta, e il triste perché sentivo che stava finendo un sogno.
«Avrei voluto arrivare prima, ma non ho potuto, anzi devo scappare immediatamente. Se il capo si accorge che sono corsa fin qui, sono guai; dovrei essere sul “seggiolone”.
Prima però, apri il pacchetto!»
Mi ritrovai con una conchiglia in mano.
Non la rividi più. Ci scrivemmo, ci telefonammo alcune volte. Poi mi disse che stava per sposarsi.
Un ricordo che ancora oggi mi emoziona.
[Stefano Franco Sardi]
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