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Divina Commedia - canto V - Inferno - Paolo e Francesca

 
 
 
 
 
 
Priamo della Quercia - Giovanni di Paolo (c.1403–1483)
Illustrazione della prima parte del Canto V (Minosse)
 
L'incontro con Paolo e Francesca è il primo di tutto il poema nel quale Dante parli con un dannato vero e proprio (escludendo infatti i poeti del Limbo). Inoltre per la prima volta in assoluto viene ricordato un personaggio contemporaneo, conformemente al principio che Dante stesso ricorderà in Pd XXVII di ricordare di preferenza le anime di fama note perché più persuasive per il lettore dell'epoca (fatto senza precedenti nella poesia impegnata e per molto tempo senza seguito, come ebbe modo di far notare Ugo Foscolo).

Paolo e Francesca si trovano nella schiera dei "morti per amore", e il loro avvicinarsi è descritto da ben tre similitudini che richiamano il volo degli uccelli, riprese in parte dall'Eneide.

Tutto l'episodio ha come motivo conduttore quello della pietà: la pietà affettuosa percepita dai due dannati quando vengono chiamati (tanto da far dire a Francesca un paradossale desiderio di pregare per lui, detto da un'anima infernale), oppure la pietà che traspare dalla meditazione che Dante ha dopo la prima confessione di Francesca, quando resta in silenzio, infine il culmine finale quando il poeta cade svenuto (di pietade / io venni men così com'io morisse).

 

 

Marie-Philippe Coupin de La Coupierie, Gli amori funesti di Francesca da Rimini

 

 

 

 

L'attenzione di Dante viene attirata da due anime che al contrario delle altre volano unite l'una all'altra e sembrano leggère nel vento, quindi chiede a Virgilio di poter parlare con loro, che acconsente a chieder loro di fermarsi quando il vento le porterà più vicine.

Dante allora si rivolge a loro: "O anime affannate, / venite a noi parlar, s'altri (cioè Dio) nol niega!". Allora esse uscirono dalla schiera dei morti per amore (dov'eraDidone) come le colombe che si alzano insieme per volare al nido.

 

Po trova la pace, sfociando nel mare coi suoi affluenti (Ravenna). L'amore che attecchisce velocemente nei cuori gentili [1] fece invaghire lui (Paolo) della mia bella presenza, che oggi non ho più; il modo mi offende ancora" (verso ambiguo: Francesca intendeva che è ancora soggiogata dall'intensità (dal modo) dell'amore di Paolo, oppure che il modo in cui le fu tolta la sua bella persona (cioè il suo corpo) la urta ancora, alludendo all'omicidio? Per parallelismo con la terzina successiva in genere si preferisce la prima interpretazione): "Amor, che a nullo amato amar perdona, / mi prese del costui piacer sì forte...". Dunque, l'amore non esonera nessuna persona amata dall'amare a sua volta. Dante qui richiama esplicitamente la teologia cristiana secondo la quale tutto l'amore che ciascuno dona agli altri, tornerà indietro parimenti, anche se non nello stesso tempo o forma. Infine Francesca rappresenta un'eroina romantica, infatti in lei abbiamo la contraddizione tra ideale e realtà: lei realizza il suo sogno, ma riceve la massima punizione[2].

 

 

Alexandre Cabanel, Morte di Francesca da Rimini e di Paolo Malatesta, 1871

 

 

Queste furono le parole che essi dissero (sebbene parli solo Francesca). Dante china il viso pensoso, finché Virgilio lo sprona chiedendogli "A che pensi?"

Dante non dà una vera e propria risposta ma sembra proseguire ad alta voce i pensieri: (parafrasi) "Che bei pensieri amorosi, quanto desiderio reciproco portò queste anime alla dannazione!". Poi, rivolgendosi di nuovo a loro: "Francesca[3], le tue pene mi fanno diventare triste e pio, al punto di aver voglia di piangere. Ma dimmi, con quali fatti e come avete fatto a passare dai dolci sospiri alla passione, che porta tanti dubbi di essere corrisposti."

Ed essa rispose: (parafrasi) "Niente è peggiore per me che ricordare i tempi felici ora che sono in questa misera condizione, e lo sa bene il tuo dottore[4]. Ma se proprio vuoi sapere l'origine del nostro amore, ti racconterò tra le lacrime ("come colui che piange e dice"). Un giorno stavamo leggendo per passatempo dell'amore di Lancillotto. Eravamo soli e non sospettavamo niente. Più volte quella lettura ci spinse a guardarci e ci fece sbiancare... ma fu in un punto preciso che vinse la nostra volontà: quando leggemmo il bacio tra Lancillotto e Ginevra, Paolo, che da me non verrà mai diviso, la bocca mi baciò tutto tremante. Galeotto [5] fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno non andammo più avanti nella lettura."

Mentre uno spirito diceva questo, l'altro piangeva in modo talmente pietoso, che mi sentii morire e caddi per terra come cade un corpo morto.

Questi due sono le anime di Paolo Malatesta e di Francesca da Polenta che furono travolti dalla passione e che vennero sorpresi da Gianciotto Malatesta, rispettivamente fratello e marito dei due, e trucidati.

Francesca commossa dalla pietà mostrata da Dante gli racconta di quella passione così forte che li ha uniti sia nella vita che nella morte e del momento in cui i due si resero conto del loro amore reciproco, e durante tutto il racconto Paolo singhiozza. Dante infine vinto dall'emozione perde i sensi e cade a terra.

 
 
 
Giuseppe Frascheri, Dante e Virgilio incontrano Paolo e Francesca, 1846, olio su tela, Civica Galleria d'Arte Moderna Savona
 
 
 
Francesca spiega a Dante come si innamorarono lei e Paolo.
 
<<Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto. Per più fïate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante.Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avanti>>.
 
 
 
 Parafrasi 
 
 
<<Noi leggiavamo un giorno per diletto / Noi, io e Paolo, un giorno leggevamo un libro, per divertimento,
di Lancialotto come amor lo strinse; /“la storia dell'amore del cavaliere della tavola rotonda Lancillotto e come fu reso prigioniero dall'Amore verso la regina Ginevra moglie del re Artù.
soli eravamo e sanza alcun sospetto. /Eravamo da soli senza nessun presentimento di ciò che sarebbe successo.
Per più fïate li occhi ci sospinse quella lettura, / Più volte quella lettura ci fece incontrare gli sguardi 
e scolorocci il viso; / scolorandoci il volto, facendoci impallidire;
ma solo un punto fu quel che ci vinse./ ma un punto specifico fu quello decisivo, che ci fece innamorare.
Quando leggemmo il disïato riso / Quando leggemmo  che la bocca, il sorriso di Ginevra, desiderava
esser basciato da cotanto amante,/ essere baciato da un così nobile prestigioso amante, questi, che mai da me non fia diviso,/ Paolo che da me non si era mai allontanato. la bocca mi basciò tutto tremante. /mi baciò la bocca tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: /fu l'occasione data dal libro e dallo scrittore che lo pensò
quel giorno più non vi leggemmo avante>> / quel giorno, non continuammo più a leggere 
 
 
 
testo di Dante Alighieri
dipinti di Priamo della Quercia - Giovanni di Paolo (c.1403–1483), (Minosse)
di Marie-Philippe Coupin de La Coupierie (Gli amori funesti di Francesca da Rimini, 1812c., olio su tela, Napoleonmuseum, Arenberg), di
Alexandre Cabanel, (Morte di Francesca da Rimini e di Paolo Malatesta, 1871) e di
Giuseppe Frascheri, (Dante e Virgilio incontrano Paolo e Francesca, 1846, olio su tela, Civica Galleria d'Arte Moderna Savona)
 
(Le opere d'arte ritratte sono nel pubblico dominio perché il relativo copyright è scaduto)
 
 
testo e immagini estrapolate da Wikipedia, l'enciclopedia libera
 
 
 
The Divine Comedy
Inferno, The Circles of Hell
 
 
La Divina Commedia
Inferno, girone dei lussuriosi
 
 
Ricerca e parafrasi di Manuela Verbasi
editing di Anna De Vivo
 
 
 
qualcos'altro su Dante e la Divina Commedia
 
Vestibolo 
Limbo-contrappasso 
 
di Francesco Anelli
 
 
purgatorio - canto XVII -di Ezio Falcomer
 
 
Dante, Inferno canto I - di Germano Mandrillo
 

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