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blog di veronica

Alzati

han suonato

le campane della chiesa
scomposto il suono  
tremante sapeva di resa
 
hai indossato ali di Falena
trascinando
la tua anima straziata
attonita e muta
per le strade senza meta
della città sepolta
per punirti
dell’incolpevole impotenza
 
il buio della morte
ti è entrato dagli occhi
sbandando il passo
il grido silenzioso
 
della paura
ha strappato le carni
 
Alzati
sorella mia
affonda le mani
al centro del tuo dolore
e soffocalo con forza
 
Alzati
come Araba Fenice
risorgi più bella
e più forte
sconfiggi la morte
 
Alzati anima candida
come le tue montagne innevate
il sole sorge ancora
per riscaldare i nuovi prati
 
Metti l’abito nuovo
del sorriso
io ti darò la mano
sarò con te
ritornerà di nuovo
il paradiso
 
 

Diario raduno Abruzzo

5 dicembre 2009 Raduno dei poeti in Abruzzo

Diario : Leggi tutto »

Abruzzo arrivo

36 ore ancora
e poi sarò da te
ti porterò un raggio
del mio sole
per sciogliere la neve
del tuo dolore
in un sorriso

caramelle e dolciumi
ai tuoi bambini
per vedere brillare
i loro occhi tristi

ti donerò parole
che resteranno
impresse nel tuo cuore
e una lacrima
ci unirà l'anima

porterò con me
la tua speranza
per farla vivere ancora
e quando leggerai
questa poesia
saprai di non essere solo.

grazie a tutti i poeti che hanno reso possible l'aiuto all'abruzzo
e grazie a chi sarà con me a testimoniare la nostra presenza e affezione ai nostri fratelli abruzzesi.
veronica.

nel buio dei tuoi silenzi

mi manchi
maledettamente
mi manchi
come a un carcerato
la sua ora d’aria
prigioniera di un abbraccio
che non vuole sciogliersi
di un’emozione
che non sa placarsi
sospesa sul patibolo
della dimenticanza
oscillo
ormai foglia secca
al vento gelido
di questa solitudine
cercando ancora un appiglio
che mi attacchi al tuo cuore
ma manco la presa
e precipito
nel buio dei tuoi silenzi.

Bordi di periferia

Bordi di periferia
 
vecchi tralicci arrugginiti
lungo un binario muto
anime inquiete
gridano rabbia
su muri grondanti
di vernice spray
 
è chiuso il botteghino
spento il display
 
tutto è desolazione
 
ogni tanto
una stanca campanella
accenna un suono
 
ecco arriva
 
non si sa da dove
non si sa per dove
 
a volte invano attende
il passeggero
 
eppur passa quel treno
lui vivo passa ancora
dalla stazione morta
strappa alla fredda panchina
quell’anima triste
per riportarla alla vita.

la gentilezza

 
quest’alito di dolce melodia
che si posa sul cuore come brezza
è forma d’arte che come poesia
scivola dentro con una carezza
 
è la virtù di chi sa pazientare
e di speranza si riempie il petto
e in tutti vede un cuore da toccare
se ci riesce prova gran diletto
 
chiamarla educazione è restrittivo
impartita ci viene da bambini
la gentilezza invece la troviamo
già dentro l’uovo da cui fuori veniamo
 
cortesia , disponibilità , belle maniere
buona creanza nobil galanteria  
son sue sorelle che di lei van fiere
camminando con lei per ogni via
 
premura ed attenzioni ella produce
si veste di modestia ed umiltà
la sua frequenza a gioire induce
è cosa rara in questa società
 
non tutti infatti la sanno cesellare
e d’arroganza si mettono il cappello
se solo un poco sapessero apprezzare
il mondo certo sarebbe più bello
 
e quando incontra la sua eterna nemica
la cosiddetta maleducazione

Ortigia

Ortigia
respiri millenni di storia
arieggi le ampie piazze
tra sorrisi
di maschere greche
appese ai muri

nei vicoli
ringhiere fiorite
sovrastano
corinzie foglie d'acanto
a fregio di antichi palazzi
in strati di stili
sovrapposti
sfoggiando ultimo
il barocco delle chiese

e l'onda lambisce
tenera e dolce
le imponenti mura
che di difesa sicura
protessero
la tua bellezza

Cammino
e di meraviglia
inghiotto cultura
e mi espando al ricordo
che imprimo nella mente
per sempre duraturo
e di nuova goccia
riempio la coppa
a completar conoscenza
di questa mia terra
a cui tu
tassello a lungo atteso
mancavi.

finchè avrò vita

Peccatori

ti hanno
inchiodato
a una croce
Pentiti
ti hanno
appeso
ad un muro
per millenni
perché il ricordo di quel misfatto si perpetuasse ogni giorno  a redenzione della loro meschinità. Oggi ritorna l’abisso e ti schiodano da quel muro bianco
come se avessero ormai scontato il loro peccato e non avessero più bisogno
di te.
Ti giunga il mio urlo pietoso ti giunga il mio grido accorato ,siamo sul bordo di un precipizio in equilibrio instabile, dacci la mano tiraci fuori dal fosso
dipingi
di rosso
quel muro
appena
il primo
fariseo
provi a
staccarti
brucia
la carne
della sua
mano
che gli
resti
impressa
la tua
croce
come un
tatuaggio
indelebile
che sia
marchiato
a vita
per la sua
colpa che
si rinnova
in una
seconda
crocifissione
dalla quale
non potrà
più redimersi
Io taglierò
la mano
di chi oserà
scenderti
dalla tua
croce
e lo farò
ogni giorno

ai bordi del cerchio

ai bordi del cerchio
 
ai bordi del cerchio
di questa mia vita
mille volti
mi guardano
chi ride
per ciò
che ho donato
chi piange
per gli errori
commessi
chi ha lo sguardo
 irritato
per ciò
che non ho saputo
comprendere
 
e giro
su me stessa
in questo vortice
di voci
di pianti
di urla
chiusi
dentro la mia mente
si incrociano tra loro
mischiandosi
 
finché
 mi blocco
e sento il vuoto
untuoso
scivolare
sulle pareti
imbrattate
del mio stomaco
allora
allargo le braccia
e mi rituffo
impaurita
nel vortice
spazzando via
tutto e tutti
distrutta
mi accascio
e finalmente
piango.

il mio silenzio

si veste di vuoto
la mia silenziosa anima
un grumo nello stomaco
che non vuole sciogliersi
e mi dà la nausea

respiro il gelo dela notte
cercando disperatamente
il tuo profumo
ma il vento spazza via
ogni atomo di te

tendo le braccia
alla luna
e invoco i demoni
del mio dolore
che si portino via
le ombre
di questo amore

che inutile e perso
come un fantasma
vaga nella notte
dei mie pensieri
gelandomi la mente
con le sue lunghe
dita di ghiaccio
fredde come la morte

a te soccombe
la mia follia
e in ginocchio
mi piego
implorando
al mio silenzio
di tacere.

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