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blog di lucia

La neve

Dallo stipite della finestra
vedo l’albero di Natale
invecchiato. 
La neve silenziosa
di bianco l’ammanta.

La pigotta di Gianna

La Pigotta di Gianna 

L' aveva trovata in soffitta un giorno che era salita a cercare un album da disegno ed aveva scelto per lei il nome della sua cantante preferita: Laura Pausini.
“E' un compito che mi ha assegnato la maestra, vuole un disegno fatto l'anno scorso“. Disse alla mamma per farsi dare la chiave.
La madre, pur sapendo che era una scusa, andò a prendere la chiave e con mille raccomandazioni la consegnò alla figlia.
Gianna salì le scale d'un fiato, accese la luce e passando davanti al comò della nonna fu presa da una curiosità incontrollabile e cominciò a curiosare nei cassetti.
Nel primo c'erano abiti smessi, lo richiuse ed aprì il secondo, vide un album di fotografie in bianco e nero e si fermò a sfogliarlo, poi notò una cassettina di legno, la aprì e per poco non urlò di gioia alla vista della bambola di pezza che conteneva. Stringendola forte al petto, scese le scale e corse in cucina per mostrarla alla mamma che preoccupata la sgridò: ”E' solo una bambola di stoffa e per di più impolverata, non la puoi tenere, soffri di allergia!” Gianna era una ragazzina obbediente, ma quella volta non ascoltò la madre, mise la bambola in un catino d'acqua, la lavò delicatamente e l’asciugò con la stessa cura che usava sua mamma con la sorellina, quindi la portò ad asciugare in lavanderia scegliendo un posto vicino alla caldaia perché non prendesse freddo.
Da quel giorno Gianna non si separò più da Laura, la portava anche a scuola, in cartella e tra una lezione e l’altra non perdeva occasione per dare una sbirciatina e controllare che tutto fosse a posto.
Coi primi freddi, tanti ragazzi si assentavano per malattia e Gianna spesso cambiava compagna di banco, così un giorno, vicino a lei, si sedette la “curiosa”, l'avevano soprannominata così i ragazzi, ed in classe si diceva che avesse gli occhi anche dietro.
Con la sua curiosità non ci mise molto a scoprire il segreto di Gianna e bisbigliando per non  farsi sentire dalla maestra le disse: “Cosa te ne fai di una pigotta in cartella?” Gianna, pensando che la compagna la stesse scherzando con aria offesa le rispose: “Si chiama Laura, non pigotta la mia bambola!”
La maestra notò il battibecco, richiamò le ragazzine e chiese loro cosa avevano di così importante da raccontarsi. Gianna tacque ed abbassò lo sguardo, ma la “curiosa” non aspettava altro e disse che nella cartella di Gianna c’era una pigotta e che lei conosceva la storia di queste bambole.
All'insegnante venne l’idea di chiedere, come compito, una ricerca sulle Pigotte.

Aspettando SantaLucia

Sono passati tanti anni ma di lei ho ancora un ricordo vivo. Per me, diceva mia madre, era festa doppia, perché portavo il suo nome.

Noi bambini cominciavamo a parlarne tempo prima:“Cosa ti porta”chiedevo alla mia amica e lei cominciava a contare usando tutte due le mani, poi toccava a me fare l’elenco ma i miei stavano in poche dita, non riuscivo a capire perché una Santa cosi brava dovesse fare tutte queste differenze! La mia amica diceva parolacce ed io no: “perché Santa Lucia faceva queste ingiustizie?” Mi chiedevo continuamente. Un giorno ne parlai a mia madre e lei mi disse che la Santa riempiva le scarpe che trovava fuori dalla porta d’ingresso, aveva fretta perché le case da girare erano tante e mentre l’asinello mangiava la crusca lei lasciava i doni. Era chiaro, avendo la mia amica, fratelli grandi che lavoravano tutti, aveva più scarpe e quindi avrebbe ricevuto più doni.
Se era così, pensai, poteva anche dirmelo prima, mi sarei impegnata a cercare più scarpe e così feci: girai ogni angolo della casa cercando le scarpe e trovai persino un paio di vecchie ciabatte di mia nonna che non ricordava neppure di avere.

I miei colli

Cari amici, sono diventa pigra, infatti uso un post che ho scritto settimana scorsa e pubblicato su un multiblog. 
Ho fatto qualche piccolo ritocco da farlo sembrare originale... 
Il tema è scottante...perchè tocca la nostra parte intima.
"La libertà "  
Se qualcuno  mi chiedesse se siamo liberi, a botta calda, risponderei “no, non siamo liberi, ma siamo molto organizzati”. 
Non ricordo da quanto tempo, forse da sempre, sento dire,  "che si stava meglio quando si stava peggio", da piccola credevo che chi diceva questo  fosse  solo scontento, solo da grande  ho capito cosa volesse dire  questa frase.
Allora  vivevo su questi monti, credevo nel progresso e lo sognavo mentre con lo sguardo osservavo la valle.
Aspettavo che mi venisse incontro e pensavo che la felicità fosse racchiusa li dentro. 
Quella frase io allora non la capivo, nella mia piccola mente era una contraddizione.
Il progresso ci ha cambiato le  abitudini, si è presentato a noi con  orologi sempre più precisi e più rigidi.
Ci  ha dato tanto, ma ci ha tolto molto di più.
Con tempo ho imparato che  la libertà non sta a valle, ma sta in cima al colle, ma per toccare la cima di quel colle  bisogna percorrere una strada ripida tra rovi e ortiche.
Spesso la si vede davanti, ma ci mancano le ali e non riusciamo a raggiungerla, e allora noi tutti ci mettiamo a sognare,  vorremmo essere dei gabbiani e volare fino a poterla toccare con le nostre mani.

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