Scritto da © Glasya Labolas - Lun, 22/02/2010 - 11:32
Il debito d'ognuno
Così mi parlo talvolta
prima di frenarmi gli spasmi
imboccando quel vialetto ombroso
lontano dai cortei grigi, dalla lotta.
Qui resto con la sete mai paga
di chiudere la pelle alle distanze
e chiedere la domanda
esatta
per le briciole che trastullo.
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Scritto da © Glasya Labolas - Dom, 14/02/2010 - 22:34
Dove mai ti vide un uomo così? [...]
A bussarti
nel tuo guardare
come sulle finestre di una estate
una nuova, che acceca ogni frase
sarei privo di talento
- buffoneggiando un cardellino o un'upupa, per essere più d'èlite -
così navigo d'attorno
incerando i sensi alle sirene
cordata alle mie smorfie giulive
e salvarti
da tempeste irragionevoli d'orsa.
A velarti
certe nicchie in disavanzo
per il grado ottimale
delle lune al viso
e disperdere tra meridiani sciocchi
le schiene d'ogni postura
- distratto dalla scelleratezza beota di chi non mastica cicuta a iosa -
così presto la superficie specchiante
del disamore
alla mercè di tanto ingenuo
ammaliare
che si rinnova nel volteggio
delle pencole
quando sbuffi un nuovo pensiero
e di luce ti fai tanta da morirmi...
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Scritto da © Glasya Labolas - Mer, 03/02/2010 - 18:48
I silenzi del comunicativo - Delle tue colonne ancora
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Scritto da © Glasya Labolas - Mar, 01/12/2009 - 22:51
Un muro di mattoni novembrini
Ho cucito la bocca
e fragorosamente ho parlato
scandendo la ragione tanto
che caddero le menomazioni
della gente farsa
che d'un senso soltanto si spingevano
e all'unisono ridevano
del baritono storpio
come la pagliuzza che tale resta,
pianta senza affanni
scorta l'ultima volta
non ricordo dove.
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