AnonimoRosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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blog di giuseppe diodati

Io non credo esista l'amore

Io non credo esista
quello che chiamano amore,
non credo alla mezza mela
o all'amore di tutta una vita.

Io sono un balbuziente signore
di ristrette vedute
incapace di sognare
nemmeno alla corte
di rossovenexiano.

Io non credo al battito
al tremolio
al sudore
alla voglia d'essere Dio
e nemmeno a quella
della logica del tradimento.

Io
figlio di una vongola
e di un tulipano d'argento
io fingo di amare
perchè
senza quell'amore
io non so che
senso ha anche mangiare.

La signora del banco di pesce

Per tutte le volte
che ho spento le luci,
sulle strade del paese
per tutte le volte che
un prete mi ha detto
che era ora d'andare.

Ora davanti a questo bancone
guardo gli occhi della donna di Pisa
con i capelli lunghi e lisci
con il suo sorriso fatto di miele.

Per tutte le volte
che mi hanno colpito alle spalle
per tutte le volte che ho tradito
o venduto il mio nome.

Lei, ha le mani
in quelle dei suoi figli
e somiglia a un quadro
di un pittore di strada,
ma forse
forse mi ricorda qualcuna.

Per tutte le volte
che ho cambiato un destino
per tutte le volte
che una donna mi ha detto
ti amo.

La signora del banco di pesce
mi guarda
e capisce che tutte le luci
del supermercato
sono solo illusione del paradiso
e una lacrima oscura
copre quello che illude
per me
non ci sono altre ore
dopo la notte.

Akim lava la luna nel mare

Akim lava la luna nel mare,
la lava ma non la vuole asciugare,
la lava con acqua salata,
Akim lava la luna.

Poi disegna con il sale,
disegna gli occhi alla luna,
poi una bocca che porta fortuna
e ride, ride la luna di Akim.

Akim porta la luna lontano,
l'appende nel cielo d'Haiti,
perchè c'è una bambina che ha paura,
Akim le porta la luna.

Ora la bambina ha meno paura
e Akim è il poeta
che lava la luna,
ma non l'asciuga
quando la lava.

Akim ora va via
Akim ha le mani salate
e gocciola la sua luna
nel cielo di Haiti,
perchè Akim non asciuga
non asciuga mai la luna
dopo averla lavata nel mare.

Gusci di noce nel deserto del Gobi

Sai,
ci sono gusci di noce
nel deserto del Gobi,
si confondono con la sabbia
eppure io riesco a vederli.
Forse per la saliva
che mi regalasti sugli occhi
forse per quel sapore salato
su di me.
Nessuna nuvola in cielo
l'Himalaya le trattiene
e tu incantata che guardavi
le cime.
Passano ancora i cammelli
dove piantammo le tende quel giorno
passano per la via della seta
insieme ai camion
con la stella rossa
dei soldati della Repupubblica Popolare Cinese.
Sai
mi graffio i palmi con quei gusci
per ricordare un amore
finito tra lo sterco di un cammello
e una bottiglia di vetro
con l'etichetta di un chinotto.
Ora raccolgo
il mio zaino di piombo
con quattro canzoni
e una goccia di pianto
da lasciare in questo
lussuoso deserto del Gobi.

Respiro piano per non far rumore

Respiro piano
per non far rumore
e sento il vento
nella strada muovere
i rami della betulla.

Sembra che le macchine
viaggino nella bambagia
hanno i rumori attutiti
dal buio.

Respiro piano
mentre stai dormendo
il volto mio riflesso
in questo specchio,
una graffio in basso
di questo specchio,
un graffio in basso
con la lametta
sul bicchiere di vetro.

Respiro piano
per non svegliarti,
perché questa notte
solo un barbagianni
sull’albero
potrà capire,
bianco come neve
bianco come le ciglia
di un vecchio
nella copertina
della rivista.

Forse ho ancora tempo
per una notte
solo una ancora
solo una.

Attacco manifesti

Attacco manifesti
sui muri di Parigi
per non morire di noia
per non languire
di inedia al sole.
E mia figlia
scrive poesie
pensando d'essere poeta
fuma spinelli per sentirsi grande
mentre sui viali
atterrano colombi.
Attacco manifesti
sotto la bastiglia
e mi guardano quelli
di ottobre clandestino
con voce da cicale drogate
con le loro minigonne di velluto.
E mia figlia che parla di Sartre
e del movimento in Algeria
perchè è incinta di quattro mesi
di un emigrato fuggito dal Moulin Rouge.
Ma io attacco manifesti
e sogno d'essere Pierrot
io con la testa pelata
e un tatuaggio di ragno sul sedere.
Un manifesto di foglie e ballerine
con una ragazza che sorride
nei campi di lavanda
a sud
a sud
di questa Francia.
 

La spiaggia dei ciliegi a mare

Sotto la collina
dove le capre
raccolgono i sospiri
delle pie donne
illuse da una preghiera;
s'andava a mare
per nuotare
rubando le ciliegie
alla donna del lentigginoso.
Sua figlia
non diceva nulla,
ma lasciava fare,
lei
con le ciliegie alle orecchie
in vanità
rubata.
Così un giorno
la presi per mano
e scendemmo ripido il sentiero
a nuotare tra saraghi e cefali
sino a un bacio di sale.
Le pie donne
sul bordo della maldicenza
con i loro rosari di peccatrici
di voglie mai vissute
andarono a rifere al padre
quel che la loro lingua perfida
non tratteneva.
La spiaggia dei ciliegi
ora è coperta da una villa
e di quella donna
ho perso folgorazione,
ma una cosa so
che le pie donne son tutte morte
con il loro rosario tra le mani
e nessuno mette fiori
sulle loro tombe.

E' questo vento

E' questo vento
che mi scompiglia
quei quattro capelli
che ancora spigolano
il mio cervello.
Questo vento
che ha voce
una voce strana
quasi una nenia
una canzone
il vento.
E porta sabbia
la sabbia della mia spiaggia
ormai legata a filo
con un ponte
che attraversa il fiume
e proietta ombra
d'arco ai pescherecci
lungo il fiume.
Vento
che mi ha sempre fatto pensare
e non dire
vento
che mi ha serrato i polsi
e la vita
come catena
d'amori sognati
inventati
mai vissuti
perchè questo sono gli scrittori
vento
invenzione
effimere false e umide
emozioni.

Se la follia è un getto di melma della laguna

Se la follia
ci sporca gli occhi
se lo fa Ezra
io non so a chi credere
io non lo so.
Hai un straccio nero
sugli occhi
ed Eliot ha paura
delle tue livide
occluse meditazioni
e poi Confucio
non vale quanto una donna
la notte in laguna.
Ma Eliot dice che sei un poeta
un grande poeta Ezra
non io
io che bevo birra irlandese
io che non ho demoni
dentro il cuscino Ezra
io
non ho capito il senso
di questo novecento
che ci hanno cucito addosso.

L'ebreo di Gaza

Ho visto l'Ebreo a Gaza
la sua chitarra
piena di adesivi
d'altri lidi e terre.
Ho visto la sua donna
scura come ebano
accompagnarlo tra i detriti
e la polvere dei bambardamenti.
Il bene il male
i perseguitati e i persecutori
scambiano a volte i ruoli
così cantava
l'ebreo di Gaza.
Le bombe al fosforo
dilaniavano le carni
e sparavano ai contadini
anche nei campi.
L'ebreo di Gaza cantava,
ma non l'ho visto
resuscitare i morti,
ma l'ho visto
seppellirli nel campo
delle promesse.
E la sua donna
a baciar feriti,
a metter bende,
pulendo pus
e occhi piangenti.
Un prete,
dalla tonaca nera
tra Hamas e una mongolfiera
con il suo crocifisso
a benedire.
L'ebreo, tra una nota
e uno spartito
prese il crocifisso
e ridendo disse
alla fine al prete,
non è che mi somiglia molto.
Lui non capì
la sua donna rideva
ed io con lei,
perchè Maddalena
ha la pelle d'ebano
e voce sincera.

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