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blog di Franco Pucci

Di te, di me, di noi

io, te,
occhi dentro occhi
bocca dentro bocca
cuore accanto cuore
mano nella mano

tempo

io,te,
occhi dentro occhi
bocca dentro bocca
fianchi contro fianchi
cuore contro cuore
mani tra le mani

tempo

io,te
occhi dentro occhi
bocca sulla bocca
cuore dentro cuore
mano nella mano

tempo

io,te
stesso sguardo
stesso sorriso
stesso cuore
stesso passo

io,te,
noi
 

I pescatori di Ciosa

l’andatura ciondolante ad anche aperte
cappellini di lana grezza calzati sulle ciglia
occhi cerulei taglienti di sguardi fissi al mare
visi come pietre erose dal sale e dalla bora

la sigaretta eternamente spenta pone l’accento
sul sorriso che accompagna il saluto amico
le parole dondolando sottolineano la cadenza
del parlare altalenante come il rollio della barca

li incontro ogni mattina sul Canal Lombardo
gente schiva, dal fare ruvido come le mani
che troppe volte hanno tirato a secco reti vuote
e ogni giorno santifica il mestiere di Pietro

la lunga teoria di pescherecci attraccati al molo
lo stridio dei gabbiani eccitati dall’odore penetrante
gesti misurati dall’esperienza che il mare insegna
voci arrochite dal fumo  che si rincorrono musicali

e il dondolare cadenzato del dialetto chioggiotto
che timbra inconfondibilmente il levare del sole  

 

La pianta grassa di mia madre

Florida, robusta, verdissima, in una parola: grassa.
Prosperava  troneggiante su un vecchio tavolino
in un vaso ormai troppo angusto per le sue dimensioni.
Era mia complice, accoglieva nella sua terra le medicine
che mia madre sorniona mi propinava quando mentivo
falsamente malato per non andare a scuola.
 
A lei facevano effetto, così fertilizzata ingrassava.
Altre piante grasse sono poi cresciute intorno a me
donne floride, alla Botero, voracemente nutrite
dalle scorie dei miei falsi e pruriginosi amori giovanili.
Il tempo galantuomo ha reso ragione a mia madre:
chi è falso in amore ingrassa falsi amori!

 

Una flebo d'odio

le vene ormai talmente dure e tese
sembrano corde di un vecchio violoncello
accolgono a fiotti dalla flebo mal regolata
un carico d’odio come veleno ghiacciato

sguardi traversi accapponano la pelle
occhi cerulei freddi come cristalli di rocca
il ghiaccio ormai ha lastricato l’anima
e nel petto ibernato muore un cuore nero

così disteso su un sudario sospeso tra fili
passo la vita anelando altre primavere
che la flebo termini il suo sporco lavoro
e il battito del cuore annunci il disgelo

se rimarrà nel sangue tutto quel veleno
il tempo cancellerà il rosso, immemore
occhi di ghiaccio scruteranno la mia vita
e l’odio renderà di nuovo il cuore nero
 

Ho provato a vivere

ho provato a vivere, sollecitato dal mondo
prima di essere fagocitato da lui stesso
ho provato a viverlo osservandone i veleni
attraverso bolle di fumo sparse nelle stanze

visione invereconda di piccoli grandi delitti
perpetrati senza vergogna, a piene mani
caleidoscopio di indecenti amori ed umori,
mi si offriva al diradarsi di nebbie oppiacee

ho provato a viverti, mondo, e sono morto
 

Riflessi d'amore

 C’eri anche tu sulla spiaggia quella sera
c’eri anche tu, solo tu, ed era primavera
il mare sonnacchioso stirava le sue onde
riflessi argentati e l’occhio si confonde.

E’ stato veramente amore a prima vista
ed ero orgoglioso della mia conquista
non mi sono accorto di lui che accanto
ti ha rubata a me lasciandomi nel pianto.

Amori giovanili, dico adesso con filosofia
sarà, ma ho sofferto quando sei andata via
da vecchi si trova sempre una giustificazione
per coprire gli errori fatti in continuazione.

Così se ci ripenso non sono più sereno
mi aveva abbagliato il candore del tuo seno
i riflessi argentati del mare quella sera
nascosero l’inganno…era solo primavera
 

Acqua alta

oggi non scrivo, dipingo i pensieri
chiudo gli occhi e sogno gabbiani e velieri
chiudo gli occhi e ascolto il respiro del mare
dei tuoi occhi ricordo solo il verde colore

[oggi non scrivo, il tempo uggioso
spinge alla noia, chiama il riposo
mentre attendo che ritorni la luna
ascolto le voci della laguna]

oggi non scrivo, dipingo i pensieri
chiudo gli occhi e vedo un mondo a colori
chiudo gli occhi e sento rumore di pioggia
tra mare e cielo il saluto di Chioggia

[oggi non scrivo, c’è acqua alta
i miei pensieri vagano in barca
nella laguna è rimasto un airone
ad occhi aperti non c’è emozione]

oggi non scrivo, ho sbiaditi pensieri
tutta quest’acqua ha sciolto i colori
ho chiuso gli occhi, vado a dormire
ma domani li apro e torno a sognare
 

Notturno bolero.

Gli occhi oramai due fessure impenetrabili
i pugni serrati lungo i fianchi, le nocche livide
in piena apnea cerco di convincere il cuore
a pulsazioni rarefatte, a ritmiche sopportabili.

Così, stravolto, sul letto come in un sudario
attendo che il buio mi inghiotta finalmente
ma invano, il fiato sibilando fuoriesce
e il cuore riprende il suo solito cammino.

Con gli occhi sbarrati e dolenti fisso il nulla
che un buio dispettoso ogni notte mi regala
anche stavolta la Nera Signora ha perso
anche stanotte Morfeo attende inutilmente.

Le ore stancamente danzano il classico bolero
completamente sveglio partecipo alla festa
che Morfeo attenda, c’è tempo per la notte
balliamo Nera Signora, ti ho fottuto ancora.
 

Il grande bluff

Difficile dire se sia uno stato dell’anima
o solo un crepuscolare, patetico sentimento.
Certo l’ansia e l’angoscia che mi attagliano
quando il tempo presenta il suo salato conto
mi rendono conscio che la notte si avvicina.

Credevo davvero di poter dominare le paure
ma la coscienza dei propri limiti è l’unico regalo
che la vita ti concede a due passi dall’arrivo.
La saggezza dei vecchi è quindi solo timore
di affrontare il domani non avendo più difese.

Così sfido l’inverno, titillo dolcemente la primavera,
corteggio l’estate per illudermi giovane ancora.
Questo diabolico gioco di rimpiattino col tempo
riempie la mia stagione, mistifica i sentimenti
e senza alcuna vergogna bluffo al tavolo della vita.
 

La porta accanto

mi offri una sigaretta?

[questa voce accanto a me
mi sveglia dal torpore
seduto sulla panchina
di fronte al molo
perso tra i miei pensieri
non mi ero accorto
della sua presenza…]

mi offri una sigaretta?

[giro lo sguardo
ed un vecchio seduto
a me accanto mi fissa
con sguardo interrogativo
e’ un attimo, mi pare
di conoscerlo, anzi
ne sono sicuro]

non fumo…più

[rispondo fissandolo in viso
e mentre conto le sue rughe
mi convinco sempre di più
che è a me molto vicino
che mi somiglia
in qualche angolo della vita
ci siamo già incontrati]

peccato, riprende il vecchio,
e’ la sera giusta per una sigaretta

[così dicendo si accosta a me
più vicino, più vicino…
un dolore lancinante al petto
chiudo gli occhi per un attimo
un grido mi esce di bocca
mentre lacrime rigano
le gote e la vista si annebbia]

dove sei? ma soprattutto chi sei?

[ora il respiro è più calmo
il dolore è scomparso
solo il battito del cuore
è accelerato, raddoppiato
una strana sensazione
di angoscia mista a piacere
mi attraversa, mentre la voce… ]

come, non ti riconosci?
abito nel tuo cuore, la porta accanto…

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