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blog di Franco Pucci

Tasche vuote.

Ho rovesciato la mia vita come si fa quando si vuotano le tasche, non c’è rimasto niente. Quello che avevo da spendere l’ho speso. Niente rimorsi. Ho vissuto pienamente, intensamente. Ora che le rughe sono come grinze di un vestito passato di taglia, nelle tasche vuote ritrovo solo le briciole dei ricordi che non vogliono morire soffocati. Le ho buttate. Ho visto volteggiare dei corvi. Presto dei ricordi non rimarranno neanche le briciole. Meno male, ho fame di nuovo. Di vita.

Il portiere di notte.

(un rapido sguardo ammiccante decide il percorso preciso
le chiavi sapienti dischiudono l’accesso al nuovo paradiso
lui che comanda discreto il circo di spettacoli ed arte varia
dal banco assonnato annuncia il ripetersi dell’ars amatoria)

il lift con sorriso complice ti accompagna al primo piano
non hai bagagli con te, ma comunque lui tende la mano
con fare distratto lo guardi e gli allunghi una banconota
poi chiudi  la porta e interpreti la parte da te conosciuta

trilla il telefono e “pronto?”, mentre lei si attarda in bagno
urli al portiere di notte “Cristo! stai infrangendo un sogno”
con voce arrochita e stanca ti risponde l’uomo in divisa
“signore lasci la stanza non accettano la sua carta Visa!”
 

La trottola

io e te
noi in due
tu e lui
?
siamo in tre
io e te, ma lui dov’è
non vorrei volesse me
forse tre è numero perfetto
ma di certo non nel mio letto
forse sono un po’ all’antica
cosa vuoi che ti dica
non mi piacciono
giochi strani
dove sono
le sue
ma
ni
?

Il Pierrot di porcellana.

un piccolo Pierrot di bianca porcellana
con  l’abito da scena spiegazzato e liso
in posa indecente laggiù sull’ottomana
offriva la tristezza mentendo col sorriso
 
(fu il regalo per il mio compleanno
di tutti i burattini del vecchio teatrino
lui solo andava in scena ogni anno
interprete perfetto del mio destino)
 
così abbandonato al tempo inclemente
di polvere coperto, la lacrima sbiadita
e’ ritornato a vivere improvvisamente
da quando la sua maschera ho rapita
 
siccome burattino di bianca porcellana
sul palco della vita dirò con leggerezza
recitando al meglio la parte da puttana
sarà l’ultima scena, bando alla tristezza
 

Parigi, oh cara.

Ti ho aspettato a lungo.
Seduto al tavolino del bistrot
mentre il pastisse
che stavo sorseggiando
profumava d’anice
quella sera parigina.
Le note di un valzer musette
rallegravano il cielo
che si stava tingendo di rosso.
Ti ho aspettata a lungo
quella sera a Parigi.
Inutilmente.
Eri già arrivata e sedevi
accanto a me.
Non me ne ero accorto.
La Senna scorreva pigramente.
Malinconia.
 

Manette

appese ad un chiodo ricurvo ed infisso
su una parete scrostata e ammuffita
dondolano al ritmo del nostro amplesso
attente custodi del passar della vita
 
il torvo metallo qua e la arrugginito
nasconde beffardo la sua dissuasione
al falso amore dall’orgasmo tradito
può stringere il cuore cercando ragione
 
non chiesi mai conto al nostro rapporto
ché il ritmo del cuore tagliasse a fette
come brace ardente prestava conforto
indi ai polsi serrai le grigie manette

Bianco e nero.

chiudo gli occhi
lame saettanti di luce azzurrina
lacerano il nero profondo
attraversandomi le orbite
 
apro gli occhi
il bianco alienante della stanza
offende  e ferisce le mie pupille
riconosco il dolore subitaneo
 
chiudo gli occhi
adagiato sulla coltre rassicurante
del nero ovattato e amico
ascolto paziente passare il dolore
 
bianco e nero
apro gli occhi e sogno a colori
il film è finito, finalmente
chiudo gli occhi
 

Mille e più colori.

se le mie parole avessero colore
dipingerei un meraviglioso acquerello
con tenui colori, gentili e delicati
descriverei sensazioni dimenticate
 
se i miei pensieri avessero colore
come Van Gogh incendierei l’anima
forti e violenti, ma sempre sinceri
descriverei così amori sensuali
 
se potessi scegliere il colore
per descrivere i miei anni passati
userei l’iride rigogliosa di tutti i colori
della grande tavolozza della vita
 

A volte, spesso, sempre.

A volte ho cercato di recidere
quel filo sottile che separa la ragione dalla follia.
A volte racchiusi i pugni contro il petto
ho giocato a fare il matto.
A volte ci sono riuscito, c’è chi mi ha creduto.
A volte l’ho anche riconosciuto
nascosto nel cono d’ombra di una falce di luna.
A volte ho giocato con lui a rimpiattino
accasciandomi a terra piegato in due dalle risate.
Spesso mi sono riso addosso.
Sempre ho pagato l’istrione di turno.
 
 

Una, cento, mille primavere.

abbiamo visto una primavera
periferie cittadine bagnate da soli polverosi
abiti di fresco cotone provocatoriamente indossati
sguardi di giovani innamorate lampeggiare ridenti
 
abbiamo visto cento primavere
passeggiate lungo viali feriti dall’acciaio dei binari
vociare assordante di ragazzotti padroni dei giardini
ricerche affannose di panchine discrete dove amarsi
 
abbiamo visto mille primavere
anime quiete misurare i propri passi in simbiosi perfetta
solitari eremi scoperti anche tra folle di gitanti festosi
mani intrecciate legare indissolubili e comuni destini
 
viviamo adesso questa primavera
due cuori battere all’unisono nonostante il peso degli anni
due corpi cercarsi ancora con la pacatezza dei sensi adulti
rughe felici segnare il ricordo di mille primavere vissute
 

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