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blog di Franco Pucci

Cenere

 
  Non ho rimorso, ho guardato con indifferenza gli ultimi sussulti dei miei ricordi ardere portandosi via tre quarti della mia vita nel fuoco purificatore acceso da un cuore insofferente ai lacci che lo legavano al passato. Anche l’anima ha fatto capolino dal nascondiglio dove si era rifugiata ed ha assistito agli ultimi spasimi del mucchietto. Fischiettando indisponente ho ramazzato la cenere ed è stato allora che ho visto una piccola fiammella, giovane ma prepotente, ardere ancora incessantemente. Non voleva morire, ho guardato meglio e ho riconosciuto il ricordo cui sbadatamente avevo dato fuoco: l’amore. Come al solito avevo sbagliato tutto, i ricordi fanno parte della vita, puoi dargli fuoco e seppellirli sotto montagne di cenere, ma poi lentamente, ma inesorabilmente ritornano ad ardere, non si spengono mai del tutto. Ho recuperato la cenere e l’ho raccolta in un angolo della mia anima, mi è parsa contenta. So che alla fine i ricordi torneranno a tormentarmi. Ho deciso: cambierò strategia, li affogherò in un mare di lacrime. Servirà?

Un tempo diverso

tempo è passato sul tempo è piovuto
ci siamo detti tenendoci per mano
non ti sei accorta? non ti sei accorto?
forse era un tempo troppo lontano
 
andiamo avanti allora, ci siamo stretti
sulla panchina come ai bei tempi
quando il piacere avea i fianchi svelti
e senza fiatone si amava tra i campi
 
tempo trascorso a crescere piante
che poi son migrate in altri giardini
ora che il tempo ha il passo pesante
sulla panchina torniamo bambini
 
come in un gioco di un tempo lontano
chiudiamo gli occhi contando a cento
ma poi barando ti prendo la mano…
nel cuore il tempo trascorre più lento
 

Una fiaba per me

qualcuno mi racconti una fiaba
che mi faccia tornare bambino
non so raccontarle a me stesso
come faccio col mio nipotino
 
vorrei una vecchina tutta bianca
con occhi azzurri colore del cielo
che raccontasse con voce stanca
una fiaba che mi porti in volo
 
in un mondo sereno e tranquillo
dove crescere ancora illusioni
dove un cuore rimasto fanciullo
possa credere di nuovo al domani
 
qualcuno mi racconti una storia
che cominci con “c’era una volta”
per me che non voglio memoria
di una vita che non ho mai colta
 
potrei allora dormir più sereno
con il capo reclino sul grembo
della fiaba che mi stringe al seno
e mi culla come fa con un bimbo
 

Andata e ritorno

una pioggia tagliente di cristalli neri
riga le tue guance di rosso sangue
scende copiosa da fari ormai spenti
che illuminano notti dipinte di bianco
 
distese di rovi come tizzoni accesi
attendono famelici membra stanche
volgi supino lo sguardo ad un cielo
tinto di calce scrostata da tempo
 
Crono paziente ha fermato i cavalli
sospeso nel nulla leggero tu plani
di colpo ripiombi nel tempo che corre
la corsa è ripresa nessuno ti attende
 
la barca che scivola lenta sul fiume
ti accoglie straniero tra mille stranieri
beffardo Caronte pretende mercede
e rilascia un biglietto senza ritorno
 
acqua marrone scorre sotto la chiglia
arrivi alla sponda dell’orrida cloaca
il calore della terra asciuga la pioggia
i cristalli si infrangono al nuovo giorno
 
e stanotte?
 

Il pianetino e il pappagallino

 
lesto posai lo sguardo sulle mie mani
incrociai le linee per leggervi il domani
parole nascoste dalla struttura aliena
soluzione non v’era nel difficile schema
 
con l’anima turbata ed il sorriso spento
cercai con ironia di volgere il momento
verso lidi conosciuti, approdi a me sicuri
poi vidi nei suoi occhi lampi torvi e scuri
 
la piccola gitana col suo pappagallino
vendeva la fortuna pescando il pianetino
notò il mio gesto, con un perfido sorriso
accompagnò il monito che arrivò deciso
 
la soluzione non troverai con le tue mani
il destino spesso ha percorsi assai strani
la tua sorte è già scritta nel mio pianetino
tu la saprai con due monete sul piattino
 
due monete per quel responso artefatto?
dentro di me pensai non sono mica matto
non mi fregava niente del falso pianetino
le allungai i soldi ma presi il pappagallino
 

Fiori di loto, acqua e sale

Stamattina ho raccolto stupendi fiori di loto migranti sulla laguna. Non ci credete? Fate bene, non è vero. Oggi le sue acque indifferenti mi propinano solo alghe putrescenti. In queste acque mi specchio e l’immagine che mi torna, seppure spezzettata dai riflessi, mi parla di nuove storie, di nuova vita. Ho lavato in laguna le mie ferite e l’acqua salata le ha cicatrizzate definitivamente. Ora il sole provvederà ad asciugarle, le ho stese accanto alla mia anima, appese ad un filo che unisce il mio cuore a queste parole. Così, mentre mi perdo con passo più leggero tra calli e ponti, respiro a pieni polmoni la magia di quest’isola che non c’è e, come un Peter Pan un po’ acciaccato, attendo l’arrivo di Campanellino discutendo coi gabbiani del più e del meno. Anche per oggi la mia cura a base di fiori di loto, acqua e sale, produrrà i suoi effetti benefici, devo solo stare attento a non esagerare con le dosi, i fiori stanno finendo…

Spesso la verità é un incubo

 Iersera ho scommesso con me stesso che sarei riuscito a contare le mie cicatrici, mi sembrava di contare le pecore e mi sono addormentato. Ho sognato, più che un sogno era un incubo. Pigiavo come un forsennato sulla tastiera del computer, le parole apparivano per un secondo, poi si dissolvevano, scivolando verso il fondo del monitor per poi sparire definitivamente. Il bianco del foglio elettronico evidentemente rifiutava ulteriori vulnus da parte mia. Il caldo e l’apprensione che sempre sottolinea gli incubi, mi hanno svegliato definitivamente. In un bagno di sudore ho acceso il computer e sto dedicandomi queste poche righe. Vedo con gioia che le lettere, le parole e poi le frasi si fissano e rimangono sul foglio ed allora intuisco che è  giunto il momento di voltare pagina, di usare altra metrica, di chiudere definitivamente il baule dei ricordi e seppellirvi in esso tutte le cicatrici. Non so se ci riuscirò, tutto questo richiederà del tempo, ma sono un ragazzaccio di strada, tosto quel tanto che basta per rinascere sempre dalle proprie ceneri. Ho visto altre stagioni, ho vissuto altre emozioni per farmi impressionare da un “Nightmare”!
Una, due, tre….

Polvere

Se assisti ad una rappresentazione
che non ti appartiene, se il mondo
non ti somiglia e uccide i tuoi pensieri,
quando lo sconcio attorno a te urla vendetta
e anche fare all’amore è un rito ormai stanco,
allora è il momento di togliere la polvere
da tutto ciò che l’anima teneva accanto
per dare alla tua vita una parvenza vera.
 
Questo è ciò che credi e ti illudi di ottenere
spolverandoti l’anima e la coscienza,
ma il mondo affoga nella polvere
di coscienze sporche pulite malamente.
 

Ci vorrebbe un trapano

anni che rigiro amore come tassello tra le mani
anni che non decido, che rimando al domani
ho l’anima sgualcita, ogni volta che l’indosso
stiro pieghe dolenti del giorno appena smesso
 
ci vorrebbe un gancio, un appiglio più sicuro
dove appenderla la sera dopo un giorno così duro
ho chiesto spazio al cuore per evitare brutte ferite
ma ha la scorza troppo dura, respinge questa vite
 
da tempo ormai vago inventando nuovi inganni
per bucare questo cuore indurito dagli affanni 
usando questo amore come provvido tassello
indosserei di nuovo l’anima come vestito bello
 

Nonostante

 
Ora ti ho detto tutto. Parlami di te.
Ostinatamente voglio credere
che le parole allevino il dolore.
Riempiranno il vuoto di una vita
sin qui passata a non conoscersi.
Giocare a nascondino,
amarsi parlando del vicino.
Noia soffusa che aleggia come il fumo
dell’ultima Marlboro dopo l’amore.
Pizza e coca, gelato e caffè,
festival dell’ovvio e del consueto.
Tutto mangiato, digerito, vomitato.
Come dici? Non è così?
Forse è vero, ho smesso di fumare
e forse parlavo di un’altra.
Parlami di te.
 

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