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blog di Franca Figliolini

Sospensione della pena [Renga]

 
gelo improvviso
una gemma di rosa
così languisce
 
nella limpida attesa
di un raggio di sole
 
nel cielo grigio
come stormi di corvi
nuvole nere
 
minacciose gravano
sulla vita che inizia
 
come mannaie
che recidano nette
fragili rami
 
ma il tempo si ferma
e la goccia non cade
  

Marea

 
tornerà la marea
cancellando le pozze iridescenti
e quel passaggio incantato?
 
 
tornerà la marea
-inevitabilmente-
e l'isola sarà di nuovo tale?
 
 
ah, quella fatale attrazione
della luna
che separa dal resto
ed imprigiona
 

Del tempo

Non mi parlare del futuro.
Lasciami
in quest'attimo presente,
scagliato come un ponte
tra l'essere e il non essere.
 
Questa è la realtà
e non c'è altro che questo.
L'illusione
è pensare che il domani esista
e che la misura del tempo
sia una misura umana.
 
Noi siamo fatti
per contraddire il tempo,
negare il moto
della sabbia nella clessidra
o non potremmo essere,
sopraffatti dalla vastità del nulla.
 
 

Alba (Tanka in Elle)

Lenta scivolo
lungo il rosa dell'alba.
Liquido inverno,
lascia che si disperda
la condensa dei sogni.
 
 
 

Ci sarà un giorno

 
ci sarà un giorno
in cui verrò a patti
col nostro essere umani e non dei
e troverò ambrosia da suggere

Dioniso e la follia

 il calzare che batte il suolo
il corpo inarcato
la testa gettata all'indietro
celebro te, Dioniso,
che m'hai regalato la follia
per dimostrare d'essere un dio
 
ah, concittadini tebani,
voi che non gli credevate
guardate noi donne adesso,
come impazzite,
inebriate di vino, piacere e danze,
che corriamo tra i monti.
 
folli sì, folli di consapevolezza!
si può vivere così,
insieme alla natura e agli dei,
godendo della pioggia e del sole
dell'erba che ci accarezza la pelle facendo l'amore,
del piacere d'esistere.
 
io non voglio guarire
: lasciatemi qui, nel tiaso del nato due volte,
Dioniso figlio di Zeus e di Semele,
strappato al grembo della madre,
partorito dalla coscia del padre,
lui, che conobbe la pazzia e fu schiavo,
che lottò per rientrare nell'Olimpo.
 
e se il senso di colpa rimasto
ci trasforma in belve sanguinarie,
se come Agave uccidiamo i nostri figli
e ne infilziamo la testa su una lancia
allora ammazzateci, si.
 
ma non riportatemi dietro l'arcolaio
o nella casa a prendermene cura,
a vivere la vita ordinata di Tebe.
io non voglio la vostra civiltà
: voglio battere i piedi sul suolo
e danzare, danzare, danzare!
 

Io - clochard

Potrei accucciarmi lì vicino - fra i cartoni
circondata da buste di plastica polverose
piene di abiti vecchi e fogli di carta
ricoperti di scritte ormai indecifrabili
Avrei un cappello di lana spessa color carminio
ed un cappotto sformato di colore indefinito
i capelli impastati dallo sporco cittadino
Soffrirei - sì - ma almeno ne saprei il motivo
una qualche ben articolata e surreale congiura
contro cui imprecare a voce alta e pugni chiusi
non la cieca indifferenza dell'esistere
non il silenzio - né la paura.
 

Riguardati

                                            A Marina M.
 
Riguardati - dico io
perché solo quella parola era rimasta
tra i milioni di parole scambiate
E contemplando la piega normanna del tuo collo
mi chiedo
dove si inabissi quella ruga
e quando mai sia comparsa
e se anche io ne abbia una così
Perché siamo cresciute insieme
e ne abbiamo viste tante - come si dice
così tante che adesso
abbiamo gli occhi consumati dalla notte fonda
E come sempre ad ogni incontro
mentre tu parli ed io ti ascolto
mi ricordo l'odore dolce della salsa
nella tua casa bambina
che balzava prepotente alle narici
e il guizzo nero dei tuoi occhi e le risate
quando scappavamo insieme a giocare in strada
E il dolore forte del distacco
quando partisti senza dire niente
per un dove lontano e sconosciuto
E il ritrovarsi poi
divise dagli anni ma unite da un'eco profonda
Come un rifugio
-quasi una certezza.
 
 

Il sole m'ha accecato

 Il sole m'ha accecato
nel più banale dei modi
Entrando dalla finestra
ritagliava il mio viso
ed io lo attendevo ad occhi spalancati
incapace di accettare la notte
l’assenza di me
 

Hera non sa cos'è l'amore

Lei è Hera, la grande madre,
e non sa cos'è l'amore.
 
Ve lo dico io, Cidippe, sua sacerdotessa,
mentre piango i miei figli
forti e belli,
cui lei come premio diede la morte
: per la dea, il dono più grande.
 
E vi dico che lei non ama nessuno
non Zeus, suo fratello e marito,
non i suoi figli
e nemmeno i suoi amanti
mortali e immortali.
 
E quando urla di gelosia scuotendo l'Olimpo
non lo fa per l'amore ferito,
ma per lo scompiglio nel suo focolare.
 
Hera, la più vendicativa degli dei,
Hera, dagli occhi bovini,
vuole solo che l'istituzione funzioni.
Vuole che i servi apparecchino bene,
che la casa sia lustra e pulita,
e che Zeus non corra dietro ad altrui calzari ,
perché è così che dev'essere.
 
E quando ha creato bellezza,
la Via Lattea che tutti ammiriamo,
lo ha fatto per stizza,
in odio al figliastro, Eracle,
il possente.
 
Ah, mia dea,
quella melagrana che stringi in mano
non fa di te una madre.
 
Nulla sai del tremore e della tenerezza
di una mano bambina che stringe la tua.
I figli li hai fatti perché così si deve,
non per amore.
 
O non avresti ucciso Bitone e Cleobi,
la luce dei miei occhi,
il frutto dei miei lombi esausti.
 
Ah, che le mie lacrime inondino il mondo
e anneghino il perbenismo!
 
 

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