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blog di Franca Figliolini

Zeus e il pianto di Europa

Come posso non pensare a te
quando la tempesta sferza l'isola
e la tua voce di tuono irrompe e spaura?

Sotto la luce dei fulmini
corro
da Elafonissi a Fragokastelo
invocando il tuo nome
col peplo che mi frusta la pelle
e i piedi scalzi
io, Europa, la regina di Creta
col volto rigato di lacrime

Oh, Zeus dove sei?
Dov'è il tuo amore indecente e candido
dov'è la sfrenata passione dei sensi
dove sono le risate di gola
lo sguardo serio della libidine
i nostri giochi infiniti?

T'invoco Zeus, ma non come dio padre
t'invoco come amante, amore, amato
il toro bianco che m'ha rapita
l'aquila che m'ha posseduta
il padre dei miei figli

Oh tu, splendente, potentissimo tra gli dei
figlio di Crono e di Rea
tu che sconfiggesti i Titani
e salvasti i tuoi fratelli squarciando
il ventre di tuo padre

tu, che regni sugli Olimpi e sugli umani
tu che punisci e grazi
tu che mi volesti
dove sei?

Batto i pugni sulla sabbia
mentre la tempesta s'allontana

e piango ancora
 

Mare aperto

 così come i tuoi occhi vedo

il mareaperto
                      che mi circonda accoglie
                    e poi respinge 
a volte a tratti a onde
 
                         schiuma bianca
barbagli di parole
-ah si, biancondose appaiate parole-
che rifulgono sul verde
 
e noi
che non fummo non siamo e non saremo
in questa persona mai
 
e sale sale sale
che brucia e non disseta
 
e fa impazzire i naufraghi

 

E poi c'è sempre il mare

e poi c'è sempre il mare
il lucido specchio in cui m'immergo
l'odore salmastro che riempie le narici
e allarga il respiro
 
l'orizzonte che mostra la sua curva perfetta
nell'arco che congiunge gli estremi
di verde e azzurro teso
 
                 la freccia pronta a scoccare
                 la rapida ineluttabile parabola
                 diritta verso il cuore
 
 

D come Diga

Lascia che sia. Lascia
che scorra ampio e forte e potente.
Inutile la diga già piena di crepe.
Esploderà in mille frammenti
e tutto sarà travolto, sommerso
fino alle cime più alte degli alberi
creando un paesaggio di fango e acqua
cosicché la luce, quando torni,
si rifletta ovunque.

 

Guscio

 non mi è concesso di pensare
altro che questo
inseguire con la mente
improbabili assonanze
                                o forse reali
                                ma, ahime, quanto lontane

gli anni passano e voi continuate
ad aver paura di amare
ed io ad aver paura dei vostri silenzi

dove siete - occhi che brillano
                  mani che accarezzano
                  bocche che baciano

vorrei arrotolarmi come una lumaca
dentro al suo guscio
ma non c'è guscio
abbastanza grande
da potermi contenere


C come Circumnavigazione

 la circum -
       - navigazione del cuore
è un'impresa pericolosa.

- correnti, mulinelli e mostri marini,
paralizzanti bonacce nei sargassi,
balene bianche, sirene e pirati
e tutto il resto che è stato raccontato -

e però
- oh, capitano! tu me lo insegnasti -
non c'è altro modo
per giungere in un qualche porto

B come Briciola

 accosti la sedia
piano
senza far rumore
con delicatezza

sul tavolo è rimasta
solo qualche briciola
che spazzi via
con gesto misurato

tutte - tranne la più grande
che fai rotolare
tra il pollice e l'indice
con attenzione

fuori,
stride un incongruo gabbiano
che s'accontenta di un fiume
e non cerca il mare


Sei qui allora

 sei qui allora
dietro al mio sguardo
                    alla chiostra dei denti dischiusa
nel gesto della mano
nel sogno che mi inarca il bacino
sei qui

fragrante delle essenze del tuo giardino
magico labirinto in cui mi perdo
                               [e mi ritrovo


A come Arco

L'arco sta.
Imperturbabile, indefettibile,
continua a ritagliare il cielo azzurro
-oh, così azzurro-

Raggrumato intorno alla chiave di volta,
al cuore del suo segreto,
là dove si scaricano le spinte di contrasto,
sta.

E la figura che si staglia tra i piedritti
diventa idea platonica dell'essere,
materia di luce ed ombra,
proiettata all'infinito.

 

Efesto o la solitudine dell'artigiano

Scintille lampi faville
la mazza sull'incudine forgia
la forza del braccio che spinge
un colpo poi un altro poi un altro
si sbalzano l'oro ed il ferro
pronti ad epiche gesta.

Ed ecco le armi di Achille
l'elmo di Hermes, l'Egida di Zeus
: tutte opere del dio deforme
il dio artigiano, Efesto lo zoppo
deriso e tradito.

Cadde per nove giorni e nove notti
dopo che il padre Zeus
lo scagliò giù dall'Olimpo,
cadde qui a Lemno il dio.
Noi gl'insegnammo l'arte della forgia
e lui divenne il più grande.
Efesto è la perfezione del gesto,
l'orgoglio dell'opera fatta.

Ma è solo, il dio, e negletto.
Sfoga nella fucina le sue lacrime,
le gocce sfrigolano sull'incudine
e scivolano, si perdono
negli sbalzi dell'oro e del ferro.

Gli automi che lo circondano,
loro, tacciono
:
nessuno lo vede, il suo dolore.

 

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