Peones
tutti insieme, imitando un dio
che si espande e si contrae,
che dona e abbandona
lasciando gemiti d'enigmi
nelle rozze mani di peones che sanguinano
come ai cani le piaghe delle zecche
fino a sentire il rumore dei singhiozzi
che raffreddano gli occhi sul ghiaccio dei perimetri.
nell'eterno contrario il castigo rimane espresso
nella colpa di ieri dove l'urlo di guerra striscia di rosso
il mio vestito di pella nera, abito d'anima nuda.
amo l'altra in me stessa alla luce fatua
di un cero arso, pregando possa
con una vampa incenerire il mio vero nome.-
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mele bruciate
come nemico degno? [...]*
Sei andato oltre qualcosa
che non riesce nemmeno a morire
dentro una suggestione
come l'odore delle mele bruciate
o dei rami d'abete gettati nel fuoco.
poi all'insù, su, su, a ribere le linfe natali:
le mie ferite di bambina,
i geloni, le scarpe tagliate in punta,
l'idea di essere una figlia non voluta.
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una farfalla afghana scrive con gli occhi.
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simboli
conosco il morso della luna,
la fase fredda che bagna l'anima,
i pensieri che diventano scosse
fino a diventare ossessione
quando la strada dritta si costringe cerchio.
sono il centro di una città inesistente,
cerco la terra, l'acqua, Dio, in foreste di simboli
o nella pura ragione del seme.
Vorrei portarti con me nelle periferie, nei tramonti,
nelle sabbie mobili, dove la verita' accetta e annulla
migliaia di punti: indici di ritagli.
vittima dell'atrabile come un rischio in ombra
la mia mano scivola lentamente al suolo.
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Incarnazione
in uno scarlatto sfogliarsi di papaveri
ogni passo è un reciproco carcere
e tutto l'amore che porta:
giorno per giorno ripete le piaghe
che sfugge al piede deviato dal valgo.
nella sessualità del tempo invisibile.
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talismani
lunga assenza la mia vita altrove
generando arborescenze sul mio vestito liturgico
del passato, trapassato dallo sguardo allucinato.
dove vive il vero pericolo: veglia e sonno, morte e resurrezione,
metamorfosi affidate ai talismani azzurri degli dei.
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