Io e le mie parole
seppure a mille a mille
ne dissi e scrissi
non sono state che pagliuzze
nel trascorrere dei giorni, nulla
che abbiano definito nella vita
forse soltanto appena colorito.
ora che le foglie son quasi tutte
cadute i rami vestono le rughe
i nodi come calli mostrano
le ferite appena cicatrizzate
il loro sgorgare libero insommesso
m'apre il respiro come la finestra
della terrazza sul mare
l'orizzonte ammirare senza l'ansia
di doverlo conquistare.
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Prime burrasche
Agli appuntamenti d’ amore
per l’arsura, correvo tremante
ghiotto di profumi inebrianti, contatti
frenetici eccitanti.
Della bruna gli occhi nocciola
spiritati, ingordi di novizi maschi
odorosa d’ intimi bagnati, palpitanti.
Della rossa, color gatto i capelli
con efelidi graziose dappertutto
capezzoli lampone maturo e
le cosce candide, lunghe, sode.
La silenziosa, timida, introversa
che metteva nastri bianchi
alle lunghe trecce brune, a
frustar l’aria per si o no piccosi
dalle braccia avvolgere si lasciava
e puntava decisa, il pube indagatore
contro il mio, da tanto tempo teso
Zazzera, dalla frangetta nera
mi portava via. La figlia di Valsugana
creola si diceva, la più bella del rione
di lei l’incarnato scuro, i lineamenti
fieri, il cipiglio vibrante come vento maestro.
Diventavamo due febbricitanti, nei mutui vezzi
là dove l’eccitazione vuole la frenesia
e abbandonarci poi come in eliso.
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Cavalli dell'anima e del cuore.
Quei cavalli laggiù, grigi, neri
sulle dune, dalle cui criniere
il vento caldo t’investe di profumi
forti di animalità, d’arsura ardente
galoppano nella mente, alzando
polvere di passato e corrono
verso l’orizzonte delle aspettative.
Pure i miraggi esalano col calore
delle sabbie, lasciandoti interdetto
ancor prima di capire.
Mete agognate, difficili e lontane
per il viaggio di una vita
attratti da Circe, ancorchè dubbioso.
___________________
Su cumuli nembi
come cavalli di fiaba
scorrazzo nell’azzurro
di pensieri nani.
torno nel tempo
lungo il vivagno
di ogni età, quasi
la pubertà assolvere
potesse dall’inadeguatezza
d’esser oggi capace.
E se il drago dentro
morse sanguigno ogni
momento della crescita
e più della paura poté
l’indolenza, cospargerti
di cenere il capo ora
alla psiche non ridarà la pace.
Resta spronare i fianchi del destriero
mandare un segno di riscossa.
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Come forbice
Forbice di vento la malinconia
recide i sogni e della fantasia
fa cosa morta, solo nostalgia.
Non li rivive dentro un coccio
raro o un cristallo ch'è soffiato
a bocca, quando son tagliati
la schiena della vita è rotta.
Il tempo lesto viene rintocca
c'è la valigia da far, chiuderla
mentre il giorno cade nella sera
presto la notte ti si stende accanto
e il pensiero diventerà chimera.
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Vocali di colori
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Hai sorrisi
Hai sorrisi lunghi morbidi
gomitoli di filo d'angora
lisciano come la seta
carezze solari pigre
della novella attesa primavera
in quella lieve piega rossa
di labbra ciliegia matura
brulica un tremito
che allude alla rosa di carne
incastonata tra i sogni
nelle nuvole fresche del nettare
che sgorga dalla vita.
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Cento pani
Con borracce d’acqua
di fonte cristallina dolce
m’hanno mandato ieri
pe’l deserto di luce accecante
sassoso e senz’altro riparo
che un cappello pieno di sogni.
Con cento pani fragranti
ho pagato pedaggi qualunque
a chicchessia per traversare
l’arsura di bisogni inappagati
e con cento frutti furati altrui
ho deliziato il palato secco
di voglie aliene tormentose.
In cento giorni ho consumato
l’unghie ricurve arcigne, forse
per cento anni non avrò pace.
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Sempre ansia
Ch'è vento dell'anima
il messaggero della mia
viscerale malinconia
lui che gira l’universo come la vita
ognora la percorre la gela la scalda
la spazza senza ritegno
trasporta pe’l mondo le nubi
gravide di pioggia impossibile
qui là dove l’umanità
lo prega o lo teme.
Me la porta via alquanto a volte
ma lei presto ritorna quasi pentita
o io nella frettolosa gioia di vivere
ho tradito il sollievo
e lui con gli altri fratelli cardinali
girando senza meta a disegnare
spirali gigantesche di un eterno agitarsi
come un’ansia infinita di vivere
me la riporta.
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Affinità
in tono minore andante lento e
suadenti senza parole dirette
sguardi furtivi d’occhi bassi
dietro palpebre socchiuse.
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Quella voglia di andare
Quella voglia ardente di andare
e quegli occhi pianti che legano
lacrime al davanzale pudiche lì
come una sagola che s'attorciglia
alle caviglie e la rezza ancora vuota.
girare contro corrente, cigolante
ruota di mulino a macinare nulla
che valga un cartoccio di lupini.
Tuttavia restare il tempo corto
delle rapide crescite dei nidiacei
finché non stentino a prendere il volo
ma ormai senti fiacche le tue
resti al posatoio a guardare passare
la vita, ancora una volta e una volta
e una volta...ancora.
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