L'uomo terminò il suo turno di lavoro alle 16,30 e raccolti al volo giacca e cappello, si diresse spedito verso Via della Fortuna, distante solo qualche isolato. Zigzagando con agilità fra resti di vario genere, non sempre imbustati, raggiunse velocemente il viale, che si presentava sempre sfavillante. Neanche un albero, ma decine e decine d'insegne stile “Las Vegas” e vetrine piene di schermi, presso le quali si affollavano i più frettolosi (una botta e via!). Ma lui non aveva fretta, archiviati moglie e figli in un angolo remoto del cervello, poteva dedicarsi completamente allo sport nazionale. Quel giorno volle cambiare ed invece di entrare nel locale a lui ben noto, proseguì fino al centro della via, dove fu attirato da un'enorme insegna a bandiera che si differenziava dalle altre per forma, stile e colori, ma che riportava la stessa identica scritta: “Sala della Lotteria”
Si sedette in un angolo buio in fondo al locale, a quell'ora in fase di affollamento, dal quale poteva controllare lo schermo senza attirare l'attenzione dei rumorosi avventori. Si presentò subito un cameriere, con indosso la classica divisa bordeaux col simbolo dorato dei monopoli ben in vista sul gilè, che dopo un sorriso di circostanza gli chiese – Vuole giocare?- Nell'annuire con un cenno del capo (ma è ovvio, altrimenti che ci verrei a fare?) l'uomo disse – Vorrei anche una birra-
-Fulminea, Politica o dei Disoccupati?- replicò l'inserviente riferendosi alla lotteria e calcando sull'ultima parola. In effetti l'uomo, con la barba incolta e l'abbigliamento leggermente trasandato, poteva essere scambiato per uno dei tanti disgraziati senza una sistemazione fissa.
-No, niente “Lotteria dei Disoccupati”, per fortuna un lavoro ce l'ho. Dammi tre biglietti della “Politica”-
-Se ne acquista cinque, ha diritto a due voti-
-No grazie e lascio la scelta del candidato al computer, tanto..........ogni quanto la fulminea?-
-Oggi, ogni due minuti-
-E sia- disse il giocatore, consegnando la cardORO appositamente dedicata a quelle operazioni.
Dopo venti minuti ritirò la carta, prima di estinguerne il contenuto e si diresse verso l'uscita.
C'era qualcosa, in quella giornata, che non quadrava, qualcosa di cui sentiva la mancanza. Un vuoto che non sapeva colmare. Si diresse alla fermata del bus e salì sul primo mezzo in transito che arrivò fino al limite della città, dove scese. Qui la natura si riappropriava delle sue qualità, poco più in là di puzza e rumori, con prati, alberi e fiori. Ricordò le parole di un santone durante una trasmissione alla TV: -Abbracciare la terra è come abbracciare se stessi ed il mondo intero- (ma come si fa ad abbracciare la terra!?).
Si tolse la giacca e si sdraiò sul prato a pancia in su chiudendo gli occhi e dopo qualche minuto l'odore della terra lo permeò. Allora capì il significato delle parole dell'uomo vestito d'arancio ed aprì gli occhi per osservare il cielo azzurro, con qualche nuvola buona trasportata dal vento.
Un aquilone, sfuggito dalle mani di un bimbo, carpì il suo sguardo e subito immaginò di cavalcarlo e man mano che lo osservava ne assorbiva i colori, i disegni, i......numeri!?
12, 34, 56.
-Come scusi?-
-12, 34, 56 sulla ruota di Zurigo-
Sentiva ancora l'odore della terra, ma ancor più l'odore acre del denaro.
- Blog di Weasy
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