Scritto da © voceperduta - Mar, 15/04/2014 - 12:41
I blocchi di cemento spruzzato, fanno risaltare
la balconata tenuta in piedi, con quelle fresie
incappucciate ed i cactus sotto serra.
Tua madre passa ancora per il corso, imbustando
zuccheriere per addolcire il quotidiano, mentre
il fratello che per anni hai visto in foto, adesso
scende con la fibbia della cintura penzoloni.
Tu, che cosa hai fatto, tu?
Eravamo sotto l'arco sbrecciato nella valle dei
templi,già allora dicevi di volere provare
a scavare; perché un giorno avresti tenuto
in mano una clessidra sbiadita o, fosse stato il caso,
il kohl usato dai faraoni egizi.
Nei tuoi occhi però, sopravviveva l'urto delle
piogge smodate, dei fuscelli tranciati durante le
soste alle necropoli di Ravanusa.
Hai riso tante volte, lì, quando ti ricordavo che
il tuo nome era lo sviluppo di una perla;
tu che preferivi naufragare per ciottoli sediziosi
con un gruppo di canterini da spiaggia.
C'erano rostri, bagliori intercalati nei timoni,
taglioncini con cui un tempo si registrava la
velocità per mare;
ad Aprea è stato l'ultimo tragitto.
Gli ultimi bivacchi fra le ancore tese,
lungo le fiancate di reti su cui, anni dopo,
saremmo piombati insieme.
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