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Ricordando Sofia

 
Nel bel grappolo di giacinto,
bello come il tuo volto infido,
immergo le dita e la febbre mia.
(Sibilla Aleramo)
 
 
Sofia ripose nella borsetta il ciondolo in lapislazzuli nero.
Finite di sigillare le ultime borse, allungò una mano su una falda di raso, intenta a foderarne di nuove.
Il volto della fabbrica fuori dall'orario di lavoro, altro non era che un silenzio di scaffali e tavoli ammanicati da macchine per cucire.
« Dai, esci con noi almeno stasera...», l'aveva solennemente motivata l'amica Dora,
« ci beviamo una cosa all'Undressed, ti riaccompagno io a casa...»
Ma Sofia aveva espresso il suo no. Tracciò le nuove cartemodello per l'indomani, e decise per quella notte di ritirarsi.
 **
                                                                                                     Ankara, 20 aprile 1990
 
Io non ho mai dimenticato Sofia.
Mi sono immaginato tante volte di potere stare con lei, compensando così questa brusca lontananza. Lunedì saranno otto mesi che non ci vediamo.
Dalla sera del santo patrono, i fuochi nella piazza madre e la gente che calava dai
balconi i secchi per i buoni auspici.
Noi ci eravamo distanziati presto, entusiasmati dall'idea di potere raggiungere la torre del diacono, risalendo per la scaletta ventosa e impervia.
Da lì si vedeva tutto il panorama del golfo, con i primi ragazzi che a riva rintuzzavano
i loro falò.
«Tu torni dopo, vero?»
Non le risposi. D'altronde non ero stato io a programmare il viaggio in Turchia.
 
Era stata la compagnia stessa ad avvertirmi, appena quattro giorni prima, della possibilità di una chiamata da parte del Dipartimento di Mineralogia Applicata di Ankara; stipendio triplicato e uso approvato di strumenti d'avanguardia per la ricerca nel sottosuolo.
«Nei tuoi occhi leggo che torni.»
Partii l'indomani con un charter messo a disposizione della Turkiye Yaşlim; si erano
mostrati severi e restrittivi in quanto a orari e telefonate.
Riuscii a chiamare Sofia soltanto a notte inoltrata, sapendo di averla scossa nel sonno,
e cionondimeno lei mi aveva risposto; “non ti preoccupare dai, basta che stai bene.”
Avrei dovuto capire da quelle poche parole che il suo era un affetto sincero.
 
  **
 
« Sofi, ma no! Non vedi che la cucitura qui non va, è troppo stretta. Il diametro del cernierino si deve allungare. Lavoro scadente come sempre.»
 
Sofia non si rammaricava più di tanto delle angherie cui i selezionatori l'avevano abituata; non le interessava nemmeno sapere che altre impiegate godevano di particolari privilegi in seno alla ditta. In una sola cosa tutti si dovevano impegnare; evitare di parlar male di Vitangelo.
«Il fatto è che ho saputo che si è fatto una famiglia in Turchia.»
«E tu Sandra che ne sai, chi te l'ha detto?»
«Ho i miei informatori...»
«Povera Sofia, e lei illusa che lo aspetta.»
« E quelle pietre preziose che lui le manda.? Io le ho viste, sono molto costose.»
 
Sofia come altre sue colleghe, godeva di uno stanzino personale in cui riporre campioni di stoffe avanzate, bordature da riciclare, oltre a eventuali oggetti personali.
Ogni volta che terminava il suo pranzo, si allontanava dalla mensa e andava a trascorrere gli ultimi scampoli di pausa lì, a contatto con la scarsella da lei creata,
in cui aveva riposto le pietre che Vitangelo ogni mese le regalava, assieme alle lettere
di scuse per un nuovo ritardo sulla sua annunciata partenza.
 
**
                                                                                                  Ankara, 15 maggio 1990
 
Questo mese le ho comprato un lapislazzuli nero dal mercato di Ulus.
Lo avrebbe notato anche un bambino, che la pietra è un'imitazione dell'originale lazurite.
Ma gli impegni al laboratorio sono stati gravosi, e non ho avuto tempo e modo di spurgare un altro blocco, e creare un nuovo ciondolo per lei.
Magari Sofia non se ne accorgerà. Dopotutto non si è mai lamentata.
Adyna invece si. Dice che passo troppe sere lontano da lei, che non si è trasferita da me solo per venire a fare l'ancella del rais.
Mi costringe a scusarmi in fretta;odio vederla quando cambia improvvisamente tono.
Le sibilo all'orecchio, “seni çok ozledim..”, “ti desidero tanto...” ; lei dopo un po' m'indirizza con la mano, chiedendomi di ritrarmi dai bordi del letto.
 
**
« Ancora che pensi a lui? Ti sei bevuta il cervello?»
A casa Sofia si muoveva come un fantasma. La madre le copriva pranzi, cene; la sorprendeva a mangiare, solo quando aveva finito di rileggersi le lettere di Vitangelo.
« Ti scriverò, puoi esserne certa; e quando meno te lo aspetti, io verrò.»
Le aveva lasciato questo biglietto segreto, nel fondo di una borsetta; Sofia, certe sere,
se lo rileggeva così tante volte nella mente, da affacciarsi poi alla finestra convinta di avere sentito il clacson della sua auto.
Sua madre non l'aveva mai vista, però, portare al collo quei ciondoli che lei custodiva
come il suo personale tesoro; mai l'aveva vista indossare, quello zaffiro che aveva ricevuto il primo mese dopo la sua partenza. Il berillio argentato che la rendeva somigliante alla nobile castellana di Corsato. E il quarzo, l'ametista, l'opale verde che Vitangelo scrisse essere appartenuto alla più bella sultana dell'impero. Così il bracciale serpentato di giada, prima di quel lapislazzuli nero, che Sofia indossava varie volte a lavoro; ma che trovava curiosamente più molle, facilmente sensibile ai graffi. Tanto che una sera, le cadde giù dal collo.
  **
 
                                                                                                       Ankara, 1 luglio 1990
 
 
Non le ho più scritto. Io non so come la prenderà. Ma ho riflettuto, e tanto, per arrivare a questa decisione. Forse sbagliata, perché lei nel suo cuore mi adora.
Vorrei solo spiegarle da vicino come stanno le cose; il prossimo mese finalmente tornerò, ma non intendo dirglielo, sarà come le avevo promesso. Mi vedrà spuntare dalla salita degli ulivi, la chiamerò al balcone; nell'ultima lettera tu mi hai scritto che lei non fa altro che aspettarmi e aspettarmi, indossare le mie pietre e sperare che io non la dimentichi. Bè Dora, io non potrei mai dimenticare Sofia; la mia giovinezza è anche la sua. Gli anni più sofferti e felici, li devo soprattutto a lei. Ma la volta in cui, camminando con la persona che ami per mano, ti vince l'impressione che ognuno stia seguendo una propria strada, allora quel tempo è destinato a passare.
**
 
«Dai, Sofi, che palle! Sbrigati, che mi prendono la multa...»
Dora accelerò a tavoletta, rischiando di mettere sotto un gruppo di bagnanti stranieri.
Discese per la carreggiata nuova, voltando poi all'imbocco della stradella degli ulivi.
« Che fa signorina? Guardi che il tassametro scorre...»
Sofia le sorrise in pieno volto. Erano anni che le due amiche non si trattenevano così piacevolmente.
«Bè, che ti sei persa?»
«La collana coi gusci di noce, non la trovo più.»
« Non è che l'hai scordata in spiaggia?»
« Non credo; pazienza, ne intesserò un'altra.»
Scendendo dall'auto, a pochi metri dalla cancellata di casa, lo sguardo di Sofia si perse su una nuvola di carta somigliante a una lettera scritta di prima mano.
Era stata legata all'inferriata con una piccola cordicella di nylon.
Nel guardarla, Sofia restò sospesa in un alone di vuoto.

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