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Piazza Domenico Sesto

 
 
L'emorragia delle giornate non fa che
dilatare lo spettro di sensazioni meditate
per lungo tempo.
 
Col cipiglio affannato me ne vado attorno
al tempio; schegge di bossa nova scuotono
le selci conservate dall'Anonima Turisti.
 
Mi aspettano i soliti noti, amici incassati
nel piagnisteo di un rododendro, così da
rifiorire più incazzati quando la notte ne
espande la cellula scura.
 
“Birra, birra, su quel braciere che ci fumiamo?”
La bossa nova giunge allo stacco prima
di imbastire nuove tolleranze; spanne di fumo
e passeggiate nel quadrato dei locali.
 
“E' tutto per questa notte”, ha meditato L.
bissando la canna di riserva sul cruscotto
di una moto taroccata.
Perché non si ferma quest'emorragia, dico io?
 
Facciamo l'alba e siamo più svogliati di
quando abbiamo attraccato.
Si avvicinano due turiste, una parla insanguinata;
ci fa “help, help!”, mescolando una bustina
grigia in una tazza di caffè.
 
“Vomita, che tutto passa.”
Così si ragiona qui. Il sole veloce e precario,
passa relegandoci nelle sabbie di pomeriggi
tanto ostili, da premurarci che la sera sia
tutta nostra.

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