Scritto da © voceperduta - Ven, 04/04/2014 - 00:48
C'è quel prisma di luce che sforma
le vallate, e un frattale di salici si scuote
d'improvviso come un sistro piangente.
Non è il vento della Gradisca a gemere,
né il guado che s'inerpica in difesa del
baluardo.
E' un bambino invecchiato che scompagina
le sue mani come un vegliardo; distratto
ha imboccato il terrapieno scoperto, e il livido
di una mina gli è esploso controvento.
Adesso non stacca le grida dalle dita mozzate,
mentre un carro si spinge sulla dorsale, e un
contadino discende in cima ai secondi.
Gli prende le nocche riverse, vi sparge del fango
e concime iodato. “Ti farà male; tu pensa ai battelli
sul mare, alle spume che liberano il fresco.”
Più tardi un gruppetto di zona, imbocca nel guado
e vi trova il bambino che riposa come in fasce;
nel tepore del ruscello piovano, un borsello
affibbiato a custodire le dita.
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