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L'umana pietanza

 
 
 
Ivy parlò a fondo, provando a non scomporsi.
« Ero di turno, quella notte; ricordo bene il colore delle tende, un rosa torbido come il morso delle vespe».
Raccontò che si erano presentati in due; uno di loro aveva il braccio fasciato, l'altro canticchiava Loudmouth dei Ramones.
« Ho sentito due mani prendermi da dietro; cominciarono a stringermi il seno, dopo a sbottonarmi la divisa...».
« Chi era la terza persona?».
« Una ragazza; mi aveva preso alla sprovvista».
L'avevano condotta in una camera buia, tende abbassate e una sola lettiga.
« Noi infermiere la chiamiamo la stanza alimentare; quando abbiamo poco tempo, mangiamo un boccone lì dentro».
La ragazza voleva essere la sola dominatrice.
« Dava ordini agli altri, li faceva spogliare a comando».
« Tu? Perché non hai urlato?»
Ivy infossò leggermente le labbra, come se in parte se ne vergognasse.
« Non ho mai pensato di farlo; obbedivo a quello che mi diceva lei».
« Che ti diceva?»
« Di strisciare con una mela in bocca; ogni volta che mi cadeva erano due frustate».
« In viso?»
« No, sulle natiche; ma se ero abbastanza brava mi baciava».
 
                                                            *
 
Geoffrey arrivò come al solito imprecando.
« Al diavolo! Voglio un permesso anticipato ».
Lo aggiornai per tempo sugli ultimi sviluppi;
« Vuoi dire che non è stata lei?»
« E' più complicata di così...».
 
Ivy raccontò gli istanti della tortura del fuoco.
« Lei diceva che legarmi i polsi alla lettiga non le bastava; ordinò gli altri di andare a prendere un accendino e dei bustini infiammabili».
« Loro obbedirono?»
« Solo uno, quello con il braccio fasciato; l'altro era stanco di ricevere comandi».
« Cosa fece?».
« Provò a scoparmi, ma lei non glielo permise».
Mostrai a Ivy gli scatti effettuati alle prime rilevazioni.
« E' lui? Lo riconosci?».
« Si».
« Con cosa gli ha sventrato la faccia?».
« Un punteruolo».
« L'altro uomo ha assistito?».
« No; è arrivato poco dopo con una tanica di benzina».
« Una tanica?».
« Voleva dare fuoco a tutto; aveva paura di essere scoperto».
Geoffrey si accese una sigaretta e me ne lanciò una sul bancone.
« Le piaceva fumare; mi aveva spogliata nuda. La eccitavano i rantoli della cicca».
                                                          
                                                             *
 
 
Da successive indagini scoprimmo che l'altro ragazzo ucciso era minorenne.
« Lui le diceva “ho fame”; significava che voleva avvicinarsi e punirmi».
« In che modo?».
« Torcendo una cintura al collo, o piantando una borchia contro la schiena».
« Perché lo ha ucciso?».
« Perché non voleva che la stanza andasse a fuoco; me compresa».
« Perciò lo ha soffocato con una busta?»
« Proprio così; lo chiamano breathplay».
Io e Geoffrey iniziammo a guardarci disorientati.
« Dopo? Ha continuato a torturarti?».
«No; per i corridoi c'erano già abbastanza rumori. Mi ha slegata e se ne è andata».
Geoffrey si accese un'altra sigaretta, trattenendo a malapena la rabbia.
« Fanculo,una settimana! Hai fatto passare una settimana prima di denunciare gli omicidi. Non credo a una sola parola detta da te; per me resti la prima indiziata».
Consigliai Geoffrey di andare a prendere due caffè schiumati.
« Il suo collega è sempre così indiavolato?».
« Solo quando lavora; perché sei sparita? L'ospedale ci ha fornito il tuo indirizzo, ma a casa non sei mai rientrata».
« Non avrei potuto confessare a nessuno quanto è successo».
« Perché lo hai fatto adesso?».
Ivy era diventata improvvisamente più esigente.
« Vorrei una sigaretta, e che il suo collega resti fuori dalla stanza».
Le avvicinai il pacchetto, notando il marchio a fuoco inciso sul braccio destro.
« E' stata lei a farti questo?».
Ivy sorrise sardonica, scoprendo l'intero sfregio da sotto la manica del giacchetto.
« E' stato uno schiavo. Sotto il mio ordine».
Capii tardi come l'aveva difesa.
« Lei non si è mai ribellata. Per questo merita la mia protezione», aggiunse, accendendosi la sigaretta e guardandomi rudemente in viso.
«  Altre domande?».
 

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