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L'atelier di Raphael Swiss

 
Quando torno voglio cambiare vita così posso mettermi pantaloni di una taglia più piccola. Voglio un letto a due piazze ed un monumento: il mio.
(Alessandro Bergonzoni)
 
 
 
Non era stato facile trovare un appartamento libero in Rue des Prophètes. Alla fine, Raphael si accontentò di un piano terra da un mese utilizzato come mangiatoia per cavallette e bachi da seta.
- Stia attento, monsieur; l'umidità ha perforato alcune piastrelle.-
Trovò ragionevole l'affitto di centocinquanta franchi al mese. In fondo era una topaia.
Courbet stesso aveva iniziato a dipingere dentro un asfittico granaio.
E Jan Vermeer? Per anni lavorò acquartierato nella sua soffitta come un esule delle fiabe.
Raphael Swiss, invece, poteva comunque profittare dei suoi buoni quattrocento metri quadri.
Ma c'era ancora una piccola questione da risolvere; recuperare le tele rimaste a casa di Justine.
***
 
La ragazza era febbricitante. Per non dire che aveva bevuto decisamente troppo. Due bottiglie di Sauvignon, da sola, più gli immancabili Kir Royal con le amiche del Kingston.
Raphael la trovò distesa a pancia sotto che vomitava qualcosa di viscoso.
- Justine, amour, mi servono le tele...-
La ragazza, più intontita di un suonatore di campanacci, inizialmente proferì qualcosa del tipo, “ non sono in grado di accendere la tivvù, adesso...”, salvo comprendere poi che si trattava di qualcosa di ben più distante dalla sua sfera di routines.
 
- Le ho date a Gilbert.-
- Chi? Il portinaio?-
- Ha detto che se ne intendeva, che gli avrebbe dato solamente un'occhiata...-
 
Raphael, sceso a picco nella portineria centralizzata , trovò soltanto il responsabile,- padre di Gilbert,- che si leggeva beatamente Le Parisien.
 
-Cosa vuole?
-Gilbert.
-Non c'è. E' alle corse-
-Sa mica quando rientra?
-Chi lo sa; forse stasera. Fossi in lei tornerei domattina-
-Domattina?
Il signore, appurato che si trattava di uno dei tanti creditori del figlio, provò a smussare la cosa con mefitico ingegno.
-Venti franchi per adesso. Se ne vada ora.-
-Ma io veramente...!-
-Guarda che ho una pistola sotto la giubba.-
 
Passeggiando per la vicina Rue du Busset, Raphael si accorse, abbastanza casualmente, che almeno tre delle sue tele erano state posteggiate al banco dei pegni  La Moreliènne.
 
- Mi scusi, mi scusi; vorrei riscattare queste opere. Mi dica che ci sono anche le altre la prego...-
Un uomo dalla baldanza ferina, squadrò il pittore da capo a piedi.
- Ce ne sono altre cinque; due avevano l'asse del telaio distorto, stiamo cercando di rip...-
-Va bene, va bene, le prendo. Quanto vi devo?-
-In tutto sono ottanta franchi.-
-Solo?-
Ragionevolmente, Raphael aveva sperato che la sua quotazione fosse un tantinello meno misera.
 
- Lei è un parente di Gilbert, il proprietario?-, domandò con una punta di raucedine l'aiuto- gestore.
- Di chi? Sono io stesso il proprietario, nonché l'artista!-
Chissà perché, ma vedendolo andare via zompettando con quelle tele sottobraccio, gli uomini al banco rimasero convinti si trattasse di un affiliato di Gilbert , un amico bisognoso di aiuto.
 
*
 
- Avanti, Rafì, mangia qualcosa.-
- Non ho fame mamma.-
 
Il pittore era tornato a casa dei genitori,  per recuperare pennelli, ovatte, sezioni di tele patinate, ed altri materiali per soddisfare appieno il suo atelier.
 
- Hai salutato Aurore, vero?-
 
Raphael abbassò lo sguardo sommessamente, indirizzandosi poi verso una stretta sala da pranzo con le boiseries completamente scoperchiate.
 
- Nonna, come stai? Cosa stai guardando?-
Aurore abbozzò un sorriso di fiducia.
- Guardo il bel dipinto di mio nipote Rafì.-
 
Ed in effetti, incastonato fra due mensole semi-vuote, appariva un olio su tela che il giovane
Raphael aveva composto a soli sedici anni. Lui e la nonna pedalavano su un sentiero assolato nelle campagne di Sedan.
 
- Tuo nipote vuol farti sapere che ti vuole bene.-
Raphael baciò le tempie anguste dell'anziana signora. Raccomandò alla madre di portarla fuori, ogni tanto, perché il sole, in quella stagione, sarebbe tornato ad essere un sorvegliante ubbidiente.
 
***
 
Ormai c'era quasi. Avrebbe svoltato per Rue du Landy, attraversato il caseificio di moda, salutato i soliti avventori che provavano a rivendergli le sciarpe bardate del Paris St. Germain.
Prima del ritorno definitivo in Rue des Prophetes, con un sacchetto in più di grigliate prelevato al bistrot.
 
- Mensieur Swiss, faccia la cortesia di seguirci.-
 
Le guardie lo avevano aspettato all'ingresso del portone arcato.
 
- Forse c'è uno sbaglio. Io sto appena rientrando.-
 
I due si guardarono senza colpo ferire.
- Lei è il signor Raphael Swiss, giusto?-
- Si. -
- Bene. Allora non ci sbagliamo. Ci sono quattordici multe a suo carico per sosta vietata,
quindici con quella che ha preso questo pomeriggio all'Avenue Hugo.-
- Voi mi avete seguito?-
- Bastien, accompagna il signore alla nostra auto.-
 
 
I tempi di permanenza negli uffici della polizia municipale si allungarono più del previsto.
Raphael non aveva più voglia di aspettare il gelido timbro per fissare l'udienza.
- Vorrei andarmene, giuro che pago. Aspetto un versamento entro giovedì e ...-
- La prego, si sieda.-
 
Uno dei funzionari addetti alla scrivania, non potè non notare che quel cittadino si era presentato con un nugolo di tele pittoriche fascicolate.
 
- Le ha dipinte tutte lei?-
- Si, faccio questa nella vita.-
- Ah. Posso dare una controllata?-
 
Il funzionario si avvicinò e scartabellò in mezzo al mazzo.
 
- Gaspard, vieni un po' a vedere quanto è brutto questo unicorno...-
 
Il cittadino-pittore si voltò trepidamente dall'altra parte.
 
- Certo che è proprio brutto; sembra un bretone in vestaglia.-
- Siete voi che non sapete di cosa parlate! Non state vedendo un unicorno..- proruppe Raphael in maniera scocciata.
 
-Ah, no? E cosa sarebbe?-
 
L'artista provò allora a fare un breve sunto di quello che era l'ideale di astrattismo.
 
- E quindi sarebbe madre natura che dà l'avvio alla stagione delle colture?-
- Esattamente.-
- E quello non è un corno, bensì il solco di una carota?-
- Proprio così.-
 
L'intero ufficio si lasciò perforare da una grassa risata.
- Vendendo questi popò di quadri, vorresti pagare le multe?
- Cambia mestiere!
- Mio figlio di sette anni, al tuo confronto, va a scuola da Picasso!-
 
***
 
 
Raphael Swiss rincasò alla mezzanotte precisa. Poggiò l'intero materiale in un angolo del pianterreno. Era rimasto poco o nulla da dire sulla giornata appena trascorsa. Avrebbe fatto ancora di quell'ampio spazio, il gustoso atelier di un giovane e rampante pittore?
Provò a scardinare l'impianto elettronico della finestra. Poi rinunciò.
Si concentrò, per quanto possibile, sull'apertura dei barattoli di manzo che rappresentavano per quella sera la sua cena. Lo fece sdraiato su un materassino di gommapiuma sdoganata.
Gli venne da sorridere, mentre strigliava con lo sguardo quell'allegoria confusa e indisciplinata, di tele e attrezzature setolate.
Aprì i barattoli, e il sorriso si fece più ampio. Chissà quante volte Andy, prima di rappresentare incessantemente prodotti di consumo, li aveva lui stesso consumati. Magari al chiuso di un pianterreno precedentemente confiscato a un centro di bellezza fallito.
 
 
 

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