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===>>> La donna che non sapeva contare gli spiccioli

 
 
 
A suo modo si definiva un'economa. Teneva imbottigliati gli avanzi della sera prima. Se restava del vino ancora fuori dal tappo, lei lo riversava, senza dire niente, come se stesse correggendo la vita degli altri tendente agli sprechi.
 
- Taglia il pane a fette, non buttare via la mollica. Anche quella serve.-
 
Faceva delle minuscole polpette abbrustolite, aggiungendo olio ed aglio, che noi inzuppavamo nella salsa come pepite di grano scolpito.
 
- Ho finito io per prima! Che cosa ho vinto?-
 
Divideva la sua torta che si faceva bastare per una settimana almeno, aggiungendo anelli di caramello soltanto a colui, o colei, che avesse terminato il pasto per primo.
 
- Luisella avrà la fetta più grande! E voi non fate quelle facce.-
 
Ci spingeva così, a una gazzarra inquieta per i solchi della tavola. Quando si trattava di carne poi, Marina faceva sempre delle facce impassibili, poiché già a otto anni presumeva di essere vegetariana.
 
-Eccola lì! Tocca scongelare le verdure solo per lei...-
 
Quasi tutte le sere, nostra sorella cenava fuori dalla tavola, sotto la lampada al neon della sua cameretta; mio padre controllava, non senza rimbrottarla, che almeno gli spinaci non finissero dentro la pattumiera ritagliata con Garfield.
 
****
 
Per il burro, escogitava qualcosa di singolare. Non accettava che tutti noi ci lanciassimo come delle orche su un panetto di soli dieci centimetri; così, per insegnarci l'educazione, o forse per addestrarci ancora di più al risparmio, aveva stabilito di corromperne una metà con una lancinante polverina alla paprika.
Quante mattine, io che ero il più ghiotto di pane, burro e marmellata, ero costretto a strofinare la mia bocca sotto un fiotto d'acqua gelida!
Certe notti, poi, la vedevo salmodiare davanti all'icona di San Celestino; sperava che, alla
vigilia di ogni pensione del marito da ritirare, non le accadesse nulla di spiacevole.
 
 
- Venite, venite, la nonna sta male, non riesce a respirare.-
 
Soffriva di una lieve forma di allergia, che però con il tempo le era sensibilmente peggiorata.
Le sue vie respiratorie erano diventate molto fragili, e anche il minimo contatto con una particella allergenica era fonte di spiacevoli disturbi, talvolta di crisi incessanti.
La ricoverarono d'urgenza al reparto di terapia intensiva; le sue condizioni faticarono a ritornare stabili.
Stavamo con lei fino a tarda sera; mio padre teneva chiuso sul suo pugno l'immagine sbiadita di un soldato di fanteria. Mio nonno.
- Ehi, nonna, ce la fai a parlare? Guarda, ho spazzolato per bene il vestito. Vedi, adesso gli acari non esistono più. Nonna...-
Luisella pianse per tre giorni di fila. Io , Marina e il piccolo Tino provavamo a distrarla facendo le imitazioni personalizzate del nostro Carosello.
Ma lei, abituata a non dividere la fetta di torta più dolce, da quella sera cominciò a mangiare
ogni volta a rilento.
 
***
 
Fui io a trovarli, per caso, dentro un comò che pensavo fungesse da finta cassettiera.
Invece era vera. La chiave era sempre stata lì, davanti ai nostri occhi, legata al filo ristretto
dell'abat-jour.
Tirai fuori il cassettone dorato, predicando pietà per le mie mani ancora acerbe di sforzi.
Sentii i quattro barattoli scrosciare ai miei piedi; ognuno di essi aveva un etichetta coi nostri nomi.
Presi il mio, e cercai di forzare a mio modo l'ingresso per le monete. Alla fine lo ruppi contro il piastrellone del pavimento. I centesimi di lire sfilarono in ogni interstizio, mentre le fascine di banconote arrotolate si fermarono sotto il letto.
Radunai i miei fratelli, e fecero tutti la stessa cosa.
 
- Papà, guarda; siamo ricchi! Possiamo adottare finalmente un pony!-
 
Marina era la più contenta. Avrebbe finalmente potuto rincorrere quel sogno.
Luisella pensò che avrebbe speso quel denaro, per un fornellino adatto alle giovani adolescenti. Avrebbe voluto cucinare lei per tutti.
Tino racimolò tutti quanti i suoi spiccioli, e corse alla televisione a festeggiare come un matto.
Io guardai mio padre invece; lui non aveva avuto nessun cenno di sorpresa.
 
-Si, è vero; la nonna non sapeva contare. Forse non si rendeva conto di quanto valesse quel denaro...-
 
...o forse, anche questa volta voleva insegnarci qualcosa- aggiunsi io, mentre raccoglievo le mie monete e le mie banconote, cercando un luogo neanche troppo distante, dove però a nessuno sarebbe venuto in mente di cercare.
 
 
 (A Maria, mia nonna)

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