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Elvis non è morto

 
 
« Io non ti capisco...ma perché non dirlo almeno a noi del rione?»
« Vincenzo lo sai già perché no...»
«Sono un tuo caro amico, prima di essere un giornalista.»
« Vincè, fammi rassettare le casse che non ho manco iniziato.»
« E bhò! Io ci provai...»
 
Savino Pestamenta apriva il bar al solito orario; sette e trenta spaccate.
Gli abitanti del rione Spine Bianche lo conoscevano tutti; era l'americano, orfano di madre e tornato a Matera dopo una vita passata a condurre un emporio di liquori in Arkansas.
Aveva un mito che faticava a morire, quello di Elvis. Non era il solo, a dire il vero.
Ma ciò che lo contraddistingueva dagli altri indefessi fan, era la peculiarità che lui il vero Elvis l'aveva visto per davvero; e,per di più, sosteneva che la grande icona non fosse realmente morta.
« Savìn, buongiorno.»
« Buongiorno Ziamarij.»
« Ho portato mia figlia con me, stamatìn.»
« E avete fatto bene.»
« Iedda voleva sapere come sta Elvis. Ascolta tutte le sue canzoni, sa...»
La ragazza, alquanto spaurita e spettinata, teneva in mano un giallo vinile da collezione.
« Guardate un po': oggi lo porta a scuola. Gliel'ha pigliato so tatè dal nord.»
Savino, girando il disco dalla copertina, lo rimise dentro accennando un sorriso.
«Non è buono Ziamarij; questo sotto la testina si sciupa tutto.»
«Ma per cortesia!Che andate dicendo! Mi' marite non lo farebbe mai. Siete voi il fanfarone che non sa niente di Prisly...»
La signora si allontanò con la figlia a braccio, passando poco sotto a una stampa autografa del cantante, datata 20-Marzo 1969, Benton, Sunset Park.
                                                   ***
 
 
Il baronetto Frastaglia entrò al bar di Savino come consueto, alle dieci e quaranta.
Accompagnato in carrozzina dalla domestica, domandò il suo caffè schiumoso e un succo di arance nostrane accompagnato da fette di pane imburrate.
« O tempora! O mores! Attentati ovunque...e le brigate... e quante spie...Ah! Tornasse di nuovo Churchill, uomo di polso, silurerebbe un po' di tane; voi che ne dite?»
Savino, solitamente, si fingeva d'accordo su tutto quello che il baronetto gli diceva.
« Calmatevi barone; le vostre pillole per la pressione...» lo ammoniva la domestica, ricevendo
degli insulti rimarcati in freddo inglese.
« E comunque, caro Savino, sono d'accordo con te; è una congiura quello del povero Elvis.
Diffamato per il suo peso, invidiato per le sue ricchezze; ma che voce, che voce! Se c'era la mano di Winston, qui, avrebbe fatto presidiare come minimo la sua casa, allontanato quelle cornacchie del malaugurio che ...che ore sono?»
« Le undici e trenta, barone.», fece la domestica, portando lestamente le mani sulla carrozzina.
« Di già? Accorriamo, presto, non vorrei perdermi La valle dei pini.»
                                                            ***
 
 
Good Times era l'LP preferito da Savino. Di solito si ritagliava un cantuccio in magazzino, e lo ascoltava sino al termine della pausa pranzo, coincidente con l'arrivo nel bar della scolaresca dell'istituto Cirene.
 
« Figgh'è, che vi porto?»
« Due strazzate!»
«Savìn, le friselle per mamèj...»
«Oggi non le hai le pizzette al burro?»
 
Si avvicinavano quasi tutti con devozione alle vetrate rampanti di dolci.
«Ci sta pure il poster di Elvis, lì sotto.»
« Savìn, ma è vero che lo conosci? Che lo proteggi tu?»
Giacchin era quello che parlava in maniera più spavalda.
« No, non lo conosco; tenete.»
« Si, che lo conosci! Mio padre dice che sì americano; mi ha detto che lì ci sta la mala, un boss gli ha sparato mentre stava chiuso al bagno, per rubarci i denari...»
« Basta, ora...non v'impicciate più.»
E, tornandosene nel suo giradischi d'etichetta americana, cominciava sempre a dubitare della scelta che aveva fatto tre anni prima; quando era rimasto solo, e aveva deciso di tornare nel paese della madre.
 
                                                            ***
 
Alle diciannove esatte, la signorina Felicia prendeva il suo alka-seltzer, non prima di aver mangiato una tortina ai lamponi.
 
 «Be',come va?»
« Meglio, molto meglio; grazie.»
 
Era l'ora in cui gli anziani del quartiere, e le coppie di storici fidanzati, si ritrovavano
seduti alla tivvù del bar. L'edizione del tg apriva sempre allo stesso modo; “Nuovi e intriganti sviluppi sulla morte improvvisa della star americana Elvis The Pelvis Presley. Da un altro bollettino diffuso dalla polizia del Tennesee, si sospetta che il cantante abbia potuto lasciare una sorta di testamento olografo,scritto già qualche anno prima, in cui avrebbe destinato parte dei suoi averi a un personaggio affatto sconosciuto ai frequentatori di Greeceland. Si tratterebbe di un italo-americano, stretto amico di Elvis, le cui iniziali sono state trovate più volte nella carta da lettere titolata dallo stesso Presley. La stessa polizia non esclude nessuna ipotesi, anche la più paradossale...”
 
La signorina Felicia guardò per un attimo Savino con occhi differenti; possibile che le dicerie che si rincorrevano fossero vere? Che esisteva per davvero un legame tra lui e la star?
Iniziò a osservare in altra maniera i gesti apparentemente normali che l'uomo faceva; come quello di aprire molto spesso un barattolo stellato, da cui fuoriusciva un pizzino di carta sospetto che Savino si preoccupava di non sporcare.
 
« Strana storia quella di Elvis, vero Savino?» provò a chiedergli, pensando che con lei avrebbe avuto modo di aprirsi più agevolmente.
 
« Yes, un'assurda tragedia...» fece lui, facendo segno a quanti erano rimasti nel bar, che era giunto per quel giorno il momento di chiudere.
 
                                                                 ***
 
Vincenzo fu l'ultimo a notare la saracinesca semi-aperta. La tentazione di entrare alla fine lo
avvinse. Si nascose dietro la vetrinetta già spenta con le martorane.
Savino Pestamenta diede un ultimo, serrato sguardo alla sala odorosa di cicche.
Si tolse il grembiule, e si arrampicò sulla mensola poco sopra gli allestimenti di liquori e
limoncelli. Prese il barattolo, e un po' convulsamente lo aprì senza fare caso alle monete che
cadevano in terra.
Si avvicinò nuovamente al magazzino, tenuto chiuso da un tendaggio ovattato.
Il numero che iniziò a comporre, doveva essere un prefisso internazionale.
Aspettò qualche attimo più del dovuto, e si fece passare dalla centralinista la linea di collegamento con lo stato dell'Arkansas, United States. Teneva in mano una costosa Sheaffer, la penna americana di cui era pieno lo studio di Elvis.
« Hello, this is Savino here. May i speak to Elvis, please?»
Vincenzo ebbe un fremito di gioia e paura. Si avvicinò ancora di più alla tenda, in quanto era sicuro di avere finalmente lo scoop che cercava.
« Yes...i'm waiting...»
Si immaginò i titoloni che avrebbe promosso di lì a poco sul Giornale Lucano;
CLAMOROSA E INEGUAGLIABILE SCOPERTA IN UN BAR DI MATERA...Il
PROPRIETARIO, SAVINO PESTAMENTA, ALTRO NON E' CHE IL MISTERIOSO UOMO
CHE PUO' DARCI UNA LUCE DEFINITIVA SULLA VERITA' INTORNO ALLA SCOMPARSA
DI ELVIS PRESLEY...
« Are you, Dad?»
La voce all'altro capo della cornetta era tenue e affettuosa.
«Yes, Elvis, I'm here. How are you, come stai?»
Il bambino sussulto' per un attimo, e racconto' al padre di come le cure stessero andando per il meglio, anche se lui soffriva, e di molto, il divieto dei medici di andare fuori.
Gli parlò del SuperBowl, di come era stato emozionante essere riuscito per la prima volta a
guardarlo, anche se in televisione.
« I'm glad for you, honey.Can I talk to your mom, now?
Elvis rintraccio' la madre nel corridoio d'ospedale, la quale discusse con l'ex-marito sui tempi di guarigione accorciati, nonché sulla possibilità che finalmente Elvis trascorresse insieme a lui, parte delle vacanze estive.
« I'm so happy, Jane...». Savino era contento, si. Perché il giudice aveva creduto al suo cuore di padre, prima di tutto, prima che la sua lontana presenza, si trasformasse in un mito.
 

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