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The Viollin (Il Violino)

DALLE STORIE  NARRATE IN
A SONG OF LOVE
BY
CARLO GABBI
IL VIOLINO
 
COME E’ NATA LA STORIA
Quando ero ragazzo un giorno ricevetti in regalo dal mio Godfather, direttore del Teatro dell’Opera di Cremona, un violino.
Quando frequentai le scuole superiori ebbi un brillante professore di matematica il quale era l’ultimo discendente di una famiglia di liutai, ed il capostipite, oltre 200 anni prima, aveva fatto parte della scuola dei Guarneri. Il professore era un tipo eccentrico ma un capace matematico. Aveva sempre una barba incolta, e nel vestire era alquanto trasandato. Ma forse  quelle erano le vestigie della sua indiscussa genialita`.
Ed ancora ricordo i giorni in cui le carovane degli zingari si accampavano vicino alla casa di  mia nonna in Tolmezzo. Ricordo il suono melodioso dei violini Gitani che risuonavano all’imbrunire con note di armoniosa poesia, le quali riflettevano la loro vita nomadica, malinconica e romantica che mi affascinava.
Come ultima cosa ricordo un giovane ufficiale subalterno, che era mio commilitone. Era l’ultimo Conte di M.. . . ,ed aveva una grande passione per la musica. Mi racconto` della sua vita e del modo in cui alla fine della Guerra la famiglia perse le propieta’ ed il castello, che si trovava aldila` del nuovo confine da poco tracciato a Gorizia. Venne tutto incamerato nell’allora Stato Yugoslavo.
Unendo tutti questi ricordi ed aggiungendo un bicciolo di fantasia e` come fu data vita a questa storia che ora vi presento.

 

 
IL VIOLINO.

 

Di professione sono liutaio. Per oltre duecento anni la mia famiglia ha creato violini di valore nella citta’ di Cremona. Io sono l’ultimo discendente in questa professione e non ho alcuno da tramandare i mille segreti ricevuti da mio padre nel modo di costruire violini capaci di creare un’armoniosa voce sonora.
Recentemente ed in un modo alquanto inaspettato, sono venuto in possesso di un raro Guarneri. Questo violino che prima aveva appartenuto ad una famiglia di valenti musicisti aveva pure condiviso con loro, segreti non comuni, di amore ed odio, desideri e disinlusioni, amicizie e tradimenti.
                                *    *     *
Nel corso del mio lavoro vado spesso in diverse citta` Europee e quanto racconto avenne una estate di molti anni fa, quando mi recai a Budapest per affari. Qualora andavo in quella citta` era mia abitudine pernottare nel villaggio di Balatan,  il quale e’ ben conosciuto per le innumerevoli taverne nelle quali si mangia bene e si possono bere pregiati Tokay prodotti nella regione.
Durante la mia ultima visita a Balatan ero in cerca del luogo migliore per trascorrere la serata in buona armonia, il che e` parte dell’ospitalita` locale. Camminavo lentamente lungo quella lunga strada che fiancheggiava il lago e spiavo attraverso i portali delle locande cercando pure tra quei cortili che avevano molti tavoli all’aperto e che erano parte di quei locali. Ero alla ricerca del luogo migliore, che fosse rilassante e non troppo affolato. Alla fine la mia scelta cadde su quello che aveva esposto all’ingresso un cartello che prometteva tutto in grandi lettere,
    “Qui` trovate buona compagnia, buon vino, e musica eccelente.”
~ * ~
Era pronto a ritornare al mio hotel, quando, in quella locanda, arrivo` uno dei molti musicisti girovaghi che usualmente si alternavano nel giro della notte nelle locande locali.
Sembrava un tipo molto strano, era dinoccolato ed impettito. Sfoggiava lunghi baffi neri che rappresentavano la moda ed il grandore del secolo passato. In contrasto ai baffi, neri corvini, la sua capigliatura era di un bianco-sporco ed era annodata in una lunga, spessa treccia. Osservai quanto la sua persona fosse incredibilmente trasandata. La faccia era coperta con un pelo irsuto, che sembrava di non aver visto l’uso di un buon rasoio da almeno due settimane. Era la totale rappresentazione del vagabondo, con una presenza sporca e ripugnante.
Indossava una larga giacca impermeabile di uso comune per i cocchieri di diligenza, che all’intorno facevano ancora servizio nei luoghi rurali e, si vedeva spuntare dal di sotto di quella strana palandrana, (incredibile a dirsi), una camicia, che se fresca di bucato, sarebbe stata magnifica, ornata con mille fronzoli e pizzi che correvono all’intorno del collo e che poi scendevano sul fronte di essa. In piu`, per completare quelle bizzarrie, calzava vecchi stivaloni da cavalerizzo, i quali pure avevano visto tempi migliori. A completare quella visione disgustosa, gli indumenti che indossava sembravano di non aver mai visto una prodigo bucato di acqua e sapone, a parte l’occasionale ed inclemente acquazzone che lo avesse raggiunto nelle lunghe estati durante il suo peregrinare.
 Generalmente avviene che persone come il nostro musicante, erano incuranti della incongruita` del suo aspetto, e questo non sembrava interessarlo. Vidi con quanta fierezza si eresse dritto ed imponente al di sopra del podio, il quale era posto alla estremita` della sala.
Notai pure come i suoi occhi fossero taglienti e brucianti, e in essi si notava odio per la sua pubblica presentazione al pubblico. Con disprezzo alzo` la sua voce al di sopra del chiacchereccio della sala affolata e con un forte timbro baritonale, intimo’ silenzio ai presenti seduti all’intorno.
Poi, nel modo elegante che viene usato nei teatri, si inchino’ verso l’udienza. Ma nel parlare fu nuovamente insolente, dicendo, “Non sapete quanto fortunati siete stasera di avermi qui ad intrattenervi. Avviene molto raramente che per il misero costo di alcuni forints, e che io lascio deterteminare al vostro buon cuore, voi possiate udire un musicista di gran talento, quanto io sono, capace di presentarvi il meglio di eccelenti pezzi musicali.”
Quindi alzo’ il violino alla spalla e diede inizio alle richieste melodie. Si udivano le note di Strauss e Lehar che risuonavano all’intorno nella sala. Era musica ben eseguita che subito piacque al pubblico il quale ammutoli`. Poi, divenne una gara  tra i presenti nell’offrire, tra suonata e suonata, larghi bicchieri di Tokay all’artista e allo stesso tempo richiedere l’esecuzione di nuove suonate, che lui virtuosamente musicava.
Come gli altri nella folla, pure io fui attratto dalla bravura di solista, ed allo stesso tempo notai pure il suono melodioso che proveniva dal quel violino.
Era inconfondibile. Lo riconobbi subito e non ne avevo dubbi di chi potesse aver creato quel liuto. Solamente un Guarneri era capace a produrre tale complessa rotondita` di suono. Mi chiesi come fosse possibile che un violino di tale rarita` e valore fosse nelle mani di un suonatore cosi` miserabile e se mai eistesse una plausibile risposta capace a spiegare la connessione tra quel suonatore male in arnese ed il suo prestigioso violino. Era mai possibile che quell’instrumento fosse veramente suo? Mi chiesi pure, se lui fosse in grado di comprendere l’innestimabile valore monetario di quel violino.”
Alla fine mi ricredetti sul talento musicale di quel musicista. Riconobbi che il solista era capace. Ma con quelle conclusioni ancor piu` affioravano in me mille domande alle quali non potevo dar risposta, ‘Perche`mai egli, cosi` dotato, non si esebiva nei migliori teatri internazionali?’
Ero perplesso ed intuivo che esistessero misteri nella vita di quest’uomo.
A quel punto fui distratto bruscamente dai miei pensieri. Vedevo il nostro violinista muoversi da tavolo a tavolo mentre esguiva squisite melodie tzigane, e che pur sempre non dimenticava quelle offerte generose di calici di Tokay.
Poi incomincio` a creare musiche dolci e sublimi, prendendo cosi` le vestige di un Cupido, dedicando la sua musica alle coppiette vicine. Allo stesso tempo non dimenticava quelle povere donne senza cavaliere, e le colmava con astuta prodigalita` con la sua musica che sendeva ai loro cuori. Mai, nel girovagare all’intorno, dimentico` di raccogliere quelle monete che gli venivano offerte, e ringraziava tutti con un sorriso, anche coloro che spingevano verso di lui un altro bicchiere di Tokay.
Alla fine di quel primo giro tra i tavoli ritorno’ sul podio. Nuovamente si inchino` e imperativamente chiese l’attenzione del pubblico, declamando nell’usuale alto tono di voce, “Sono propenso ad offrire il mio servizio di musicista a colui che sia capace di fare un’offerta appropiata in denaro, anche se puo` essere negoziabile. Chiedete la sonata tra` le piu` difficili ed anche la meno conosciuta, ed io son certo di  presentarla al prezzo che stipuleremo.”
Vi furono diverse offerte che lui rifiuto` sul fatto che la loro offerta era troppo misera in denaro oppure non fosse all’altezza della bravura di un musicante della sua taglia.
Poi stanco di quell’inutile mercanteggiare, si rivolse a me, “A lei signore che sembra una persona con un acume affinato e che al mio parere sembra pure un buon conoscitore di musica. Dica caro signore, il nome di quel pezzo musicale piu`difficile nell’esecuzione e dica pure quanto e` propenso a mettere sul piatto, per il privilegio di udire tale pezzo musicale.”
Fui sovrapensiero per alcuni secondi, poi dissi, “...Eeemmm, certo mi piacerebbe udire I Capricci di Paganini...”
Sapevo che questo e’ uno dei pezzi musicali al quale molti musicisti si rifiutano di presentare nel loro programma perche` e` talmente arduo e ben pochi virtuosi rischiano di esguire. Pensavo in quel modo di aver scoraggiato il mio musicista. Trovai invece di quanto fosse temerario e presuntuoso della sua capacita’. Si inchino’ verso di me dicendomi, “Finalmente in fronte a noi abbiamo un vero conoscitore di musica. E` ragione di gioia per noi tutti, quindi invito i presenti a brindare alla sua grande erudizione. Ma poi, dica pure qual’e’ la sua offerta per il privilegio di udire tale virtuosa suonata?”
“Sono diecimilla forints una somma accettabile?” Gli risposi.
Consideravo quella come un’offerta generosa. Ma il soloista se ne stette grave e pensieroso per un tempo imprecisato. Poi farfuglio’, “Diecimila? Ha lei veramente offerto diecimila forints?”
Compresi di quanto si sentisse offeso per l’offerta. Pensava che per cosi` poco denaro fosse per lui denigrante di accettare e di esibirsi in quella astrusa suonata per violino. Vidi il disdegno per la mia misera offerta ma allo stesso tempo capii la sua necessita` per quel denaro. Era evidente quanto stava attraversando il suo pensiero.
Non mi rispose direttamente. Ma giro’ la sua schiena verso di me, ripangandomi in quel modo per l’oltraggio inflittogli. Si concentro’ brevemente per far scaturire dalla memoria quelle note ben poco usate, poi, alzo’ il violino alla spalla estraendo con l’archetto, magiche note melodiose, note che possibilmente non aveva suonato da lungo tempo. Ugualmente fu una esecuzione musicale perfetta che solo ben pochi celibri musicisti possono produrre.
Riconobbi in lui un virtuoso. I miei pensieri rivangarono in tempi passati. Ritorno` cosi` vivida la visione di molti anni indietro, durante un importante concerto. Fu il tempo che per la prima volta udii la suonata di Paganini, I Capricci. Fu all’Opera House di Budapest, alcuni mese prima che la Seconda Guerra Mondiale iniziasse. Ricordo che in quell’occasione si esibiva un givane e promettente violinista, il quale appunto presento’ I Capricci di Pagaini e dimostro` di essere un grande virtuoso.
 Mi chiesi, “Puo’ mai essere lui lo stesso violinista?”
 Non ero certo del musicista, ma avevo ben riconosciuto il violino. In entrambe le esecuzioni era indubbiamente lo stesso, capace di sprigionare le note della suonata nella stessa inequivocabile voce.
         La suonata giunse alle note finali, ed il virtuoso si avvicino’ a me. Avevo pronto per lui i denari della mia offerta. Ero ansioso di poter rivolgergli alcune domande che rimurginavano nella mia mente.
Quando mi fu vicino mi fece un inchino da vero professionista, completo ed elegante. Mi disse,“Mille grazie signore. Sempre ai suopi servizi, signore.”
Ma il suo sguardo non era umile. Lo vidi altero e sprezzante verso di me, e  oscenamente alzo il dito medio verso l’alto, facendomi comprendere il suo pensiero. Ripagava in quel modo il disgusto in lui nell’averlo mortificato nell’ accettare tale miserevole parcella per la sua esibizione .
 
~ * ~
 Fine parte 1  Leggete parte 2 presto
 
 
 

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