La speranza di sfuggire all'incertezza.
Ho suonato per un po' il piano. Per un po' ho giocato a basket. Ancora un po', più in là, ho cantato. E ancora,
per un po' sono andata a messa. Così forse si deve viaggiare, un po' per di qua, un po' per di là. Ma che senso ha? Come si fa a capire di che sostanza sono, di polvere, pulviscolo o semplice liquido, trasparente, anonimo, velluto cadenzato, giù per la pelle. Rivoltandosi in vesti di infante, poi di giovane ignara di cosa significa primavera dell'amore e l'inferno della speranza.
Poi calzi le maglie più lunghe, più larghe, ti tocchi la ciccia ai fianchi. Ma io lo specchio lo vorrei colorato, di altri colori, di altre ombre figure incensi atti a risuonare nel di qua, dalla mia parte.
Non c'è fuoco che non contamini la mia carne
non c'è anima che affigga la mia sostanza al chiodo. Vorrai ballonzolare su e giù con le gambe, su questo "tirammolla", la presa è dura, ma la resistenza è poca. Non so chi sei, c'è paura di perdere la prospettiva, l'interesse verso ciò che si è. Se poi mi dici che ci si innamora più volte. Ebbene sì, anche io lo faccio, in modo distratto, ma lo faccio, ogni giorno, ogni istante che guardo un viso, sconosciuto per fato o voluta circostanza. Mi dico: è lui! Ma ogni volta è una scelta stucchevole, che si perde per il maestrale e vieppiù, piangendo in una cabina, dove lo più sconosciuto sembra esserti amico e piangere con te. Proprio quando non ci si conosce si ha rivelazione, o lo strano e consueto miraggio, non me ne vogliate, di una nota affine, un segno indicibile di contatto. Ci si appartiene di più nella non-conoscenza che nei riguardi della più profonda trasparenza. Come uno stagno che non può mentire la sua natura poco limpida. E' la semplicità che ti fa amica dell'altro.
Ti lasci soffocare quasi laconicamente
alla gioia di concederti e nella distrazione c'è sempre qualcuno che pronto ti "sgama", in quello sguardo appoggiato al finestrino. Senti di essere innocente.
E invece, in quella cabina, c'è sempre un'apetta che punge il tuo ciglio, invisibile, non fa male, ma c'è, sempre! Qualcosa ti sveglia dai viaggi pensieri incolumi
e torni a vegliare sulle tue occupazioni, i tuoi sogni, così, alla luce del sole e rischi,
in quel momento sei tutto ciò che vorresti essere, la persona più coraggiosa e audace di questo mondo. Diamine se mi piaci. Quanto sei bello quando ti sposti la resina dai capelli, quanto sei lugubre, ma allo stesso, imperdibile, quando avvolgi le mani a nido, come per abbracciarti. Sei così termendamente sexy quando parli da solo...ahahah!!! Quante tirate d'orecchi ti farei, una bella "schioppettata" di mano in fronte, per farti capire che, per quanto tu senta di essere un estraneo, ci sono mille mila visi che ti stanno conoscendo, e magari proprio a te penseranno, un giorno, fra i racconti di vita passata..anzi! Di vita mangiata. In qualche modo siamo noi, sempre noi, in balia dell'accettazione di noi stessi e di ciò che accade, di ciò che permane e di ciò che diventa, e scorre. La fame vince sempre sull'istinto di sazietà.
Tu e la tua semplicità. Così allora pensi che vorresti amare. Già, nella semplicità di un gesto imprevisto, lento, che ti lasci capire dove si rifugia la materia che avvince e che scalda più di tutte, come una calda coperta.
Sarebbe bello, cara Mary, che questo gesto colga anche te. Non invidia, né malinconia.
E invece ti ritrovi a dar coraggio e incitare altri per cui sembra così facile, perché si stanno amando. Ti emozioni per due mani che si avviluppano, per due parole ricambiate, per due spiriti concisi che agognano l'infinito in quel puntino contemporaneo che fissano lontano. E sogni, perdi quasi ogni concezione del reale. Il dottore dice che ti fa male sognare troppo! Bah!
Lo sfidi un po' a provarci, un po di più.
Amare. (Un punto a seguire, nient'altro)
...
Io la vedo come la cosa più difficile da fare, fra tutte le cose che devo affrontare. Più della vita stessa, del vivere stesso, del sopravvivere a stenti, più dello studio, più del lavoro, di ciò che ti assume e ti provoca a provare.
Ciò di cui nutre mio spavento.
E di qui si potrà anche raccontare di me, di una che andava alla ricerca e che non ne trovò, mai. Ho già l'etichetta stampata.
Già! Chi come me lo sogna, quell'amore, vero eterno, da donna. Ecco! Vorrei amare come una donna, ora lo sono, o va béh, qualcosa che gli somiglia, ma sicuramente ci arriverò con tutte le scarpe alla fase in cui lo sarò pienamente.
E sicuramente sarà anche merito di ciò, anzi, (chiamamolo) CHI amo. Facile che mi troverà?
No. Forse improbabile, impossibile...per quelle come me.
Potrei donarmi pienamente a quel tappeto immacolato di sguardi, gesti, carezze...Potrei volare davvero, con la leggerezza di chi sa volare, e di chi sa che può cadere, ma lo fa ugualmente.
Sono la razionalità, la riflessione, la ponderazione
equamente districate
da una propensione a librarsi nel fluire di emozioni intense
incatenata e incantata fra favole e canzoni
quelle che ti rosicano dentro
e sembrano far male per quanto protentuose
spingono
Magari sarà un'illusione, un'altra concessione
ma sicuramente una possibilità in più
LA possibilità che potrebbe sfuggirmi, magari sì, magari no. Di sicuro sono qui
e l'aspetto con grande voglia
assatanata allupata divelta
Perdi me folle incertezza
amabile incomprensione
Perdimi
a labbra spalancate.
- Blog di Marika
- Login o registrati per inviare commenti
- 1395 letture