Scritto da © Untel - Gio, 25/10/2012 - 14:33
Senz’altre parole perché
ora
è la contrazione dei muscoli che m’importa;
e non è una poesia
la ragione dei miei pensieri,
ma che tu mi congedi del tutto
da ogni virtù che si dica incorrotta
mentre la mia mano sprofonda
e la tua bocca inspira.
Ma devi considerare il fatto che
il mio pensiero
vuole che il tuo ventre sia per un solo uomo
un solo bordello
che neanche Venezia conobbe
nel suo imene di velluto
e decorato.
Senz’altre parole
ora
a tergo sto, e ti prendo, e ti copro
e tu, brava! fingi,
fingi di sorprenderti
fingi per bene
la tua smorfia è abbastanza.
Come se non ti accorgessi
che solo il perverso ormai ti seduce.
La tua intima disposizione
sarà la pena più grande
del tuo più grande piacere.
Ecco la mia mano prepotente sul fianco
ed ecco l’altra che tiene il mio pene instabile
saldo
come un cedro del Libano.
Questo, questo batacchio
quasi orizzontale,
che non si inchina da gentiluomo
ma che si curva al cielo come un devoto astrologo,
ha bisogno del mio dito per portarlo a te
che dai le spalle senza rispetto
a colui che non desidera rispetto
ma il biancore del tuo culo che ricorda tanto la luna
quando si piega.
Ha bisogno del mio dito per portarlo in te
e delle tue dita che ingabbiano le palle
e le unghie per graffiarle.
In avanti con maniere schiette
evidentemente impure
si incastona fino a creare il vuoto
un vuoto talmente sordo
che lo sbattere diventa
un rumore remoto
da sentire nella testa come un qualunque ricordo.
E non sia mai detto che poi
non sarai tu a giocare
prevalere sul mio corpo infinitamente muto
infinitamente vinto alle tue inclinazioni
e non sarò io a concederlo
perché non ne avrò il tempo
compiacerti sarà il tuo scopo
compiacermi sarà il mio errore.
Allora dimmi
dimmelo tu
che cosa vuoi?!
Vuoi che anneghi fra le tue gambe
il viso incollato al tuo odore
e la mia lingua sventolare il suo lembo disperato?
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