Scritto da © Untel - Ven, 19/10/2012 - 13:41
In ogni caso tra ebrei e mendicanti
non voleva distinguersi
in plaza Miserere.
Salì su un fastidioso colectivos
rumoroso, pieno di gente
per andare a La Boca.
In piedi, una donna seduta al suo posto
spariva dietro l’impermeabile. Lui
stringeva forte un corrimano lurido
per trattenere qualcosa:
Buenos Aires era povera e bellissima.
Chiese di poter scendere al porto
per immaginare,
per sentire ancora l’odore sporco dell’acqua
del catrame
delle alghe che abbracciano le gomene fino a prua.
S’incamminò lungo un selciato nei suoi pensieri
lasciandosi dietro i disgraziati di quel dormitorio azzurro,
qualcuno pisciava sulla banchina
qualcun altro partiva.
Si lasciò dietro anche i gabbiani
liberi sul rio
e dai pensieri di un solitario
col fumo della sigaretta sul bavero alzato,
un solitario che non ritornerà più.
Arrivò a strada Caminito
nel frastuono dei colori
fra le case rosse, le case gialle, blu
vivide d’autunno come d’estate,
dove si sente ancora
la voce rauca dei genovesi
che con la vernice per le navi dipinsero i muri di La Boca.
Quel timbro feroce e dolce
mai corroso dal tempo
si slegò dal cuore perché sensuale da un conventillo
veniva un tango .
Attraversò il patio come uno spettro impudico
e lenta strusciante la passione era lì
al centro della corte
la passione mordace negli sguardi.
Un uomo e una donna
al suono del bandoneon ballavano il tango
e mai e poi mai un sorriso.
Ma lo sguardo più triste è di chi
sente la musica e non la tocca
di chi prende una rosa
e non si punge.
Se ne andò, di spalle alla musica.
La solitudine
è la puttana più fedele
sempre appresso finché
in una confiterias
si appoggiò al bancone e prese da bere.
La cameriera gli portò un sorriso e
per una volta lui alzò gli occhi.
“Sono come il rio i suoi occhi, signore,
azzurri e sporchi di catrame,
mi dica, ha perso una donna o la patria?”
Cingeva con due mani un bicchiere di Porto
sembrava che pregasse e infine
bassa la sua voce:
“Sono un desaparecido,
ho perso tutte e due”.
Alla fine della notte
salì su una chiatta a motore
e partì per l’ultima volta.
Immobile restò a poppa
a fissare un miraggio
le mani sconsolate nelle tasche
l’impermeabile stretto fino al collo.
Scomparve nella nebbia
coi gabbiani.
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