Scritto da © Untel - Sab, 15/09/2012 - 11:23
Torino era così disgraziata che spirare in un locale sotto i portici
era un modo per passare a miglior vita.
Un po’ di musica leggera ci stava
e Noesis si curvò sul bancone
avvicinando il barista
con l’aria di chi vuole farsi la confessione.
L’alito puzzava d’inquietudine
o se non era quella inquietudine
allora solo un buon pretesto:
“Quello che mi chiedo io va ben oltre Sartre
che sono convinto lei conosce a memoria.
La vita è un’istanza, l’unica che per non so quale ragione ci è concessa.
Io voglio capire perché il mio io si è destato in questo corpo.
Solo questo.
Mi chiedo perchemmai non si è svegliato nel corpo di Napoleone, di Charlie Chaplin
o di mia suocera. Perché? Lei lo sa il perché?
Perché io non sono mia suocera?
Lei conosce mia suocera? E’ l’essere più immondo della storia degli esseri immondi.
Potrebbe incontrarla in qualche mercato a scegliersi tra le bancarelle il pettegolezzo migliore.
Perché non sono lei
con tutto lo strato di pessimismo sulla pelle nei miei confronti?
Io sono io e basta!
Io! Non un altro. Io.
Né sono mai stato un altro nel corso dei secoli. Perché quindi ora?
Di questo lei dovrebbe indagare.
E’ strano come nella storia della razza umana mi è dato di vivere solo dal 1954.
Perché non sono del ‘45 o del ‘94?
Lei se fosse un po’ meno barista,
mi direbbe che esistono molteplici rinascite e che non ne abbiamo percezione.
La sento quasi trangugiare le parole.
Quindi io sarei stato molteplici io e magari
son passato da Pirandello, o dal più ligio falegname del 1943,
quando la richiesta di bare superava l’offerta.
E no, caro mio, potrei obiettare. Il suo è un pensiero metempsicotico, da studioso di Pitagora qual è.
Mi dica allora, perché nel presente sono io, soltanto io
e non un falegname dell’Afghanistan,
che costruisce bare persino al vento che soffia lungo Bala Murghab?
Quasi mi vien voglia di credere in dio. Ma oggi non è giornata.
E’ un pensiero troppo romantico.
Il fatto che lei è un barista è solo la seconda istanza. Mi dia un altro scotch”
“Magari basta”, rispose con tutti e due i polmoni,
ma girò una bottiglia di J&B con devozione.
“Lei è un barista e poiché è un barista non può che essere un barista.
Da barista non ha il potere di decidere se riempirmi il bicchiere,
altrimenti il suo superiore la licenzierà.
Se fosse il mio analista,
io sarei qui a prendere per buono il suo consiglio.
Ma un barista fa il suo dovere se tace e ammicca
e versa dello J&B,
magari con soda e del ghiaccio. Grazie”.
Torino era così disgraziata che spirare in un locale sotto i portici
era un modo per passare a miglior vita.
Un po’ di musica leggera ci stava
e Noesis si curvò sul bancone
avvicinando il barista
con l’aria di chi vuole farsi la confessione.
L’alito puzzava d’inquietudine
o se non era quella inquietudine
allora solo un buon pretesto:
“Quello che mi chiedo io va ben oltre Sartre
che sono convinto lei conosce a memoria.
La vita è un’istanza, l’unica che per non so quale ragione ci è concessa.
Io voglio capire perché il mio io si è destato in questo corpo.
Solo questo.
Mi chiedo perchemmai non si è svegliato nel corpo di Napoleone, di Charlie Chaplin
o di mia suocera. Perché? Lei lo sa il perché?
Perché io non sono mia suocera?
Lei conosce mia suocera? E’ l’essere più immondo della storia degli esseri immondi.
Potrebbe incontrarla in qualche mercato a scegliersi tra le bancarelle il pettegolezzo migliore.
Perché non sono lei
con tutto lo strato di pessimismo sulla pelle nei miei confronti?
Io sono io e basta!
Io! Non un altro. Io.
Né sono mai stato un altro nel corso dei secoli. Perché quindi ora?
Di questo lei dovrebbe indagare.
E’ strano come nella storia della razza umana mi è dato di vivere solo dal 1954.
Perché non sono del ‘45 o del ‘94?
Lei se fosse un po’ meno barista,
mi direbbe che esistono molteplici rinascite e che non ne abbiamo percezione.
La sento quasi trangugiare le parole.
Quindi io sarei stato molteplici io e magari
son passato da Pirandello, o dal più ligio falegname del 1943,
quando la richiesta di bare superava l’offerta.
E no, caro mio, potrei obiettare. Il suo è un pensiero metempsicotico, da studioso di Pitagora qual è.
Mi dica allora, perché nel presente sono io, soltanto io
e non un falegname dell’Afghanistan,
che costruisce bare persino al vento che soffia lungo Bala Murghab?
Quasi mi vien voglia di credere in dio. Ma oggi non è giornata.
E’ un pensiero troppo romantico.
Il fatto che lei è un barista è solo la seconda istanza. Mi dia un altro scotch”
“Magari basta”, rispose con tutti e due i polmoni,
ma girò una bottiglia di J&B con devozione.
“Lei è un barista e poiché è un barista non può che essere un barista.
Da barista non ha il potere di decidere se riempirmi il bicchiere,
altrimenti il suo superiore la licenzierà.
Se fosse il mio analista,
io sarei qui a prendere per buono il suo consiglio.
Ma un barista fa il suo dovere se tace e ammicca
e versa del J&B,
magari con soda e ghiaccio. Grazie”.
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