Scritto da © Untel - Dom, 09/12/2012 - 11:40
Non segna nei registri
non annota nulla,
ha una memoria infallibile e le dita gialle.
Serecus non sa leggere né scrivere
solo ricordare.
Dal viso di un frantoista -più che di un venditore raffinato,
ha sviluppato un burbero silenzio.
Premuroso
sistema sugli scaffali l’uno accanto all’altro
i lettori,
scrupoloso
dà ad ognuno la giusta collocazione
e li tiene tutti a mente.
Nel reparto scrittori infila i poeti
che sono davvero pochi
e qualche romanziere in esubero
tra chi presume d’esserlo
e i pessimisti.
Chi non hai mai scritto
nello scaffale degli oziosi, a portata di mano,
insieme con chi non fa che immaginare
le sue cellule nelle stampe
e nel quiete successo delle ristampe.
Molti di essi sono in vetrina
sotto l’insegna a neon
come quelle dei vecchi bar;
Serecus & Co.taglia i pomeriggi muti
le sere inutili
ma Co. sta un po’per modestia,
un po’ per solitudine.
A Serecus non piacciono quelli di sinistra
li confonde e si stizza
scuote la testa, percuote l’aria con il naso
perché non distingue l’anticonformista vezzoso
da quello battuto.
Quando gli arrivano imballati
la scritta Fragile lo inalbera.
poi l’infila nello scaffale in vista:
quelli di sinistra, in fondo, si vendono numerosi
sono lettori intensi, anche se qualcuno
resta intonso.
Serecus apre alle undici
accende Serecus &Co.,
e attende i clienti.
Un pomeriggio capitò che
entrò un libro di Dostoevskij, Le notti bianche,
che si mise a girare tra gli scaffali sbadato
sognante, fece incetta di lettori
molti erano di sinistra
quasi a compiacere il venditore.
E fu la volta della Divina Commedia,
riverente e cortese
che si perse tra gli scaffali al centro della bottega.
Fu sorpreso dalla Bibbia
che adunò gli stessi lettori con più avidità.
Nel tardo pomeriggio entrò La luna e i falò di Pavese
straordinariamente accompagnato da Il lupo della steppa di Hesse
che chiesero a Serecus un motivo per il quale
la moda si sviluppa in orizzontale.
Cercando intuizioni trasversali,il loro ospite
non disse alcunché.
Fecero man bassa di lettori e se ne andarono indolenti.
A sera bussò I Fiori del male di Baudelaire
Serecus fece segno di entrare e non gli proibì
di fumare la sua pipa d’avorio.
Si aggirò nel negozio inspirando lungamente
e tra i poeti mediocri soffiava.
Se ne andò col suo carico di lettori
scrittori dozzinali
idioti del settore.
Non salutò perché infastidito dallo sguardo di un libro
uno sguardo devoto, affascinato,
che incrociò sulla porta.
Questi stava entrando quando Serecus parlò:
“Lei chi è?”
Rispose: “Un poema”.
“E come si chiama?”
Timido fece: “I gilet di Battiato”
“Io non la conosco” incalzò Serecus
“Sono un libro autofinanziato, cerco dei lettori”
“Buona fortuna” indicandogli il corridoio degli scaffali.
I gilet di Battiato si avvicinò ai lettori di sinistra e fece per tirarne uno a sé
senza riuscirci.
Provò con un altro, il quale non si mosse, restando a bere la polvere.
“Sembrano facili quelli,ma sono più snob dei perbenisti! –irruppe Serecus,
che lo seguiva sottecchi-
mi fanno perdere completamente la trebisonda”.
Insicuro il poema si diresse verso gli idioti
che ostentavano la loro virtù.
Ignoranti, sfrontati, immobili reazionari
opposero resistenza. Si negarono.
I gilet di Battiato non aveva neanche l’arroganza di disprezzare,
era fatto di una bella copertina in bianco e nero.
Nella foto un uomo poco evidente
alto, attempato e con gli occhiali. Poteva essere chiunque.
Sulla quarta di copertina soltanto un verso:
“Ho dimenticato il veleno del mondo
per morire avvelenato tra le tue braccia”
Chi aveva detto quella frase?
Lo sapeva Serecus?
Non sapeva leggere, ma un infimo dolore complottò con lo sgomento del nuovo cliente:
“Mio Dio, sprovveduto di un libro!
Cerchi in fondo al corridoio, sugli scaffali degli amici e dei parenti,
loro non diranno di no”
L’invito messianico attenuò lo sconforto del poema,
ma la messe da quelle parti
fu magra come il raccolto di grano duro dopo le piogge.
Il libro se ne andò più o meno felice
finché quel demonio di Serecus
lo accomiatò dicendo:
“E torni prima che lei vada fuori produzione”.
Poi tacque daccapo
e per molto tempo.
Ancora oggi.
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