Button K (le ultime 3) (santa pazienza!) | Poesia | Untel | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Button K (le ultime 3) (santa pazienza!)

 
 
VII
E tutto questo silenzio lo dobbiamo a qualcosa di drammatico.
Ne parlerei volentieri alla fine.
Inesorabilmente mi imbattevo in squallide figure sul pavimento. Puntando mani e ginocchia, ero alla recherce du K perdu.
 
Mi mancava, a me come ai terroni N e B, come a quel balbuziente di C, che cincischia le volte in cui si sente a disagio prima di H e negli elementi cacofonici.
Ad un tratto un canto, seducente. Mi rapirono le sirene:
erano millepiedi che confabulavano lungo i battiscopa, qualcuno si aggrovigliò.
Carponi, carponi,  ogni mattonella  era una piazza. Il pavimento diventò la Prospettiva Nevskij. Fra il Palazzo d’Inverno e l’Ammiragliato  mi misi in verticale.
Intanto nevicava o era la polvere.
Sentii dire dietro ad un lampione o una candela: “Io ti voglio come sei, così come tu non mi vuoi come sono. Ed è meraviglioso”.
Aveva la stessa voce di K.
 
 
 
VIII
No, non era K. Era solo Putin che parlava ad un ufficiale d’amore e di devozione.
Tornai a seguire i canali fra le piastrelle e sui parapetti di Griboedov aspiranti suicidi si stupivano del
dolore.
Mi piaceva sentire il freddo di ottobre e gli spari della rivoluzione.
Più in là nel tempo, appoggiato contro una gamba della sedia, messa lì al posto di una cattedrale,
Puskin parlava della percentuale di nicotina e delle salse rosa.
 
 
 
IX
Di K non avevo la più pallida idea e scambiai la porta della mia stanza con il porto da dove vedevo il golfo di
Finlandia.
Sulla foce la voce di K:
era Tolstoj che veniva dalla steppa, laggiù dietro all’armadio, mentre
parlava di cosmesi con la barba annodata.
Non mi fidavo e i miei pensieri si preparavano rifugi di pessimismo dove incedere con le ginocchia rosse.
E le formiche scampate ai gulag mi indicarono la stazione
il binario numero uno da dove una scarpa stava per partire.
Portava a Mosca e da lì avrei preso un’altra scarpa della RZD che andava fino a Nizza,
passando dalla mia tastiera e poi da Menton, dove ho trascorso le vacanze estive.
Sono partito, salutando dai fori delle stringhe le formiche
che non avevo più lacrime seccate dalla neve salata.
Al confine della tastiera sono sceso, mi ero sufficientemente annoiato delle tazze di tè
e dei discorsi sulle azalee di un immigrato, mio malgrado
di fronte a me: Sarkozy.
Ed ecco la mia agognata tastiera, qui davanti a me e un K remissivo
comodo da pigiare.
Voglio chiarire che non è lui, il mio caro K, sparito nel nulla: è un altro.
La mia tastiera è qui, la mia Repubblica che ho mandato in assistenza,
per sostituire un tasto e l’unico conforto è questo certificato di garanzia imperituro.
Me l’hanno concesso per pietà, solo per quello. 
 

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