Scritto da © Untel - Gio, 18/10/2012 - 08:21
Non era facile,
il suo falso nome suonava male.
Non era facile voltarsi, quando qualcuno chiamava.
Quel nome conveniva per tornare nel suo paese
e viverci una stagione almeno,
al trotto di un cavallo per risalire il Mapocho
fino alla sciarada di nuvole sopre le Ande.
Il Cile era ormai un teatro di soldati, che si prendevano sul serio
troppo sul serio e lui
doveva sedersi come un borghese
e fingere davanti alla scena.
Gli attori graduati occupavano la storia
i fucili la parte di sotto del proscenio.
Pinochet speculava sulla democrazia
aveva esiliato pensieri, saggezza
e soffiato forte per spazzare i poeti.
Non sapeva che i poeti sono come le foglie:
si allontanano prima di piegare il dorso
e tornare.
Agustin se n’era andato dagli schieramenti urlanti
che battevano i manici dei fucili per pulsare nel torace della gente
che rompevano il fiato alla parola: Fuoco!
Ma ritornò.
Tornò con la faccia di cera, lucida sugli zigomi, sul mento,
la faccia di un ciarlatano invisibile alla morte.
Un maquillage beffardo per fingere
e fingere
per scrivere una poesia tra gli sciacalli in divisa, che mordevano la libertà agli angoli di Santiago.
La libertà era spirata mirando sulla cordigliera
un condor frastornato.
Ci tornò con un viso diverso perché di lui si sapeva tutto
delle piume che si rizzavano al vento
dell’agonia che sferrava silenzi.
Ma se sorrideva,
e che sorriso!
era finito.
Sospirava come il suono di un flauto andino
prima di emettere un colpo di gola.
Un giorno qualcuno gli disse:
per restare una stagione a Santiago non devi sorridere.
Se sorridi, tu muori.
Agustin faceva bene la sua parte
e galoppò fino a toccare i muri delle segrete.
Tutto l’oceano sembrava un’immensa latrina
compresso dal cielo come una botola,
e un giorno un soldato gli disse, così per caso:
“Il Cile non è un posto per i poeti”.
Agustin sorrise.
Un condor passò elegante,
con ali immense aprì al vento un filo nero.
Sapeva di carbone, zolfo e salnitro.
Il filo attraversò il confine,
sfilò sulle gole imprecanti degli esuli
e si intrecciò ai capillari prima di svanire all’orizzonte.
Ogni sguardo all’orizzonte moriva sulle Ande.
Santiago era libera
il Cile respirava tra pesanti sbarre.
Lentamente calò il sipario,
un sipario sangriento
come il vino della valle del Rapel.
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