Scritto da © Phantom - Gio, 13/01/2011 - 15:46
L’amore che scaldava l’anima di Laura era grande come il mondo che le ruotava intorno. Ogni volta che lei guardava il volto di Fred, oppure soltanto ne percepiva il profumo, i suoi occhi si accendevano di passione. In quei momenti lei avrebbe pagato chissà cosa per chiudersi nelle braccia del suo uomo e baciarlo. «Abbracciami, stupido!» - era l’implorazione che lei gli rivolgeva di continuo. Ma Fred, che pure le stava a fianco, sembrava non ascoltarla. «Per amare ci vuole coraggio.» – era la sua considerazione. «Io ne ho da vendere, ma non basta... non può bastare...» - ripeteva fra sé, mentre continuava a fissarla con sguardo freddo ed impassibile. «Sarei disposto a fare qualsiasi sacrificio pur di vivere da uomo accanto a lei…»
Anche lui era perdutamente innamorato di Laura. Anche lui avrebbe voluto prendere per mano quella creatura meravigliosa con la quale divideva la sua vita e portarla per le vie di un mondo che sembrava regalare gioia infinita. Ma non sarebbe mai sceso dalla bicicletta per realizzare il suo sogno. Non poteva. E questa era la sua disgrazia, la sua disperazione!
Fred era una manichino. Come Laura.
Entrambi si trovavano nel reparto abbigliamento al quinto piano di Macy’s, il grande magazzino di New York. In quel periodo davano vita ad una coppia di sportivi. Lei indossava un completo da tennis, lui una muta da ciclista. «I sogni che si realizzano sono merce rara». - amava ripetersi Fred, che da qualche tempo era scivolato nella più totale rassegnazione.
Sapeva bene che recidere i legami della materia e conquistare la vita degli uomini era un sogno irrealizzabile. Laura no. Sperava. Meglio, ci credeva. E attendeva con incrollabile fiducia il giorno in cui avrebbe fatto il salto con Fred dentro all’infinito.
Quando una lacrima, invisibile agli occhi degli uomini, ancora una volta, rigò il viso della sua donna, Fred ebbe un moto di ribellione. Aveva voglia di urlare e lo avrebbe fatto, se avesse potuto. E pianto. ‘Per amare ci vuole coraggio…’ , continuava a ripetersi, ma non era quello che gli faceva difetto.
In quel grigio giorno di dicembre, la vita per le strade di New York fluiva con il solito, frenetico ritmo. Nel cielo, fin dalle prime ore del mattino, si erano andate accumulando soffici nubi che poi erano schizzate a quote altissime. Il fragore di un tuono a mezzogiorno annunciò l’arrivo del temporale. Una pioggia diagonale e dura cominciò a cadere sulla metropoli. I grattacieli, sotto il soffio di venti rabbiosi, oscillavano come giganteschi pendoli e le foglie si staccavano via dagli alberi disegnando traiettorie imprevedibili. In un impeto di rabbia, il vento si scagliò sulla parte orientale della città risucchiando tutto quello che incontrava sul suo cammino.
D’un tratto, un fulmine cadde su Macy’s. Squarciò la vetrata che dava sulla trentaquattresima strada ed entrò nel quinto piano, quello dell’abbigliamento sportivo. I cavi elettrici, tranciati di netto dalla rovinosa caduta dei pannelli dentro cui erano imprigionati, dettero vita ad un incendio. dettero vita ad un incendio che in un tempo brevissimo divenne furioso. A quel punto tutte le persone al vedere le fiamme, il fumo, i calcinacci, colte da panico, cominciarono a riversarsi sulle scale.
Fu allora che un getto di aria fredda, densa come nebbia d’autunno, entrò dalla vetrata infranta e sparse un sottile strato di gelo su tutto ciò che incontrò, anche sulle fiamme. Queste si spensero di colpo. Con un suono simile ad uno schiocco di frusta il getto si diresse verso Laura e Fred. Li colpì e poi fuggì via. I due manichini rotolarono a terra.
- Cosa è successo? - si chiese Laura, mentre cercava di rimettersi in piedi.
- Accidenti, ma questo è sangue! - esclamò Fred guardandosi le mani.
Ci volle un po’ di tempo prima che entrambi prendessero coscienza dell’accaduto. La preoccupazione che i due ebbero, subito dopo la caduta, fu quella di ritornare alla posizione eretta, l’unica che conoscevano. Il dolore, che stavano provando un po’ per tutto il corpo, li aveva distolti dalla consapevolezza di essere diventati quello che sempre avevano desiderato: due esseri umani.
Fu Laura la prima a capire che la realtà che stava vivendo era del tutto diversa da quella che conosceva. D’istinto corse con lo sguardo su Fred. Questi si stava guardando i polpastrelli. Con meraviglia. Sentì lo sguardo di Laura e si girò verso di lei: gli occhi di lei brillavano di una luce nuova.
Fu allora che prese coscienza della nuova, sconcertante realtà. Si avvicinò con movimento lento a lei, che era ancora a terra, e le si sedette accanto. Girò e rigirò le palme più volte e mosse le dita come se tentasse di prendere qualcosa. Sorrise. Era stupito e ammirato di quegli strumenti nuovi che ora aveva. Ne approfittò per accarezzare il viso di Laura. Lei invece li usò per stringere a sé il suo uomo. Entrambi si abbandonarono ad un pianto liberatorio, godendo delle dolci sensazioni che il contatto dei loro corpi caldi generava. Si guardarono a lungo negli occhi prima di scambiarsi un lungo e dolcissimo bacio.
La magia di quegli istanti non durò a lungo. Laura ebbe un brivido.
- Fred, ho freddo… - disse, scossa da un brivido.
- Anch’io. - rispose lui, toccandosi lo zigomo che sanguinava per via di un taglio. - Vado a cercare qualcosa da indossare.
L’uomo si portò sul versante opposto del piano, là dove sapeva che c’erano i capi invernali. Un giubbotto di pelle, appeso alla sedia della cassa, attrasse la sua attenzione. Lo indossò. Raccolse quindi un maglione ed un pesante soprabito per Laura. Quando tornò da lei, la donna era intirizzita al punto che quasi non riusciva a parlare.
- Avevo sempre creduto... che un giorno... il nostro sogno si sarebbe realizzato… - disse Laura mentre schiacciava il viso contro il petto muscoloso di Fred.
- L’ho sempre sperato, ma mi sembrava impossibile. - rispose lui.
Cominciarono a scendere a piedi le scale mobili, bloccate dalla mancanza di energia elettrica, ed arrivarono al piano terra. La confusione era totale e loro ne approfittarono per uscire all’aperto.
Fuori la situazione era ancora più caotica. Pompieri, ambulanze e mille e più rappresentanti di emittenti radiotelevisive erano arrivati sul posto con imponenza di mezzi. La polizia aveva messo strisce di nastro bianco e rosso attorno all’edificio per impedirne l’accesso.
Fred e Laura entrarono nel loro nuovo mondo con incertezza e soprattutto paura. Il timore che qualcuno potesse privarli della libertà appena conquistata li spinse ad allontanarsi in fretta dall’edificio.
Facendosi forza l’un l’altro, mano nella mano, si confusero fra la folla che sciamava sulla trentaquattresima strada, incuranti della pioggia che li bagnava. Erano due pulcini felici e questo bastava. Si guardarono ancora una volta stupiti: erano davvero esseri umani come gli altri?
Stretti a braccetto, camminarono a lungo sotto la pioggia fino ad arrivare a Central Park. Sfiniti, sedettero su una panchina semi nascosta da un cespuglio. Fred strinse Laura a sé e la baciò. Il bacio liberò la scintilla della passione e i loro corpi divamparono come torce: i due consumarono un amore a lungo vagheggiato su una panchina bagnata.
- Non avrei mai creduto che la vita degli uomini fosse così straordinaria! - disse Laura incredula.
- Neanche io. - aggiunse Fred, felice e ansioso come un ragazzino che aspetta i regali la notte di Natale.
Laura dette un leggero colpo di tosse.
- Ho fame e freddo, amore… – sussurrò, quasi scusandosi della richiesta.
- Anch’io. – rispose Fred accostando il suo viso a quello di lei.
Il loro corpo cominciava a manifestare bisogni ai quali i due, per forza di cose, non erano pronti a reagire. Non sapevano neppure cosa fare per soddisfarli. Fu l’istinto ad indicare ai due neonati la strada da seguire.
- Dobbiamo trovare da mangiare e soprattutto un riparo. – propose deciso Fred.
Dalla sua precedente vita, aveva imparato che per comperare qualsiasi cosa occorre denaro. Quel pensiero lo atterrì. Dove l’avrebbe trovato? Una folgorazione improvvisa però lo spinse a frugarsi addosso. Da una delle tasche del giubbotto estrasse un portafoglio.
- Ecco la nostra salvezza! – disse con entusiasmo infantile, mostrando a Laura i biglietti verdi che trovò all’interno.
Fu così che, camminando senza meta, i due si ritrovarono a Times Square. Lì c’era più di qualcuno con un sacchetto in mano da cui prendeva da mangiare. Non impiegarono molto a capire che dentro a quei sacchetti c’era proprio quello di cui avevano bisogno: cibo. Quando si trovarono di fronte un grande McDonald’s si convinsero di essere arrivati al posto giusto. Entrarono decisi e d ordinarono indicando il menù che volevano. Un gentile commesso mise sul vassoio hamburger e patatine ed essi, per la prima volta, mangiarono.
Scoprirono allora che il cibo e le bevande erano cosa piacevole. Ed erano anche una buona medicina per il loro male, visto che, dalle bollenti tazze di caffè che bevvero, i loro corpi trassero immediato conforto.
Altro tempo passò. Laura, il cui viso si era acceso di un rosso vivo, agli occhi di Fred divenne ancora più bella. Lei reclinò la testa sul tavolo e si addormentò. Fred le sfiorò il collo con un bacio. Sentì che era molto calda. Quasi bruciava, ma lui non se ne preoccupò. Non poteva essere diversamente. Come Laura, cadde in un sonno profondo.
Quando arrivò l’ora della chiusura, un inserviente del locale li risvegliò. Laura faticò a riprendersi. Nel mettersi in piedi, addirittura vacillò e Fred faticò a farle riacquistare l’equilibrio. Fu costretto a sostenerla.
I due ripresero il loro girovagare senza meta. Il freddo divenne ancora più pungente e cominciò a mordere con ferocia i loro corpi. Entrambi avevano un disperato bisogno di calore e Fred capì che doveva trovare un luogo confortevole al più presto. La fortuna strizzò loro l’occhio. Non molto lontano c’erano degli uomini che stavano scaricando da un camion scatoloni che altri portavano in un grande magazzino. Laura e Fred, furtivamente, si introdussero nel locale. L’ambiente era grande e ben riscaldato. Lì avrebbero allestito la loro camera da letto. Fred prese uno scatolone vuoto, lo aprì, lo adagiò a terra, quindi aiutò Laura a sistemarsi. Il corpo della donna era diventato incandescente: una febbre altissima lo stava divorando.
- Amore, non riesco a respirare… - disse lei.
- Cerca di riposare. - la incoraggiò Fred.
- Sì. - rispose Laura arrendevole, con un filo di voce.
La donna tossì una volta, una seconda, poi a lungo. La tosse le procurava dolore per tutto il corpo. Sfinita, si abbandonò al sonno. Anche Fred crollò. I due si svegliarono quando ormai il sole era salito in cima all’Empire State Building. Purtroppo le sofferenze di Laura non erano terminate. Fred, cercò di darle conforto, ma poco poteva fare contro la polmonite che stava consumando la sua donna. Il freddo patito nel primo giorno di vita, quando avevano camminato indifesi sotto la pioggia, aveva avuto facile vittoria su entrambi.
- Stammi vicino, Fred… sto male. - implorò lei.
Nel suo mondo era calata una nebbia che rendeva i contorni della realtà sempre più indefiniti.
- Sì, amore. – rispose lui inquieto.
La nuova realtà cominciava a fargli paura. Ma riuscì a pescare nel fondo della sua anima un po’ di ottimismo.
- Passerà tutto questo e poi avrò, anzi avremo – si corresse. - tutto quello che abbiamo sempre sognato…
D’un tratto una corrente d’aria fredda lo investì. Una voce profonda pronunciò il suo nome e Fred rabbrividì.
- Chi mi chiama? - si chiese sorpreso.
- Il mio nome non importa. Mi manda Colui che vi ha dato la vita.
Fred si guardò intorno. Ma non vide nessuno. La voce riprese a parlare.
- Volevo dirvi che grande è il suo amore per voi.
- Soffro… - rispose Fred. - Non era questa la vita che volevo… e non la voleva nemmeno lei… ne sono sicuro… - aggiunse.
- Non ti eri dichiarato pronto a sopportare qualsiasi sacrificio pur di vivere da uomo accanto a lei?
- Ho coraggio da vendere… ma lei soffre… e anch’io soffro… perché?
- Perché grande è il premio finale che spetta ad entrambi.
- Non voglio premi… io… io voglio soltanto lei…
- Lei morirà, Fred. È scritto così. É il prezzo che dovete pagare in cambio del dono ricevuto.
- Perché?
- Perché soltanto attraverso questa vostra sofferenza potrete conquistare il paradiso. Sappi che il figlio di Colui che tutto decide ha sacrificato se stesso per permettere agli uomini la conquista della vera vita… non devi aver paura di vivere e di amare, Fred.
- É troppo alto il prezzo che io e Laura dobbiamo pagare!
- Non spetta a te dare giudizi. Il volere del Gran Padre è insindacabile… ma giusto.
- Io non ce la farò mai a vivere senza lei…
- In tal caso, tu e lei ritornerete alla vostra vita di manichini… così è scritto.
- Sia! – rispose Fred, risoluto.
Il getto d’aria sparì. Fred, intirizzito, guardò Laura. La donna aveva perso coscienza e lui non lo capì. Pensava che dormisse. Preso dai suoi pensieri, con fredda lucidità cominciò ad analizzare l’esperienza che stava vivendo. Mai avrebbe creduto di dover pagare un prezzo così alto per una felicità che aveva conquistato soltanto da poche ore. Prese atto, con tristezza, che i loro sogni di manichini erano affogati in un mare di sofferenza e si chiese se li amasse davvero Colui che aveva dato loro la vita. Non seppe trovare una risposta. Sentiva soltanto una pena immensa gravargli sull’anima.
Trasse un lungo sospiro, mentre cullava la piccola e tenera Laura. La sollevò per il busto, la strinse a sé. Con delicatezza. La donna si risvegliò ed ebbe un nuovo, terribile attacco di tosse. Al termine, lei rivolse la testa all’indietro e dette addio al mondo.
Fred, dopo il primo momento di smarrimento, capì. Quando realizzò che la donna era morta, pianse a lungo. Fu un pianto disperato il suo. Si sentiva un bambino in terra sconosciuta. Sconvolto dal dolore si prese la testa fra le mani.
- Chiedevamo amore… a cosa è servito il nostro coraggio? - urlò fuori di sé.
Scosso dai singhiozzi, raccolse il corpo infuocato della donna. Con lei nelle braccia, senza sapere dove andare, vagò per tutta la notte sotto un cielo acceso di stelle mute e angosciate. Arrivò al molo. L’acqua, incendiata da mille luci, cantava una sinfonia piatta e senza nerbo. Le note sfibrate di una musica in cui i violini sembravano lacerarsi nella seta trasmisero a Fred grande serenità. L’uomo rimase a lungo in balia di pensieri tormentosi. Ai suoi occhi di figlio abbandonato, l’acqua parve il ventre di una madre buona. Quella madre che non aveva mai conosciuto. Baciò le labbra di Laura, ormai senza più colore, e con lei saltò nel fiume. La discesa dei due verso gli abissi fu rapida. Le bolle d’aria corsero veloci verso l’alto e l’acqua, dopo alcuni istanti di disordine tumultuoso, riacquistò la sua calma di sempre.
Prima che le luci sonnacchiose del giorno arrivassero ad illuminare il porto due nuove stelle si accesero in cielo. Nessuno se ne accorse.
Poco lontano dal punto in cui alcuni nottambuli avevano visto scomparire Fred e Laura, i soccorritori rinvennero due manichini. La cosa strana era che stavano abbracciati l’uno all’altro. Come due innamorati.
Al come e perché quei due manichini fossero finiti in acqua nessuno seppe dare una spiegazione logica. Si pensò, molto semplicisticamente, che qualche irresponsabile avesse compiuto una bravata e sulla faccenda cadde presto il disinteresse più totale.
Fu così che la vita e la morte di Fred e Laura si consumarono in un breve spazio di tempo senza che alcun essere umano ne avesse avuto conoscenza.
Forse è stato un bene. Perché forse la morte li salvò da amarezze e umiliazioni ancora più profonde: di tutte le creature, essi erano le più deboli, le più indifese, le più sole. Nessuno, con ogni probabilità, sarebbe mai stato in grado di capire fino in fondo che la loro anima era capace di esprimere sentimenti veri, come qualsiasi altro essere umano. Forse anche meglio. Di certo mai nessuno avrebbe potuto capire quanto grande era stato il loro coraggio di vivere e di amare.
Invece Fred e Laura furono, anche se per una frazione di tempo piccolissima, uomini. Veri uomini. E il loro amore, un vero amore. Più grande di tutti gli amori del mondo. Arrivederci Fred, arrivederci Laura. Arrivederci dolci e tenere creature. Chi sa non vi dimenticherà. Mai.
FINE
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