Scritto da © Anonimo - Lun, 28/12/2009 - 14:02
Se fosse stato ieri
avremmo potuto un muro o un’asola
attraversare insieme. E poi altri, a chiudere in noi
quell’accaderci.
E’ un caso quel tuo sguardo
scivola sulle presenze inerti
e un grido sveglia un viso, riappare un nome:
il mio, che non ricordo aperto dal tuo suono!
Dici dei tempi: che fummo o che saremmo stati?
Comunque parli a coste. Forse risacca del passato.
Porti le parole orlate
quelle che hanno lettere che ritrovo nelle onde uguali
agli arenili: in un diverso vuoto. E taccio.
Non avemmo aderenze a quelle plaghe:
tremori sì, ad ogni piega - un dire
o quell’affondo ai glutei, la traccia agli occhi, una parola storta.
Ingrossa, ma non muta l’indice dei giorni:
sono i miei bordi ora.
Ciò che prendemmo è dato
ora ci tocca il reso. Il pensiero muove ad una fuga ruvida:
mi scortica il rumore, mi incollo ai nuovi passi;
sarà che a lama urlata la punta è in un diverso corpo
stupisce l’aria e frena ogni corsa.
No, non ti porgerò la mano
hai preso dita d’epoca nell’allungo delle braccia
che ora sono corte sull’intingolo di latte
sulle sere inevitabili a trama di poltrone,
sui quei compiti passati a ripassarli a te.
Io non posso qui le mani come poterono gli occhi allora:
se fosse stato ieri
non avrei avuto all’àncora quel certo non so che
del sogno poi sgualcito
da questo divenuto tu.
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