Cristo santo, l’universo a bolle è una bella trovata. Tante bolle quanti sono i sistemi spaziotemporali adiacenti. E il tutto fa una schiuma indeterminata. Ogni tanto una bolla esplode e un sistema-universo sparisce. Paf! Collassato dentro la brodaglia caotica. E poi passare attraverso la membrana delle bolle adiacenti, da uno spazio-tempo all’altro, come in "Time Line" di Crichton. Tutto teoricamente, certo. Ma sai che sfizio! Bruciano di vita le cose. Movimento mutazione instabilità. Ogni scelta è un rischio. Ogni possibilità porta in sé anche l’insidia della catastrofe. Bere champagne sul Titanic che affonda. L’orgia in tempo di peste. Certo, anche il successo è possibile. Ma, per chi si compiace del Nero e annovera Poe fra i sublimi maestri, la normalità è un prato all’inglese ben tenuto, con inaspettati buchi-voragine da cui ogni linda e sana Alice può essere inghiottita. La catastrofe si verifica in un lasso di tempo limitato, ha un andamento browniano, ma con una crudele, sublime, estetica progressione. Un rimescolamento impressionante di ogni singolo destino: riconfigurazione di tutti i giochi. Stordito dalla marea vociante dei bambini del parco giochi, poso la penna e vado ad aiutare mia figlia ad appendersi a testa un giù dal trespolo. Lei dice di essere un acrobata. Io le dico che assomiglia a un pipistrello. Lei si arrabbia. Allora io ruggisco e faccio una risata sinistra, fra un T-Rex e Maga Magoo trasformatasi in drago. Le mordo il sedere. Lei strilla, tutti i bambini lì attorno si eccitano dalla paura e, compresa mia figlia, si sganasciano dalle risate e mi dicono: "Lo fai un’altra volta?"
(ottobre 2008)
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