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Teatralità

Sono passato a prenderla stasera alle nove e mezzo. Siamo andati a mangiare in un ristorante fuori città che hanno aperto da poco. Un posto abbastanza di classe dove per di più si mangia abbastanza bene.
Abbiamo parlato del più e del meno. Ci conoscevamo da molti mesi ormai, ma non è che ne sapevamo molto a riguardo delle nostre vite. Ce ne siamo raccontati a vicenda gli episodi
 
salienti, io non ho potuto fare a meno di menzionare qualcosa sul divorzio dei miei genitori, lei di quando ha dovuto chiudere definitivamente con la danza a causa di una brutta frattura alla caviglia che si procurò dopo una caduta. Intanto abbiamo bevuto vino rosso, mangiato involtini di carne e carciofini, patatine novelle e anche un sacco di macedonia e un ottimo dolce alle mele. Adoro i dolci alle mele.
-Andiamo a ballare- le ho proposto una volta usciti dal ristorante.
Lei ha ricusato con gentilezza, è sembrata avere perfino il dubbio di avermi fatto una scortesia. Non sapeva che se c’è una cosa che odio è proprio quella di andare in discoteca.
-E’ una serata così bella!- ha usato come scusa, -Perché non andiamo un po’ a passeggio sul lungo mare?-.
Non me lo sono lasciato dire due volte.
Come lei desiderava, siamo arrivati sul lungomare.
Aveva ragione era proprio una bella serata di luglio. La giornata era stata calda, però adesso il sole non c’era. Al suo posto faceva bella mostra di se una luna gigantesca, rotonda e bianca, con attorno tutta una serie di stelline sue ammiratrici che con le loro piccole luci cercavano di emularne il fascino. E poi c’era il mare con la sua voce di risacca, che si muoveva nel suo eterno andirivieni, che stava a ricordarci che mai niente potrà impedire alla Terra di muoversi e andarsene in giro per lo spazio, neanche il più pazzo fottuto degli uomini.
Un po’ appesantiti abbiamo cominciato a camminare per il lungo mare.
-Marco ti prego!- si è messa a piagnucolare lei, manco le avessi palpato le chiappe in pubblico. Le avevo solamente preso la mano. Abbiamo proseguito fianco a fianco dicendo ogni tanto qualche parola di circostanza. Ad un certo punto si è fermata su una panchina. Aveva un paio di scarpe coi tacchi e aperte davanti che le stavano martoriando i piedi. Ho pensato che stava provando quella sofferenza per essersi fatta bella per me. Mi sono sentito alquanto lusingato. Mi sono seduto affianco a lei ed ho tirato fuori due cicche dal mio pacchetto. Le ho accese entrambe e ne ho offerta una lei. Si è scostata via dagli occhi una ciocca ribelle di capelli e poi si è messa a fumare. Guardandola mi è venuto in mente che se c’è una cosa che esalta la femminilità di certe donne è proprio il modo col quale fumano. E’ andata avanti fino a consumare metà sigaretta. Non capivo se stava zitta perché era pensierosa o solo perché i piedi continuavano a dolerle.
-Mary- le ho detto piano e con espressione seria. Lei si è girata verso di me e ad ha incrociato il mio sguardo, -Sei semplicemente bellissima-. L’ho vista arrossire ed abbassare gli occhi in modo lampante, sincero. Il mio complimento e la maniera come glielo avevo detto avevano fatto centro. Ma l’idea di essere la fidanzata del mio migliore amico, le restava fissa in testa come un chiodo conficcato con un martello elettrico e non voleva saperne di scollar via. Ciò le impediva di rilassarsi completamente e di godersi il bel momento. Credeva bene che il mio era un complimento che mirava a tener alto il tono della serata e a far si che tutto si evolvesse in altro, ma lei non sapeva fino a quali limiti poteva spingersi per non tradire la fiducia del suo amato, che era fuori città per ragioni di lavoro. Continuava a tenere la testa bassa, timida e insicura, ancora non riusciva a decidersi come comportarsi di fronte ai miei complimenti ed ai miei commenti. La sua titubanza la rendeva ancora più desiderabile. Per dirla tutta quello che le avevo fatto non era tanto un complimento, ma una constatazione di fatto. Eh si, molto probabilmente che quella volta il caro amico Valerio aveva proprio toppato. Mary era veramente uno splendore di ragazza. Aveva un corpo longilineo e slanciato. Le sue curve sembravano modellate dalle onde del mare o da un vecchio artigiano che costruisce vasi Ming. Aveva un visino delicato, dall’espressione indifesa come quelle delle dame del medioevo, dei tempi della cavalleria cioè. Aveva dei capelli lunghi e lisci di color castano simili alla criniera di una puledrina di razza. Le sue mani erano snelle e affusolate e i suoi piedi, benché incastrate in quelle scarpette infide, erano piccoli come quelli di una geisha giapponese. Ma non era solo l’aspetto fisico che m’attirava, erano anche i suoi modi raffinati di parlare, di camminare, si muoveva con la maestria di un gatto soriano. Da ogni poro della sua pelle si poteva respirare la vera femminilità, quella che rende pazzi gli uomini e li spinge finanche ad uccidere i propri simili. Come cazzo faceva Val a non accorgersene di tutto questo, diveniva sempre di più un mistero.
Con il mio dito indice le ho preso una ciocca laterale e gliel’ho sistemata dietro all’orecchio. Lei mi ha sorriso benevola. Io ho ricambiato.
Ho cercato di rompere quel silenzio pieno di imbarazzo che rischiava di scoraggiarci e convincerci a terminare la serata anzitempo.
-Guarda che luna c’è stasera- le ho fatto cenno.
-Certo è bellissima- mi ha risposto lei.
Mi son grattato il mento riflettendo.
-Si ma…- non ho terminato la frase
-Ma?- mi ha fatto eco lei.
-Ci vorresti tu in mezzo alla luna e alle stelle per rendere divina la volta celeste, stasera- ho concluso il mio pensiero.
Mary mi ha sorriso di nuovo. Questa volta non ha abbassato la testa, anzi, sembrava che i suoi occhi avessero cominciato a luccicare.
Ho continuato a parlare, o meglio, abbiamo ripreso a discorrere passando da un argomento all’altro con la facilità di un jazzista che improvvisa durante una jam session.
L’ho riaccompagnata sotto casa sua. In macchina l’atmosfera era veramente allegra per un paio di battute veramente forti che avevo fatto io.
Dopodichè si è data un’ultima rassettata ai capelli e mi ha detto: -Adesso è meglio che vada, grazie della serata Marco-.
-Dai aspetta!- ho risposto io, -Già mi lasci solo? Mica è tanto tardi poi domani è domenica, mica lavori?-
-Saliamo su allora. Mi fa paura stare in macchina-
-Ok- le ho fatto mentre nelle orecchie mi sentivo i cori della curva B quando il Napoli segna.
Appena entrata in casa ha fatto volar via quelle trappolette che portava ai piedi e si è recata in bagno.
-Bevi qualcosa nel frattempo- mi ha detto.

Vado in cucina ed apro il mobile. La prova del passaggio di Valerio è evidente quando noto la bottiglia di Jhonny Walker in prima fila.
Mary lo sa che lo stronzo ha assaggiato il JW per la prima volta a casa mia, quando trafugammo la bottiglia dalla collezione di mio padre? mi domando.
Tiro fuori la bottiglia e prendo due bicchieri. Intanto sento che Mary gira per casa. Verso il whisky nei bicchieri.
-Ci vuoi del ghiaccio?- dico ad alta voce.
-Cosa?- risponde dietro alle mie spalle.
Mi giro per ripeterle la domanda e resto a bocca aperta.
Mary si è liberata del vestito ed indossa una vestaglia di seta che copre un baby doll rosa che le scende un poco più su del ginocchio. Si è data una sciacquata veloce sotto la doccia ed ha ancora i capelli legati in testa. Sembra una nobildonna dell’impero cinese.
-Volevo sapere se lo preferivi liscio o con ghiaccio- le spiego lentamente. Cerco di sembrare distaccato, come se tutto fosse normale, ma la bellezza di questa ragazza è tale che mi fa battere il cuore in gola e mi fa venire il tremoliccio alle mani.
Ricordati perché sei qui, non ti emozionare e non fare passi avventati, mi ripeto in mente in modo severo.
Allargo le labbra a formare un sorriso appena abbozzato e le porgo il bicchiere. Spero che le mie gote non siano eccessivamente rosse per l’emozione che sto provando. Facciamo tintinnare i nostri bicchieri brindando e ci accomodiamo sul divano nel salotto.
Mary si informa su come procede il mio romanzo.
-Beh- le rispondo con una scrollata di spalle,-Va avanti. Certo che con i racconti è tutto più facile, posso scrivere più di getto, senza ragionare tanto. La stesura di un romanzo richiede maggiori ragionamenti e tante, tante riletture, devi incastrare alla perfezione fatti e personaggi. Nulla può essere lasciato al caso-

-Dai che sei bravo. Lo sappiamo tutti quanto vali-
-Uff!- rido, - Andate a raccontarlo al mio editore. E’ la quarta volta che mi manda indietro i primi sei capitoli orinandomi di cambiare questo o quello o di tagliare quel pezzo e via dicendo.
Che cazzo! Coi racconti è sempre filato tutto liscio, adesso mi monta certe storie che non stanno né in cielo, né in terra.-
Bevo un altro sorso del mio drink e sconsolato accendo un’altra paglia, allungo il pacchetto e Mary si serve da sola.
-Forse sto facendo il passo più lungo della mia gamba. Forse non sono ancora capace di scrivere storie così lunghe- rifletto.
-Dai- mi incita lei regalandomi il suo dolce sorriso, -Se il tuo editore ti manda indietro la roba che scrivi è perché vuole che tutto sia perfetto, ti pare?-
Le sorrido anche io, non posso desistere dall’assecondare ogni suo desiderio.
-Forse hai ragione- ammetto cercando di convincermi veramente che sia così, -Devo dire pure che è un periodo in cui mi sento svogliato. Non ho voglia di far niente e nemmeno di pensare. Forse è questo quello che mi blocca-
-Si dai, sicuramente è così-
-Sai cos’è proprio che non sopporto?-
Mary scuote la testa facendomi segno di no e poi si concentra su quello che sto per confidarle.
-E’ che ultimamente le idee vanno e vengono così veloci che non ho il tempo di afferrarle. Resto ore intere davanti al pc con una gran voglia di scrivere, ma non so cosa scrivere. Poi succede che sto bevendo con gli amici, o che sto passeggiando o che sto in macchina ed ecco che la mia testa viene investita da un uragano di pensate geniali ed io, porca miseria!, non ho la possibilità di prendere un sillaba d’appunto. Ecco cosa m’imbestialisce tremendamente-
Mary annuisce seria.
-Però…- continuo io. Lei alza di nuovo lo sguardo verso di me.
-Stasera mi sento tremendamente ispirato e sai chi devo ringraziare?-
-No- mi risponde anche se immagino che lei già preveda ciò che sto per dirle.
Appoggio il bicchiere sul tavolino di vetro e mi accosto di più a lei.
-A te sola devo ringraziare. La bellezza delle donne è da sempre stata la mia primaria fonte di poesia. E Mary, tu non sei solo bella, tu sei il sogno di una dea che diventa realtà. Credimi piccola, non è solo stasera che mi sono accorto di ‘sta cosa. E’ da quando ti conosco che ti osservo e penso questo di te. Mary sei stata capace di farmi invidiare il mio migliore amico.- porto la mia mano verso la sua faccia per farle un carezza, ma lei mi sfugge. Si alza dal divano e va verso la finestra dandomi le spalle.
Aspetto un po’ che si rivolga verso di me, ma continua a darmi la schiena. Allora mi alzo e mi avvicino.
-Ho detto qualcosa che non dovevo dire? Ti ho offesa per caso?-
Lei si gira di scatto ed il suo bel volto è davvero turbato.
-Perché vuoi farci questo?- mi urla quasi.
Io la guardo fissa negli occhi.
-Io darei entrambe le braccia per Valerio, è il mio migliore amico e ne abbiamo passate tante insieme. Ma tu sei…-
La stringo improvvisamente per le braccia e le do una scrollata.
-Mary, io ti amo! Hai capito? Io ti amo!- le urlo per davvero io e la lascio andare.
-Oddio mio- mi dispero allentandomi da lei.
Finisco di bere il mio whisky e mi passo entrambe le mani sulla faccia.
Prendo a scuotere continuamente la testa e poi cantileno -Perché proprio io!? Perché?-
La mia commedia viene interrotta dal reale singhiozzare di Mary.
La guardo mentre piange con la faccia nascosta nelle sue mani chiuse a coppa.
Cerco di abbracciarla e lei mi respinge via senza tanti complimenti.
Butto fuori aria col naso e tento cogliere il momento buono per rifarmi sotto.
-Ehi!- le sussurro tentennando con la mano nelle vicinanze della sua spalla, come se temessi di essere morso. La sfioro prima e non succede niente. Prendo coraggio e appoggio l’intero palmo della mia mancina dietro al suo collo. Adesso è docile e questo mi fa sperare che stia ritornando la calma e che si possa di nuovo ragionare. Con mio grande piacere Mary si lascia abbracciare e mi stringe perfino le braccia al collo e comincia a piangere sulla mia camicia.
Spero solo che si sia tolto bene tutto il trucco altrimenti addio camicia buona!
Le lacrime le scorrono dagli occhi mentre io le accarezzo la nuca e la tengo ferma contro il mio petto ogni qualvolta il suo torace è scosso dai fremiti. Non so dire se è una cosa voluta o è una semplice reazione alla situazione creatasi, fatto sta che d’improvviso alza la testa e mi bacia sulla bocca. La sua lingua trapassa prepotentemente le mie labbra e inizia a danzare all’interno del mio cavo orale. Il suo sapore è un misto di nicotina, whisky e mentolo di dentifricio. E’ simile all’aroma di un piatto prelibato. Ci baciamo a lungo. Preoccupato che possa rinsavire e staccarsi da me, la tengo stretta con un braccio attorno al fondoschiena, mentre con la mano libera la massaggio attorno al collo. Sempre con le sue labbra attaccate alle mie mi spinge verso il divano. Lascio che sia lei a guidarmi e mi limito solo a camminare all’indietro con cautela. Ci stendiamo sul divano e ci separiamo un attimo per riprender fiato e poi giù ancora. Armeggio un tot per sfilarle via la vestaglia, ma questa non vuol saperne di venir via. Do uno strattone ancora più forte, ma manco questo sortisce l’effetto desiderato.
-Aspetta- mi dice lei capendo la mia difficoltà. Si alza e si toglie la vestaglia e anche il baby doll. E’ così mi si mostra soltanto in perizoma e reggiseno. Ha un fisico a dir poco perfetto. Nel frattempo anche io mi sono sbottonato la camicia. La guardo un attimo e vedo le linee nere che sfigurano irrimediabilmente la stoffa bianca. Addio mia cara, è stato bello tenerti addosso! penso, e penso pure che stavolta qualcuno dovrà ripagarmi più del solito. Era uno dei miei indumenti preferiti.
Mary sembra essere un’altra, prima mi voleva scacciar via dalla sua vita e magari anche da quella del suo fidanzato, adesso mi tira a se per le mani. Io non ho niente da obiettare e cedo alla sua voglia di tornare a baciarmi. Mi godo l’ennesimo bacio e devo dire che ha una tecnica eccezionale.
Ora decido che l’iniziativa debba passare a me e quindi mi abbasso a crogiolarmi tra i suoi seni e poi ancora giù sul suo ombelico stretto stretto, fino ad arrivare in mezzo alle sue cosce. La sento sospirare e questo mi piace più del solito.
Mentre sto lì a lavorarmela per benino, capisco che è arrivato il momento.
Con un balzo quasi atletico mi tiro su e mi reco verso l’interruttore e spengo la luce nella stanza.
-Marco, ti prego, riaccendi! Il buio mi mette l’ansia!- piagnucola.
-Come vuoi tu cara- e tirò nuovamente su l’interruttore. Ritorno su di lei e riprendo da dove mi ero stoppato.
Sto lì lì per sciogliermi la cintura e sbottonarmi i pantaloni che la porta all’ingresso si apre e sentiamo una voce che chiama Mary.
Siamo stati colti in fragrante. Il volto della ragazza si trasforma in una maschera di terrore, non riesce nemmeno a rifiatare. Io mi guardo attorno e so benissimo che da quella situazione non posso sfuggire.
Sono davvero pochi gli attimi che sono passati ed ecco che si presenta Valerio nella stanza a ricevere la sorpresa.
Mary già trema di paura e dalle sue palpebre fuoriescono lacrime senza un accenno di sosta.
Io gli vado incontro con le braccia tese e le mani aperte cercando di dire:
-Vale aspetta un attimo non è come credi-
Valerio si riprende dallo stupore iniziale e comincia a parlare lentamente ma in un modo evidentemente carico di rabbia e di odio nei nostri confronti.
Punta il dito prima verso la sua fidanzata fedifraga e poi verso di me che sono il suo migliore amico.
-Come avete potuto farmi questo?- esordisce con una mimica da applausi a scena aperta. Mary rompe in un pianto straziante, rumoroso, senza freni. Io mi passo la mano nei capelli e cerco di rimediare come posso.
-Aspetta amico, non è successo niente te lo giuro-
-Non è successo niente un cazzo!- sbraita lui e si avventa su di me. Mi trattiene per un trapezio facendomi un male cane e mi affonda il pugno nello stomaco piegandomi in due. Per non beccarmi un altro colpo del genere mi sdraio a terra sulla schiena. M’ha centrato proprio la bocca dello stomaco e non posso fare a meno di tirare al petto le gambe e rotolarmi sul pavimento per respirare.
Alla fine lui mi riprende e si siede sul mio stomaco e Bam! Bam! Bam! Mi colpisce in faccia. Meno male che non ho gli occhiali penso. Mi rimette in piedi afferrandomi per i pantaloni sbracati e mi spinge fuori a calci in culo dicendomene di tutti i colori e prima di sbattermi la porta in faccia mi tira a presso la camicia.
E pensare che quando eravamo piccoli e facevamo a botte, io gliele davo sempre di santa ragione.

La sera dopo sto in mutande davanti allo specchio della mia camera da letto. Ho dormito per tutto il giorno e mi sono svegliato da poco. Mi sono buttato sotto la doccia ed ora sto visionando i danni riportati la notte precedente. Ho i segni delle dita di Val sulla spalla sinistra ed ho una lividura proprio sotto lo sterno. Ho un taglio sul labbro inferiore e lo zigomo destro gonfio.
Suona il citofono. Vado a vedere chi è e sento una voce che mi dice di aprire. Apro il cancello e lascio aperta anche la porta dell’ingresso.
Mi sto ancora specchiando quando Valerio fa la sua entrata nella mia camera.
-Non sei ancora pronto?- mi chiede appoggiandosi al davanzale e facendo volare fuori dalla finestra la cenere della sua sigaretta accesa.
Non gli rispondo e continuo ad osservarmi prima una guancia e poi l’altra.
-Quanto ti devo?- mi domanda,
-Due carte- gli rispondo io.
-Come mai così tanto questa volta?-
-Mi ha rovinato la mia camicia preferita-
Val prende duecento euro dal suo portafogli e li appoggia sul mio comò.
-Dai preparati- mi dice.
Io non gli do retta e proseguo a guardarmi allo specchio.
-Ehi socio, che hai?-
Mi giro come una furia verso di lui, -Cazzo santo, potevi toglierti l’anello, m’hai massacrato-
Valerio fa spallucce e replica: -Non ci avevo pensato, scusa-
-Scusa la baldracca di tua sorella!- ribatto, -Guarda che m’hai combinato e domani ho una riunione col mio editore!- mi lamento.
Val lancia un sospiro e si siede sul mio sgabello. Chiude gli occhi e mi fa: -Vai-.
Mi avvicino lentamente massaggiandomi le mani, mentre lui se le tiene con le dita intrecciate dietro la schiena e tira su il collo il più possibile. Ho tutta la sua testa a disposizione.
Congiungo le mie mani e prendo bene la mira. Pianto bene i piedi a terra mettendomi in posizione e poi lo colpisco di taglio tra bocca, zigomo e narice sinistra, con tutta la forza che ho. Lo vedo capitombolare a terra un paio di volte. Aspetto il momento in cui mi mostra il ventre e Spam! gli pianto un bel calcione nel costato.
Lo lascio a tossire e a rotolarsi ancora sul pavimento, mentre vado a prendergli un panno.
Quando ritorno in camera da letto lo vedo carponi che tenta di rialzarsi. Lascio che si rimetta su da solo e poi gli do lo straccio pulito per nettarsi il sangue che ha preso a scorrergli dal naso.
-Cristo santo, Marco- mi dice ancora un po’ sconvolto.
Valerio si da una risistemata e nel frattempo io mi preparo.

Usciamo a bere qualcosa. Prendiamo la macchina sua. Malgrado lui mi abbia risarcito tutte le spese e si sia pure fatto menare, stasera non mi sento in vena di follie. Durante il tragitto mi metto a smanettare con l’autoradio cambiando frequentemente stazioni, oppure guardo fuori dal finestrino fumando la mia paglia.
Una volta arrivati a destinazione lo seguo silenzioso all’interno del locale di Ilario dove siamo degli habituè. Ci sediamo ad un tavolo e facciamo segno al proprietario di portarci il solito.
Valerio mi chiede se mi vanno delle patatine o qualcos’altro da mangiare. Io gli dico che per me fa lo stesso. In pochi minuti Ilario in persona ci porta birre, patatine, salatini e noccioline.
Valerio si butta subito sulle patatine, io invece opto per il seccume che mi aiuta a far scendere meglio giù la Bass alla spina.
Ingurgito manate di arachidi e salatini e bevo la mia birra ignorando completamente chi mi sta di fronte.
-Ma che c’hai stasera?- sbotta Valerio.
Io lo guardo serio come non lo sono mai stato.
-Mary non si meritava tutto questo, Val-
Il mio amico irrompe in una risata grassa, ma è l’unico a divertirsi. Io continuo a sostenere il mio sguardo ammonitore.
-Ehi bello- mi redarguisce,-Ti sei dimenticato chi è che ha inventato sto giochino qua?-
-Si- annuisco, -Sono stato io che ho avuto l’idea, ma era per quella baciapile per la quale perdesti la testa. Ci mancò poco che prendessi i voti ed aspirassi alla beatificazione-
-E adesso che problema c’è?- mi domanda lui.
-Che problema c’è?-
-Si che problema c’è-
-Beh te lo dico io qual è il problema caro Val. Il fatto è che come al solito tu abusi di tutto. Non tutte le donne sono uguali a quella suora mancata di quella volta. Non puoi trattarle tutte allo stesso modo. Volevi rompere con Mary? Va bene, ci può stare. Ma cazzo santo, Vale! Abbiamo trent’anni ormai, diglielo come si deve, guardala negli occhi almeno! Non le far fare la figura della puttana!-
-E questo che mi significa con la nostra età?- ribatte sorpreso dal fatto che abbia messo in mezzo tale argomento.
-Significa che non possiamo trattare più tutte le persone come se fossero pezze da piedi, ecco che vuol dire- ribadisco veramente incazzato,-Cazzo di Dio, sei un attore e sei anche bravo, d’accordo, ma che bisogno c’è di continuare a recitare anche nella vita normale?-
-Marco tu forse non capisci una cosa- e agita la testa a destra e a sinistra in maniera solenne, -Il set, casa mia, le mie amicizie, le donne con le quali vado a letto e le scenette che metto su con te per scrollarmi la gente di dosso…- fa una pausa, si mette entrambe le mani sul petto poi prosegue lentamente stando attento a scandire bene le parole -Que-sta è la mi-a vi-ta!-
-Ma fottiti- gli rispondo. Vuoto il bicchiere e mi alzo. Meglio che me ne vado penso, se no stasera chissà come finiremo noi due.
Saluto Ilario con un gesto della mano e mi incammino verso l’uscita.
-Ehi dove vai?- e mi punta il dito contro.
Resto lì fermo sullo stipite della porta con le mani in tasca.
Abbasso la testa e faccio un pausa. Do un respiro profondo e poi lentamente concludo: -Caz-zi mi-ei!-

Intraprendo la via verso casa mia. L’afa attanaglia di nuovo la città. Soffia un vento di scirocco che ti fa bollire nei vestiti. Quasi quasi mi vien voglia di tornare indietro nel locale e chiedere un passaggio a Valerio. Almeno lui in macchina ha l’aria condizionata.
Muovo un passo dietro l’altro senza fretta. Accelerare l’andatura mi farebbe ulteriormente sciogliere dal caldo. Uno scooter mi passa velocemente affianco e i due pischelli che ci montano sopra mi urlano qualcosa che io non riesco a capire. Li ignoro e procedo avanti. Il motorino mi passa altre due volte affianco. Forse i due hanno visto il mio volto pesto e magari credono che possa prenderle anche da loro due. Faccio schioccare le dita e mi preparo nel caso sia costretto ad insegnar loro le buone maniere.
I due mi passano affianco per un ultima volta e quello che sta seduto dietro mi lancia un ultimo grande -Strrronzooooo!!!- e poi li vedo filar via fino a scomparire dal mio campo visivo.
Sto a circa tre isolati da casa mia quando prendo il cellulare e compongo il numero di Mary. Inizialmente squilla ma nessuno risponde. Io insisto a richiamarla e alla fine sento la sua voce.
Salto i preamboli e vengo subito al dunque.
-Mary devo vederti subito, ho bisogno di parlarti. Ti devo spiegare delle cose. Ti prego posso venire un attimo a casa tua?-
C’è un attimo di silenzio, poi sento che si mette a piangere.
-Per l’amor di Dio Mary, tutto quello che è successo ieri sera non è come pensi tu. Permettimi di darti una spiegazione-
Mary lascia partire un sospiro e poi in preda alla rassegnazione mi dice: -Vieni da me, allora-
-Prendo la macchina e sono lì da te- e riattacco.
Arrivo al mio cancello. C’ho il fiatone e perdo sudore da tutti i pori.
Porca miseria! Manco me n’ero accorto di essermi messo a correre!

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