A Tale of the Past Capitolo 4 Parte 2 | Prosa e racconti | Carlo Gabbi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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A Tale of the Past Capitolo 4 Parte 2

CAPITOLO 4 PARTE 2

 

      

Mi ci volle tempo per comprendere completamente di come quella prima visita di mia Nonna Gigia a Budapest influenzo` la sua vita futura.

Dalle parole di mia madre compresi come i valori storici di quel tempo furono importanti nella vita dei Tullio e ne guidarono le loro attivita` in Ungheria. Attraverso lei ebbi la chiara visione di quei patriarchi, che da tre generazioni, prima di mia Nonna Gigia, avevano stabilito i loro affari in Ungheria, sicche` per Francesco, il padre della Gigia era naturale vivere e lavorare distante dalla sua casa in Nimis.

Un’altra inportante considerazione e` il fatto che il Friuli per lungo tempo aveva fatto parte dell'Impero Austro-Ungarico, il periodo storico in cui la rivoluzione industriale a cavallo del 1800-900 aveva iniziato in quel paese, e come questa fu benefica ai Tullio nello sviluppo dei loro affari. Rovistando nel periodo storico di alcuni decenni precedenti, notiamo come il Friuli fu` costantemente soggetto ai cambiamenti della sovranita` di quel territorio. Infatti notiamo come quelle terre Friulane furono sotto la bandiera Austriache per oltre un secolo, ma poi passarono ai Francesi con le conquiste da parte di Napoleone, e che poi vide, dopo la sua disfatta a Waterloo al principio del 1800, il ritorno di quelle terre sotto la sovranita` dell'Impero Austriaco.

Alla fine, nel 1866, al tempo della Terza Guerra di Indipendenza Italiana, che vide l'Italia, come alleata con la Prussia contro l”impero Asburghico, alla fine di tale guerra venne ricompensata con la cessione del territorio Friulano, dopo la sconfitta Austriaca, per l’aiuto dato agli alleati Prussiani.

 Nimis, la citta' dei Tullio, quando vennero tracciati i nuovi confini, si trovava a meno di 15 Km dal bordo che la divideva dal nuovo Impero Austro-Ungarico. Ne risentiva pienamente dell’influenza politica e commerciale dell’Impero poiche` era facilitata dal libero passaggio della gente locale entro il territorio Imperiale senza bisogno di un passaporto poiche` per loro continuo` il libero accesso in quel territorio che era nel passato faceva parte della loro vecchia patria.

Inoltre per i Tullio esisteva pure un’altro interessante privilegio che spiega come i loro legami con quella terra limitrofa fossero ancora piu` solidi. Francesco, suo padre ed il padre del padre, prima di lui, erano nati quando il Friuli era una provincia Asburghica ed avevano ricevuto la loro educazione in scuole Austriache. Il Tedesco era la lingua che parlavano per educazione ed il Friulano era quanto parlavano nelle loro case, parlavano pure l’Ungherese la terra dei loro affari, mentre la lingua Italiana era a loro pressoche' sconosciuta. Quindi ci fa pensare che Francesco, per educazione, stile di vita, e per erida` avitica si sentisse in cuor suo piu` legato a quel popolo e a quelle terre che da generazioni era stata la loro patria.

A quel principio del XX secolo Frencesco apparteneva alla terza generazione dei Tullio che per la tramandata tradizione dei padri era impegnato nei lavori di costruzione civile nel regno Ungherese. Possiamo ben pensare che ne era facilitato dalla sua perfetta conoscenza della lingua e per l’educazione che aveva ricevuta. Francesco era nato sotto la bandiera Asburghica, quindi in cuor suo sempre rimase un fedele suddito dell'Impero Austro-Ungarico. Come possiamo negare questa evidenza?

Poi come e` possibile pensare che i Tullio, dopo lunghi anni di lavoro ed dopo aver consolidato i loro affari in quel piu` salubre mercato di affari, fossero proni a dar via il benessere accumulato, solamente perche` ora la lora propieta` di Nimis si trovava sotto la bandiera Italiana?

Inoltre durante quei decenni passati si erano pure creati per loro legami di sangue che avevano ancor piu` consolidato la loro affiliazione in quella terra, attraverso il matrimonio di uno zio paterno con una Dama che apparteneva alla aristocrazia Ungherese.

Esistono pure i fatti storici del tempo che chiaramente parlano di come sin dal primo giorno dell'annessione Italiana nel 1866, nulla fu fatto da parte dei governanti Italiani per stimolare l’amor patrio in quelle terre annesse o cercare di migliorare lo standard di vita della popolazione del Friuli con l’aprire nuovi posti di lavoro.

Non stupiamoci quindi di quale fosse veramente la reazione del popolo Friulano verso la nuova patria. Trovarono null’altro che l’apatia dei nuovi governanti Italiani e la vita di quella popolazione divenne ancor piu' misera. Mai furono creati lavori capaci a stimolare la nascita di nuove industrie sicche` per quella popolazione pur di sopravivere non rimase null’altro che l’alternativa di trovare un lavoro all'estero pur di sostene le loro famiglie. Certamente a loro non poteva bastare quelle misere risorse che ricavavano da quei pochi campicelli per poterli sfamarli. L’Italia in quei giorni penso` non valesse la pena di sviluppare quella regione, poiche` era considerata troppo periferica.

Tutte queste considerazioni ci fanno giungere alla conclusione che per i Tullio era ovvio volessero conservare i privilegi che avevano accumulato in anni di duro lavoro in quel paese limitrofo. Quella era nullaltro che una cosa instintiva e naturale che ci e` impossibile negare.

                                                            *       *        *

Da decenni i Tullio in quei lavori lontani usavano impiegare la mano d'opera che veniva reclutata in paesi limitrofi a Nimis. Da quanto mi risulta da ricerche fatte, appare che al principio di quel secolo, vi fossero diverse decine, e molto probabilmente erano vicini ad un centinaio il numero di operai che annualmente seguivano i Tullio nei loro lavori Ungheresi, e che in quegli anni erano maggiormente concentrati in Transylsvania. Molti di quei operai erano impiegati dai Tullio da diversi anni, quindi conoscevano bene il loro datore di lavoro ed era nato un mutuo legame che garantiva la continuita`e la sicurezza di ricevere una buona retribuzione. Cio` era quanto piu`importava a quei lavoratori. Il fatto poi che il lavoro si trovasse cosi` lontano dalle loro case era inrilevante, sebbene in quei giorni non esistesse un regolare servizio di trasporti a congiungere le due localita`. Ma poi, come era costume per quei giorni, ben pochi di quei lavoratori avrebbe considerato di viaggiare comodamente con le ferrovia poiche` per loro sarebbe stato uno sperpero inutile di danaro. Sicche` era abituale per loro percorrere quella distanza camminando. Erano oltre mille kilometri di cammino, vale a dire da tre a quattro buone settimane di marcia dipendente dal clima e dal percorso scelto per giungere dal Friuli alla Transylsvania.

 Camminavano attraverso boschi, terreni montani, lungo scorciatoie a loro divenute familiari nei lunghi anni, e spesso attraverso luoghi impervi e pericolosi. Percorrevano quel cammino due volte all'anno, ed usavano unirsi in gruppi affiatati nelle lunghe marce, e pure capaci di difendersi e proteggesi a vicenda da mille insidie che si trovavano lungo il loro lungo cammino attraverso terre inospitali e genti non sempre amiche. Ma mai si lamentarono se i lavori dei Tullio erano lontani. In quei giorni la gente era prona a sacrifici. Sapevano che le loro famiglie dipendevano da loro. I loro sudore era renumerato da quel gruzzoletto che portavano al loro ritorno nelle loro case in Friuli. Senza quel denaro moglie e figli avrebbero sofferto la fame. Quella era la vita di molti in quei giorni lontani quando nacque il nuovo 1900.

Oggi, rispolverando quel passato, sembra quasi una favola di un tempo molto remoto, ed e` difficile per molti dei lettori attuali poter comprendere quali fossero i sacrifi che era soggetta la gente di allora. E` passato solamente un secolo, ma esiste un immenso baratro che separa quei giorni al nostro oggi in cui si vive e si pensa differentemente, poiche` vivamo nell’era spaziale. Dovete comprendere che in quei giorni la gente era avezza ad una vita semplice ed era duttile alle fatiche, inoltre erano coscienti dell’obbligo che avevano verso le loro famiglie.

 Sapevano che al loro rientro, il guadagno di quella stagione avrebbe procurato una vita piu facile per la loro famiglia. Sapevano pure che il gruzzoletto che portavano a casa con loro avrebbe potuto pagare per quel nuovo campicello, la mucca che abbisognavano, o a quella piccola vigna che da tempo sognavano. Quello, da quanto io ne sono a conoscenza, e' pur sempre stato lo spirito dei Friulani, lavoratori tenaci e capaci di guardare ai loro interessi.

                                                                *   *   *. 

Quell'inverno del 1900 Francesco ritorno' a Nimis piu' tardi del solito. In quegli ultimi anni aveva vinto importanti appalti di lavoro nella costtruzione sull'ultimo tratto della ferrovia che avrebbe collegato la Transylsvania a Budapest. Quel nodo ferroviario aveva il compito di snellire il sistema di trasporti per le nuove industrie di Budapest. Il ferro ed il legname proveniente dalla Transylsvania erano indispensabili alle nuove industrie che si moltiplicavano a vista d'occhio e che erano necessari al progresso nazionale. I Tullio avevano vinto da poco l’appalto della costruzione di nuove stazioni ferroviarie, ponti, tunnels e tutti quei lavori di ingegneria necessari lungo quel tratto dove si sarebbe snodata la nuova strada ferrata nella regione di Hunedoara, che a quei tempi era conosciuta con il nome di Vajdshunyad, e che si trovava nella parte sud-east del regno Ungherese nella regione della Transylsvania.

La mano d'opera richiesta dalla ditta Tullio era formata principalmente da carpentieri e muratori. Erono dozzine di operai, che usavano vivere in campi adiacenti ai lavori, in baracche rustiche di legno nelle quali alloggiavano e dove esistevano per loro appropiate cucine che provvedevano al loro vitto. Esistevano pure in quei campi i magazzini della ditta per i materiali e gli equipaggiamenti. Il campo base si trovava nella vicinita' di un minuscolo villaggio in Trannsylsvania, ma era situato logisticamente per i lavori in corso a circa a mezza via tra Deva e Vajdahuniad.

Negli ultimi dieci anni gli interessi della Ditta Tullio si era grandemente accresciuta e Francesco aveva riorganizzato i sistemi operativi del lavoro. Suo figlio Toni era divenuto responsabile dei lavori a nord della regione, mentre per i lavori in corso su quel nodo ferroviario, aveva eletto due capaci capi-cantieri i quali erano responsabili dei lavori nella provincia di Hunyad.

La ditta inoltre aveva assunto un contabile locale che sovraintendeva alla contabilita'. Questo contabile era conosciuto da Francesco da un lungo periodo di tempo ed aveva dimostrato nel passato la sua capacita`, non solo come contabile, ma anche per il modo in cui sapeva svolgere le faccende burocratiche della ditta, riguardanti banche, finanze, contratti, contatti con uffici, etc.

Francesco aveva ritenuto per se l'incarico di coordinare tutti gli affari della compagnia e usualmente risiedeva nel capoluogo cittadino piu' importante in Transylsvania, il quale era pure il centro degli affari, in Hunjad e questa localita' era relativamente vicina ai cantieri di lavoro.

Francesco in quei giorni, aveva da poco superato i cinquantanni. Era ancora una figura imponente nei suoi quasi due metri d'altezza. Il suo sguardo era severo e sempre diretto verso il probabile interlocuatore. L'aspetto fisico imponente era sempre stata una caratteristica dei Tullio che veniva tramandava da generazione a generazione.

Francesco vestiva in modo impeccabile, in abiti scuri, come per la moda di quel principio del secolo. Al di sotto della giacca sfoggiava un gile`, tagliato nella stessa stoffa, ed al quale usava appendere una peasante catena ed orologio d’oro. L'orologio aveva un grande valore sentimentale per Francesco poiche` aveva appartenuto al padre Pietro, ed era divenuto suo alla sua morte. A completare la sua austera figura, e nella moda dettata dal tempo, era adorno con immensi baffi, ben incerati, che avevano l'ardire di gareggiare per grandezza ed elganza con quelli sfoggiati dal suo amato Imperatore, Francesco Giuseppe, poiche` sappiamo che in cuor suo, Francesco mai si senti` di essere Italiano.

 Come trasporto e per muoversi rapidamente, da paese a paese, usava un leggero calesse trainato da un magnifico baio. Mai Francesco volle credere nel pratico uso di quelle automobili che incominciavano ad invadere le strade in quei giorni del primo novecento.

In quell'inverno del 1900, Francesco arrivo' in seno alla sua famiglia nella residenza patriarcale in Nimis pochi giorni prima di Natale e la famiglia gli diede il benvenuto. Maria, sua moglie, apparteneva ai Treppo, che era una famiglia facoltosa di Sevilis, una frazione poco distante. Come costume dell'epoca, quando si sposo` con Francesco porto` una ricca dote al marito, la quale includeva una larga vigna che produceva uno dei migliori vini Ramandul della zona.

La vita famigliare dei Tullio era sotto l’insegna dell'austerita` che era stata tramandata dai loro padri, che sempre avevano usato un vivere alquanto conservativo. Effusioni di tenerezza, parole d'amore tra marito e moglie o anche per i propi figli, da parte di Francesco erano inesistenti. Tutto era rigido e castigato, anche se naturalmente era velato entro una forma cortese e riverenziale, ma avvolta da una incredibile freddezza. Qualora il padre era nella residenza di Nimis, tra i figli non erano amesse risate, gioie, o il confidare i propi pensieri e sentimenti ad un altro pubblicamente, era una cosa temeraria di cui nessuno avrebbe ardito di rompere le regole.

 Tutto era misurato da quel metro austero e nascosto dove anche il piu' monastico dei baci non aveniva pubblicamente, sia tra Francesco e Maria o per i loro figli. Ogni minima effusione di tenerezza tra i coniugi era unicamente ristretta tra le pareti della loro camera. I figli, maschi o femmina, qualora si dovevano rivolgere a Francesco lo facevano in modo riguardoso. Era loro obbligo di indirizzarlo formalmente con un rispettoso Signor Francesco o Signor Padre. Lui era l’unica autorita` riconosciuta nel piccolo regno della sua casa di Nimis. Lui era l'epicentro del piccolo mondo domestico, e quell’universo domestico ruotava unicamente attorno a lui, l’unico sovrano che imponeva la piu` rigida disciplina sia alla propia famiglia come pure a tutti quei contadini che lavoravano nelle sue propieta`.

Questa situazione era dura per tutti e particolarmrnte per le figlie che si sentivano intimidite allorche` erano alla presenza del propio padre. Francesco, come la maggioranza dei capi famiglia di quei tempi, riservava a loro quello sguardo severo che incuteva soggezzione e paura per colui che si trovava alla sua presenza. Inoltre, poiche` per la maggior parte dell’anno risiedeva in un lontano paese, era pressoche` sconosciuto ai propi figli.

Ma nonostante queste rigidezze, Francesco era osservante ai suoi obblighi famigliari e specialmente verso le figlie aveva ambizioni riguardo il loro futuro. Come consuetudine di quei tempi, aspirava di poterle accasare con un buon matrimonio, naturalmente non sul lato sentimentale ma bensi` sul lato finanziario e che portasse un prestigio sociale. Desiderava accasarle in tale modo che il fururo genero potesse non solo garantire una agiata posizione alla figlia ma che pure allo stesso tempo fosse capace di accrescere il prestigio sociale dei Tullio.

Luigia era allora quindicenne, ed aveva raggiunto per quei tempi l'eta' di entrare nella vita pubblica ed essere ben accaasata. Francesco penso` che la miglior possibilita` per trovare un buon marito per la figlia fosse attraverso quella zia di Budapest e che avrebbe potuto ospitare la giovane Luigia. La zia aparteneva ad un buon casato, ed il suo nome era ben conosciuto nei circoli sociali del luogo, poiche` usava intrattenere in ricevimenti le altre famiglie locali benestanti. Quindi Francesco penso` che quella zia poteva essere l’appropiato chaperon per introdurre la giovane Luigia nell'alta vita borghese della citta`.

      

 

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