A Tale of the Past, Capitolo 3 | Prosa e racconti | Carlo Gabbi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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A Tale of the Past, Capitolo 3

Capitolo 3

Ricordando il passato

Aterrammo due settimane fa a Nadi, e da allora ho notato con piacere che mia madre sta ritrovando la gioia di vivere. Viviamo in un appartamento che fronteggia questa magnifica  baia Fijiana e da dove la vista e` stupenda. La spiaggia sottostante a noi forma un largo arco di sabbie bianche, sul quale si nota una ininterotta linea di palme ricurve dai venti, che mollemente seguono la spiaggia. Le acque marine sono estremamente chiare e limpide ed e` possibile vedere il continuo sciamare di pesci multicolori che sguizzano tranquilli nel pallore bluastro del mare che al riverbero del sole sprigiona riflessi traslucenti e cristallini sopra i diversi velieri che si trovano all’ancora nella baia.

Nei nostri mattini usiamo passeggiare lungo la spiaggia tra lo sciacquio delle calme onde, ma quando il sole si va` riscaldando  innalzandosi verso lo zenith, troviamo riposo in una delle diverse oasi formate da alte palme che si alternano un po piu` all’interno, e capaci di mantenere la piacevole frescura della brezza marina. E` in questi luoghi, che per comodita` del passante, si trovano tavoli e banche per riposare. Trovo che questi esercizi mattutini sono di grande aiuto a mia madre per rigenerare le sue forze.

Sino dal giorno del nostro arrivo ho lasciato che mia madre godesse il piaciere di essere in questo luogo incantevole, e solamente casualmente abbiamo acennato al passato. Aspetto che nasca in lei il desiderio di parlarmi nuovamente di quei giorni lontani e di quelle epiche storie della sua famiglia.

Spero che qualora quei ricordi riaffiorano nella sua memoria possa farli rivivere per me nei suoi coloriti racconti, e in questo modo poter conoscere altri particolari della sua vita passata che a me e` tuttora sconosciuta. Penso che assieme possa vincere  quell’apatia che era nata in lei al tempo in cui Angelo mori`.

Inaspettatamente ieri ho avuto una sua richiesta inaspettata, Mama mi chiese, “Desidero poter avere un quaderno ed una penna, sicche` posso scrivere alcuni appunti allorche` memorie passate mi ritornino e delle quali forse potrei essere riluttante a rivelartele a voce. Cosi` un giorno, quando avrai modo di leggere quanto ho scritto potrai conoscermi meglio. Ti avverto sin da ora, che non dovrai stupirti di come ero quando ero giovane.” Ma cosa mai mia madre voleva alludere con cio? Forse alludeva a segreti della sua vita che avrei scoperto il giorno in cui non sarebbe piu` con me?

 

                                                                  *   *   *       

 

Anch’io durante le ultime settimane sono ritornato spesso con il mio pensiero a giorni lontani. Mi rivedevo un ragazzino che cresceva rapidamente e come allora sentivo in me il desiderio di avere mia madre come la guida sicura nella vita che si stava aprendo in fronte a me. Mi resi conto allora che l’aiuto da me bramato poteva unicamente venire da lei.

Infatti mio padre non e` mai stato capace di aprire il colloquio dovuto per dar via alla confidenzialita` tra padre e figlio e mi sentii negato del  suo affetto. Ricordo che era sempre preso da quel tipo di vita che apparteneva unicamente a lui e che categoricamente poneva me e mia madre su un livello meno importante. Sicche` sentii allora venirmi a meno il suo aiuto del quale io avevo bisogno in quei giorni formativi della vita.

Si era allora in quegli anni critici che precedettero la guerra.

Il tempo di mio padre in quei giorni era divisa tra la sua idealogia politica, le riunioni comuniste  clandestine di cui era portavoce, e la sua obbedienza incondizionata agli ordini impostagli dal suo partito.  Infine, come ultima cosa, esisteva il suo amore incontrollato per il vino. Anni piu` tardi mi fu detto, da parte di uno zio che ben lo conosceva,  che mio padre visse sempre cosi` sin dalla sua giovane eta`, e che presto lo tramuto` in un accanito attivista politico. Erano quelli gli anni roventi  immediatamente dopo la fine della prima guerra mondiale. Erano gli anni in cui il Fascismo stava nascendo ed il Comunismo da canto suo instigava l’anarchia ai lavoratori delle fabbriche. Quelli furono gli anni in cui mio padre fu battezzato nel credo Comunista. Sicche` Comunismo, divenne per lui da allora, la sua religione e Stalin ne fu il profeta. Divenne pure un seguace fedele, un  scrupoloso osservante agli ordini impartiti dal Cremlino.

Vedeva, amava, agiva unicamente per favorire il proletariato Comunista. Era indottrinato alla grande utopia Comunista che aveva il simbolo della falce e martello sulla bandiera rossa del suo partito.

Penso che questo fu sempre l’ostacolo maggiore esistente tra noi. Ero allora troppo giovane per poter comprendere le sue idealogie politiche, di cui lo sentivo fiero.

Ero incapace di capire il suo sogno visionario. L’unica cosa che ben desideravo da lui era il bisogno del suo amore paterno, ma lui inconsciamente me lo negava. E nacque cosi` la mia apatia verso di lui.

Rifiutai di imparare dal suo esempio, poiche` sempre piu` spesso lo vedevo annebbiato dai fumi dell’alcol.

Lo sentivo quando arrivava a casa a notte inoltrata, dai suoi raduni o dalle osterie. Era rumoroso, e parlottava sconessamente tra se e se. Molto spesso, quando era ubriaco, vomitava e cadeva tra quelle vinacce malodoranti trasumate dal suo stomaco.

Sento ancora oggi vivido in me il ribrezzo di allora. Il vedere mio padre in quelle condizioni non mi rendevano fiero di lui e divenne instintivo quel nascente astio e rabbia verso lui che mai piu` mi lascio`. Compresi che mai lui sarebbe stato capace di darmi cio` che pensavo mi era dovuto.  

Ed odiai quando mi parlava del suo ideale politico. Sentivo che quelli non erano insegamenti paterni poiche` giungevano attraverso quanto era stato scritto sul libro rosso che era la sua bibbia.

Ero allora ancora troppo giovane per comprendere i credi politici che dominavano e che dividevano la nazione.

Ma arrivo` ben presto il giorno in cui mi trovai tra` due utopie opposte.

Lo fu sin da quei primi giorni, quano seduto sui banchi scolastici, noi ragazzi si riceveva  la nostra prima indottrinazione Fascista. Ci parlavano di Mussolini e ce lo presentavano come un dio. Lui era il vero salvatore dell’Italia, Lui era il fondatore del nuovo Impero Romano.

Tutto era null’altro che una continua ripetizione, giorno dopo giorno, e quanto ci insegnavano vocalmente era pure scritto ed inlustrato sui nostri libri scolastici. Quelli erano i libri usati per la nostra educazione, erano nullaltro che una viziosa parodia della propaganda Fascista. Un continuo ripetersi di Mussolini qui, Mussolini li.

Forse molti di voi non mi vorra` credere, poiche` fortunatamente e` cresciuto in tempi diversi, ma quello era il metodo usato per noi in quei giorni all’insegna del Littorio Fascista.

Il Fascismo ci amava, e cosi` creo` per noi Il Sabato Fascista. Era il giorno in cui noi ragazzini, dovevamo vestire la nostra uniforme di Balilla e radunarci nel cortile della scuola o nel vicino campo sportivo, e la` con un moschetto di legno sulla spalla, ci insegnavano a marciare nel cadenzato Passo Fascista. Poi seguiva una lunga indottrinazione e glorificazione del Facismo da parte del nostro Centurione Fascista.

 Mai mi sentii attratto da quelle noiose riunioni e ben presto mi sentii a disagio in quelle parate dei Sabati Fascisti ed delle seguenti litanie sulle virtu` Fasciste.

Era troppo per me. Da un lato mi sentivo  sospinto da mio padre verso le sue ideaologie Comuiniste, mentre sul lato opposto ricevevo l’indottrinazione Fascista che ci veniva gratificata sui banchi scolastici ed in quei  raduni paramilitari.

Nacque in me l’incosciente ribellione verso tutte le idealogie politiche. Divenni refrattario alle voci di qualsiasi colore politico ed incominciai a diradare le mie presenze alle adunate del Sabato Fascista.

Ma le mie assenze vennero presto notate dal mio Centurione Fascista e tempestivamente riportate ai quartieri della Gioventu` Italiana del Littorio. Sebbene fossi giovane mi aspettava una punizione. Venni convocato alla presenza del comandante il quale, al mio arrivo, stava leggendo tra alcuni documenti dattilografati che teneva in fronte a se. Poi con tono autoritario mi disse che ero della stessa stoffa di mio padre, ben noto a loro come sovversivo. Mi ricordo` quali fossero i miei obblighi come Giovane Fascista e del mio dovere a partecipare puntualmente alle riunioni del sabato. Alla fine non manco` da parte sua un sentito sermone politico di indottrinazione, e concluse che  qualora non mi fossi attenuto ai suoi ordini avrei dovevo aspettarmi una severa punizione che mai piu` avrei dimenticato.

Quello era il modo in cui sono cresciuto. Ci volevano succubi ai loro ideali fascisti e si doveva obbedire ciecamente agli ordini da loro impartiti.

Fu in quei giorni che precedettero la guerra che mia madre decise di separarsi da mio padre. Anni ancor piu` difficili iniziarono per noi, e mia madre pur di vivere dovette adattarsi ai lavori piu`umili. Ma mai si arrese. Coraggiosamente lotto` contro le avversita`. Poi, col passare del tempo, ottenne un lavoro all’ospedale locale ed ebbe pure la possibilita` di iniziare il suo tirocinio come infermiera.

                                                                                              *     *     *

Quelli per noi furono i giorni che diedero inizio ad una nostra lunga e dolorosa esistenza. Vedevo mia madre soffrire in silenzio ed ancor piu` ostinatamente la vedevo lavorare, poiche` sapeva bene che la nostra esistenza dipendeva unicamente da lei.

Un giorno trovai l’ardire di chiederle, “Perche` mai tutto questo sta` accadendo a noi?”

Mama stette lungamente sopra pensiero, poi notai che lacrime si formavano all’angolo dei suoi occhi, ma furono ben presto represse. Mi rispose con una certa durezza, “Questa purtroppo e` la vita, Carlo. Dobbiamo essere forti e continuare il nostro cammino e dobbiamo essere capaci di portare la pesantezza del nostro dolore...”

La vidi turbata ed il suo sguardo era sfuggente. Mai potro` dimenticare quel giorno. Sicche` mai piu` da allora ebbi piu` il coraggio di porle altre domande. Rinchiusi entro me stesso quei pensieri e quelle parole d’affetto che avrei voluto dirle. Non volevo vederla piangere nuovamente ponendole inutili domande.

Ora finalmente quelli sono unicamente ricordi, e il tutto e` nullaltro che ricordi lontani. Mi sento  felice di essere qui, in questo luogo tropicale assieme a lei, mia madre. Siamo nuovamente uniti e tra noi sta` rinascendo quella confindenzialita` che era rimasta assopita per troppo a lungo.

Misticamente sento in me rinascere il bisogno giovalile di allora, il bisogno di esserle vicino e di ricevere il suo calore materno, in quello stesso modo in cui lo desideravo allora.

Sono venuto a comprendere una grande verita`. Ora sono certo che non ha importanza di quanto vecchi possiamo essere, poiche` in noi rimane pur sempre quella necessita` impellente, di avere la propia madre vicina. Comprendo come lei, attraverso una vita intera e` pur sempre stata capace di donarmi tutto, il meglio di se stessa, poiche` e` dovere della madre a proteggere l’amore. E` naturale quindi  il mio desiderio di voler ricambiare al  suo affetto che mi e` stato trasmesso attraveso il cordone ombelicale e che e` stato sempre la fonte capace a mantenere vivo tra noi quei desideri nati nell’infanzia, il piaciere di ricevere le sue tenerezze. In questo modo mai sara` possibile invecchiare di fronte a mia madre. Rimarro` per sempre quello di allora, piccino, poiche` sempre desideroso che i nostri istinti rimanghino immutati.

A quel pensiero, destatosi in me cosi` improvisamente, vidi come il desiderio dell’amore materno fosse stato represso per troppo a lungo, e mi sentii sospinto verso lei. Le presi la mano dicendole, “Sono cosi` felice di averti vicina. I love you so much, Mama. Lo sai che e` una infinita` che desideravo potertelo dire?”

Mia madre mi guardo` sorpresa. Forse non comprese completamente  il motivo di quella mia improvvisa effusione di affetto, poiche` non poteva leggere completamente cosa stava attraversando nel mio cuore. Ma vidi un raggio di luce nei suoi occhi mentre mi concedeva un dolce sorriso. Allungo` la sua mano verso di me. La presi tra le mie e sentii qualcosa che mi giungeva da lei. Sentii che non vi era bisogno di parole inutile, come d’altronde mai lo fu prima di allora tra noi. I nostri cuori avevano incominciato a comunicare in silenzio e direttamente. Mi sentivo ritornato nuovamente piccino, quel ragazzo che sempre aveva adorato la sua bella mamma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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