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Una recensione incerta

Ieri sera sono andato a teatro. Con la bici. Parto bene, mi son detto, senza alcuna ironia. Tre chilometri all'andata e tre al ritorno. Fuori freddo. Niente a fronte di ciò che mi aspettavo: in cartellone Monica Guerritore con il suo spettacolo “Mentre rubavo la Vita”. Omaggio-interpretazione dovuta alla poetessa Alda Merini: poesie messe in musica con il cantante musicista Giovanni Nuti, collaboratore della stessa Merini.
L'impressione, fin da subito, è stata che qualcosa stonasse. Non la bravura dei due attori, né la regia, né le musiche.
Diciamo che era qualcosa di non convincente: di mano in mano che lo spettacolo si andava sviluppando, prendendo piede, venivo convincendomi che era l'attacco ad essere sbagliato.
Bella l'idea di provare a farci un musical sulla produzione di questa grande Autrice, ma, se vuoi essere all'altezza della sua ironia, della sua compassione, l'obbligo permane quello di combinarle un vero tradimento.
Devi riuscire a scoperchiarle l'animo: ciò che velava, non ciò che ha disvelato.
Ciò che era fisicamente non l'ha mai nascosto: grassa, oscena, probabilmente anche avida o attaccata al pane, si mostrava in uno stato di semilibertà, a ginocchia nude, capelli unti e scarmigliati; rauca fumatrice, rotolava, strisciava, nelle sue dizioni, sui morfemi come se avesse in bocca sassolini. Nè temeva di nulla, con un pudore fanciullesco che usciva dallo sguardo obbligato dalle telecamere.
Venivo da un'ultima lettura delle sue poesie e di “Il freddo e il crudele” di Gilles Deleuze, anzi, il libercolo me l'ero portato dietro nel borsello per rileggermi, essendo entrato in teatro alle 20,30 in punto, il capitolo “Masoch e le tre donne”.
L'intuizione, siamo onesti: meglio la constatazione, che mi accompagnava di questa Poetessa: figura e testi, è che, parlando di lei, interpretandola, non si poteva far altro che disvelarla ai più.
“Che sono tanti...”
Assimilarla definitivamente, se proprio vogliamo farla sorridere dove si trova ora, come una bambina crudele, severa, materna, delle tre donne di Masoch, alla Madre delle steppe.
Come scriveva anche Freud, non della Alda Merini, ma dei tipi di donna, ne “Il motivo della scelta degli scrigni”.
E indubbio, allora, a mio parere, che al di là delle citazioni letterarie e psicanalitiche, l'intera fisicità della Merini si presenti, e costituisca, insieme alla sua poesia, scandalo, essendo pressante alla vista una figura erotica fuori dagli schemi, ed insieme una figura mistica e mitica dei testi stessi.
Una specie di Pizia moderna, se vogliamo, Predittrice sempre di un annuncio.
Una Natura che ti piomba addosso e impone, come annunciatrice, di prestarti ad un muto ascolto, assistere, con rigore, al messaggio che ti viene concesso.
A questo muto ascolto, seppur già di per se teatrale della Merini, i due Autori dello spettacolo hanno voluto dare, invece, lo strumento di rappresentazione del Musical. Il quale forzatamente presuppone la sovrapposizione di un linguaggio, quello poetico, con un diverso altro.
Per carità, Gesù Cristo stesso è stato oggetto di un Musical di enorme successo, figuriamoci, ma il semplice fatto che, con la distorsione delle note non riuscissi a carpire, come ero partito intenzionato con la mia bici, l'accadere delle parole della poetessa, mi rende oltremodo incerta questa miseria di recensione.
  
 
 
 

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