Scritto da © taglioavvenuto - Dom, 07/10/2018 - 00:01
Diario
Il sette settembre di quest'anno è morto in ospedale il padre di mia moglie. Era nato a Modica il quindici novembre del 1927.
Anche mia moglie è nata il quindici novembre. Ma più tardi. Avevano questa ricorrenza in comune. Si amavano così tanto che se per impegni di qualsiani natura uno dei due non poteva essere presente, raddoppiavano la festività.
“Io posso festeggiare di sabato. Io allora la domenica.”
Pur di essere uniti tutti i familiari.
Erano i giorni in cui mia suocera si spezzava la schiena in due, purché ci fossero i quattro figli.
Tutto siciliano. “Scacce e ancora scacce sul tavolo d'angolo della sala da pranzo – sul tavolo vero e proprio invece quel coniglio particolare cotto con tutte le verdura, cioé il coniglio alla stimpirata, che Anna, la più piccola dei figli, aveva imparato a fare alla perfezione. Se i compleanni erano stati distinti invece, e mia moglie avrebbe festeggiato in un giorno prefestivo oppure rimandato l'occasione, poteva capitare fosse stato preparato una sessantina almeno di Arancini di riso riempiti di tutte le leccornie consentite: il ragù migliore di vitello, la ricotta di pecora migliore, i piselli migliori. Sempre Anna, che a prima vista appariva la più disinteressata, e lo era a suo modo, si era riservata, e aveva conquistato, questo suo regno.
Relegandoci a comparse.
Oppure il baccalà di San Giovanni fritto. Che Marco, il marito, aveva revisionato rendendolo di una leggerezza unica. Mediante l'uso dell'acqua gassata nella pastella.
Massimo, il terz'ultimo, naturalmente, pensava ai vini e agli spumanti.
Poi la madre era deceduta per un tumore polmonare, terminale, ed i quattro figli si erano messi ognuno per conto proprio. Ognuno con le proprie esigenze, i propri pensieri.
Probabilmente l'unica a rimanere innamoratissima del padre, che la ricambiava istintivamente allo stesso modo, è stata, è, mia moglie Susanna.
La appoggio incondizionatamente.
Io ho nutrito, per ambedue quei genitori di lei, un profondo rispetto ed affetto.
Ho avuto, ad essere sinceri, più traversie, più problematiche con i miei, di genitori.
Lì, ero tornato a vedere il sentimento scambievole di una madre e di un padre per i propri figli.
Come il sentimento può propagarsi.
Sono tornato a sentire l'amore di mio figlio. Dei miei figli. Nel seguito.
A trarre soddisfazione dalle loro cure.
Aspetto la pace. Senza pregare. Chi poi? Rido.
Di che altro, di cosa potrei aver bisogno se non di un sorriso, il riso di un/ una nipote/ ina tra le braccia, quando e se verrà?
Di un ribaltamento estraneo?
Che tutto si rimetta, torni a posto? É ridicolo, ridicolo.
Voglio morire come il Merlo dal becco giallo.
Un giorno lo trovammo stecchito nella sua gabbia bianca. Era bello, bellissimo. Il becco spalancato.
Già puzzava. Il pavimento scuro, con striature marroncino e verde, assolutamente immerdato fino al ciglio della vaschetta dell'acqua in cui s'era suicidato per il freddo.
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