Scritto da © taglioavvenuto - Sab, 16/02/2013 - 08:30
Un uomo, un enorme romanziere, uno studioso sottile come pochi delle strutture e sensibilità umane e delle sofferenze provocate da tali strutture, un esperto conoscitore del lasciare negli scritti la sofferenza derivata da quell’esistere attraverso lo strumento retorico più affine: il paradosso: tragedia velata d’ironia, scrive un’ultima volta compiutamente del disagio, un capolavoro quale Infinite Jest e, per non pesare troppo sulle spalle dei suoi simili, si suicida.
Questa è la storia.
L’uomo si chiama ancora David Foster Wallace
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