Scritto da © taglioavvenuto - Mar, 26/05/2015 - 20:40
Sono stato su in cima con te ed ora mi agito dal ventre,
continuo andirivieni dell'anima. La pelle,
bollicine d'ossigeno e chissà quant'altro di cui si nutre.
Pagliuzze di utile fieno il viso ed una stalla dove l'aria si fa densa per
uscire dal tetto e dalle pareti strade inverosimili della bocca. Continuando nella corsa
all'in-sopprimente del senso, se gli sguardi, rimasti bassi,
si fissano oltre se stessi.
Lì, nel luogo primo dove avviene la penetrazione, l'osservazione
diventa stasi apparente; alla ricerca dei fluidi, il notturno ci conquista.
Là, all'interno delle viscere, nella caldara comprendi le accelerazioni improvvise dei fianchi e degli astri che non si mostrano, il colori, le nebulose tendenti agli infiniti:
Come i bulbi ancor prima di esser sfiorati immaginano note, sbalzino da dentro,
bussino all'epidermide con timpani di automatismi trasognati.
La vita, lì, e lassù, torna a sorprenderti e a sorprendermi.
La rete di un letto che a volte fa male, e a volte è l'unico
luogo ove il sonno si trasforma, elargendo le nostre notti rimaste.
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