Scritto da © taglioavvenuto - Mer, 12/02/2020 - 20:41
Essere
Di cosa parliamo, ma in particolare, di cosa parlate?
Vorrei permettermi...
Furono queste mie ultime parole a far scoppiare l'ilarità nel pubblico dei demoni. Si badi, negli spettatori che mi aspettavo, non in quelli non venuti nel salone affittato.
Mi resi allora conto del deserto. Lo conobbi; conobbi cosa vuol dire essere soli.
Cosa significhi vagare in uno spazio vuoto, freddo.
Cosa, significhi: essere un albero.
Essere un albero, capite?
Non fate gli gnorri!
Piegai le mani all'indietro, intrecciai le dita. Ero indeciso, confuso di essere, per una volta, stato così esemplarmente coraggioso. Aver trovato di primo acchito le parole giuste.
Perché io, signori, non ero mai e poi mai, riuscito ad esprimermi.
Io ero, e sono, un sasso: un piccolo frammento di roccia, caduto milioni e milioni, probabilmente milardi di anni luce fa, sul vostro pianeta terra.
Venni lanciato, mentre girovagavo nello spazio, da una forza più pesante della mia, che mi si era attaccata alle spalle.
Odorava di zolfo, come me. Stavamo letteralmente bruciando. Altri, dietro, furono sparati nel cosmo, ancora più grandi. Altri ci precedevano. Tutti nella medesima direzione, giù.
Finchè toccai.
Non fu un atterraggio morbido. Anzi, fu però un sollievo.
Il sollievo di aver trovato qualcosa.
Non sapevo cosa, non sapevo nulla. Come non lo so tutt'oggi.
Comunque, a poco a poco, dopo miliardi di anni luce, delle forze mi risollevarono. Sempre più fredde, liquasi liquide.
Mi raffreddavo.
Come succede ad ogni magma.
E, raffreddandomi...cominciai a scoprire, ad uscire.
Ora, qualcosa, sempre un qualcosa nella mia esistenza, mi solletica. Mi avviluppa, gioca con me.
Gira intorno come stesse giocando.
Potessi parlare, gli direi tu sei una cosa viva: ti muovi. Anch'io mi muovevo, nello spazio.
Mi alzai facendo uno scatto delle ginocchia dal divano letto appoggiato alla parete su cui avevo dormito fino ad allora, accesi la lampada a terrra sul pavimento; che non s'accese. Divincolai le dita, infilai i piedi nelle ciabatte e facendo un enorme sforzo per rimanere diritto, così avvolto nel sacco involucro, calcolando ad occhio i due metri che sarei rimasto al buio, lo scalino, l'inizio fino al sentiero.
Temevo di non potercela fare. E se mi fossi immobilizzato? Come ciò che mi solleticava sulla pancia...?
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