Scritto da © frattazzo picasso - Ven, 19/08/2011 - 19:56
La luna che ruba l'inverno si allunghi sul muro; pari ad un trompe-l'oeil affacci l'occhio a quella finestra turchese per parlargli degli spazi vuoti tra i vicoli ove perle d'amianto asservite alla frescura gridano incomprensibili i propri limiti all'ombra.
Le rimanenti stelle giocando sul tempo. La levigatezza del pulpito di religioni scomparse.
Canta dolce, iceberg che precipiti. Assidererà il corridoio il tuo pesante respiro.
Sorto da un'erba verdastra, dal diluvio della mente, dai cani bianchi delle pampas, cacciatori nebulosi alle calcagna, sarà costretto, sperone senza fiuto, alla beltà del balzo privato di porte.
Gridando qui ci misura il segno, oh nuvole senza tempo, dello spazio che trasmettono i corpi.
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