Scritto da © sid liscious - Gio, 03/12/2015 - 08:58
L'undicesimo estratto
( "Una prosa classica" d'Amedeo comunque, non d'Amadeus )
Cominciamo?
«Ok!».
Allora overture.
Overture e preludio soffice, soffice e...
«Ok!».
Allora overture.
Overture e preludio soffice, soffice e...
E subito minuetto.
Minuetto ed adagio.
Ed adagio e minuetto.
E minuetto ed adagio.
Benissimo, è il momento del rondò.
Non troppo a lungo comunque, di nuovo andante.
Ed allegro a seguire.
In do maggiore clarinetto!
In re minore violino!
In si bemolle lei signor fagotto!
E nel mentre m'irrompano nell'aria, di serenata, il gigue e la passacaille.
Mi raccomando è importante la passacaille.
Sì sì così, en movement.
Ecco nel mezzo del vivace mi s'inseriscano un presto, un largo ed un grave.
Ora però di nuovo minuetto.
Piano piano, adesso ancora adagio.
Wow direi...
Minuetto ed adagio.
Ed adagio e minuetto.
E minuetto ed adagio.
Benissimo, è il momento del rondò.
Non troppo a lungo comunque, di nuovo andante.
Ed allegro a seguire.
In do maggiore clarinetto!
In re minore violino!
In si bemolle lei signor fagotto!
E nel mentre m'irrompano nell'aria, di serenata, il gigue e la passacaille.
Mi raccomando è importante la passacaille.
Sì sì così, en movement.
Ecco nel mezzo del vivace mi s'inseriscano un presto, un largo ed un grave.
Ora però di nuovo minuetto.
Piano piano, adesso ancora adagio.
Wow direi...
Direi proseguiamo di toccata.
Magari preparandoci alla fuga ovviamente.
Un notturno?
Un arabesque?
Una riverie?
E perché no?
In fondo...
Magari preparandoci alla fuga ovviamente.
Un notturno?
Un arabesque?
Una riverie?
E perché no?
In fondo...
In fondo non stona mai un intermezzo.
Cui subentrerà una bourréè in suite per esaltarne una precisa melodia, naturalmente.
E lei mister flauto non mi faccia il moderato.
Con moto.
Con moto perbacco.
La marcia funebre è prevista più tardi dal programma.
Che l'allegro diventi brillante di spirito dunque.
Ed il vivace maestoso.
Dobbiamo introdurre la promenade in tarantella che conduce all'imponente conclusione.
Ottimo ottimo il contrappunto monsieur pianoforte.
Via via tutti insieme, una fantasia, il minuetto, il rondò.
L'incalzante serabande finale è in atto e...
Cui subentrerà una bourréè in suite per esaltarne una precisa melodia, naturalmente.
E lei mister flauto non mi faccia il moderato.
Con moto.
Con moto perbacco.
La marcia funebre è prevista più tardi dal programma.
Che l'allegro diventi brillante di spirito dunque.
Ed il vivace maestoso.
Dobbiamo introdurre la promenade in tarantella che conduce all'imponente conclusione.
Ottimo ottimo il contrappunto monsieur pianoforte.
Via via tutti insieme, una fantasia, il minuetto, il rondò.
L'incalzante serabande finale è in atto e...
Ed è trionfalmente finita l'improvvisazione.
Uff.
Uff, uff che sudata e che faticaccia bensì, bensì sono contento.
Parecchio contento.
Stavolta infatti mi sento proprio d'aver finalmente vergato quella che mai in passato mi riuscì.
Una prosa classica.
Uff.
Uff, uff che sudata e che faticaccia bensì, bensì sono contento.
Parecchio contento.
Stavolta infatti mi sento proprio d'aver finalmente vergato quella che mai in passato mi riuscì.
Una prosa classica.
Il dodicesimo estratto
( "D'artisti, dei e d'overdose" di Gildo e Terzo i polsi saldi della genesi teorizzano qualsiasi dio ha un superiore )
Ragioniamoci, Gildo.
Soppesiamo ben bene gli elementi, Gildo.
Per dire la foca?
Chi mai ha potuto avere l'immaginazione per ideare un personaggio tale una foca, Gildo?
Ce l'hai presente vero una foca, Gildo?
Ed ovviamente non parlo di lei personalmente, Gildo.
Lei non può farci niente ed è soave assai.
Parlo della sua forma difatti e per fornirti un precedente, Gildo.
Ci vuole una specie di strafatto Andrea Pazienza, e nel suo momento più fulgido, per ideare una forma del genere, Gildo.
Te lo dico io, Gildo, un genio assoluto e dissoluto insomma.
Uno normale per quanto dotato non arriverebbe mai alla foca, Gildo.
Troppo estetismo dispiegato espresso e complesso, Gildo.
Troppo.
E la sua faccia, Gildo?
Che mi racconti della sua faccia, Gildo?
Manco ci sarebbe arrivato Salvador Dalì dal nulla a così vergine simpatia, Gildo, e manco Leonardo da Vinci perfino, Gildo.
«Secondo me Terzo per...
Per l'ornitorinco e l'elefante pertanto l'ideatore realizzatore geniale era in delirio di droghe, multiple e potentissime, assunte oramai da tempo in dosi esagerate.
Sai come quando raggiungi il livello che fai robe assurde senza rendertene conto, talmente stai conciato».
Sempre parlando lasciando perdere, e non considerando affatto, qualsiasi preclusione verso codeste creature, vero Gildo?
«Ovvio, Terzo, ovvio».
Te la confido una cosa segretissima, Gildo?
«Vai, Terzo.
Vai tranquillo».
Per me è morto, Gildo.
«Chi, Terzo?».
Il tipo dio, Gildo.
«Ma no?».
Probabile era uno di quelli che usano le droghe per lievitare la creatività e nel bel mezzo della creazione, Gildo, altrimenti sai quanti altri, l'ha preso improvvisamente un'overdose decisamente fulminante e s'è svanito, Gildo.
S'è svanito impossibilitato persino, quale grande artista tale egli era, Gildo, a firmare ed autenticare le opere, Gildo, e dunque precipitandoci, noi e la foca e l'ornitorinco e l'elefante, nel dubbio e nei quesiti non risolvibili, Gildo.
«Incredibile, Terzo.
Se fosse giusto pari affermi tu sarebbero spiegati infiniti perché, Terzo».
Sicuro, però cavolo allora adesso chi li sta riscuotendo i diritti d'autore, Gildo?
«Ah non lo so, Terzo.
Assolutamente».
Forse il suo fornitore che vantava dei crediti immensi, Gildo?
Il tredicesimo estratto
( "La risuonansia" di Ben il mistico terra terra )
Ho fatto la risonanza magnetica... etica... etica... etica.
M'hanno messo dentro un bozzolo di plastica... astica... astica... astica.
Stavo disteso e comodo... omodo... omodo... omodo.
Girava aria.
Nessun segnale di claustrofobia... bia... bia... bia.
Le mie vertebre cerebrali erano da valutare... are... are... are.
Krishna.
Prima d'entrare mi sentivo agitato... ato... ato... ato.
Appena dentro invece ho trovato un calmante diremo come naturale... ale... ale... ale.
Gale.
Mi sono messo a ripetere un mantra... antra... antra... antra.
Om mani padme hum... hum... hum... hum.
Uhm.
C'era da gestire infatti una paura di base... ase... ase... ase.
E.
E se non fossero le vertebre?... ertebre?... ertebre?... ertebre?
Bella domanda.
Veramente anda... anda... anda.
Oh be' pensai... ai... ai... ai.
Al limite se ho un ospite l'ospito... ospito... ospito... ospito.
E gli parlo... arlo... arlo... arlo.
E l'informo d'alcune cosette... ette... ette... ette.
Morto io morto pure tu ad esempio.
Pio, pio, pio.
Non ti conviene fare troppa festa lì dentro... entro... entro... entro.
Entro breve tireremmo le cuoia... uoia... uoia... uoia.
Fatti furbo.
Se non ti comporti da uomo è meglio... eglio... eglio... eglio.
Prendi il minimo indispensabile dal tuo ambiente... ente... ente... ente.
Non fare l'esagerato come lui... lui... lui... lui.
C'è in palio una vita più longeva... eva... eva... eva.
Sì sì appunto anche d'Eva.
E potrai entrare nei miti della tua razza... azza... azza... azza.
Azzarola.
Non una roba da nulla.. ulla... ulla... ulla.
Ullallà.
Io credo il record vostro adesso sia piuttosto basso... asso... asso... asso.
Fate presto voi... oi... oi... oi.
Al massimo nel giro di pochi anni crescete ad un livello insostenibile... ibile... ibile... ibile.
E crack... ack... ack... ack.
Io t'offro una possibilità.
Diventare il recordman... an... an... an.
Credi s'è per me potremo tirare avanti ancora cent'anni... anni... anni... anni.
Anni belli e felici... ici... ici... ici.
No no non ti preoccupare nemmeno l'ici a te farò pagare.
Nè affitto o bollette... ette... ette... ette.
E sarai ricordato in eterno... erno... erno... erno.
Il cancro più longevo del mondo... ondo... ondo... ondo.
Il cancro più longevo del mondo... ondo... ondo... ondo.
Il cancro più longevo del mondo... ondo... ondo... ondo.
P.s.1
Ieri sono andato a ritirare la risposta... osta... osta... osta.
Niente di preoccupante... ante... ante... ante ma...
Ma dovesse accadermi ho deciso il discorso lo terrò buono... uono... uono... uono.
Uono.
P.s2
Ale gale è un nick name a suo tempo usato sul web dall'autore Ben.
Il quattordicesimo estratto
( "Di serie" di Burrito il televisiomante )
Ho, per qualche giorno, invitato Elisa.
Dove?
Mi sembra ovvio, a Rivombrosa.
Domani mattina salirò sulla Freccia Nera ed andrò ad arieggiare la dimora, che lì mi sono fatto progettare e realizzare dal Supernatural in proposito.
Il famoso ingegnere Dottor House.
La sera lei arriverà e ce ne staremo di per cui Ai confini della realtà.
A sud del paradiso.
Sulla vetta di Cime tempestose.
Ed ovviamente senza che nessun Codice rosso, ed alcun Falco della strada, possano interferire con la nostra, consumata ed inossidabile, intesa di vecchi Compagni di scuola.
E Piccoli brividi inguinali già mi percorrono all'idea.
Sono certo infatti lasceremo alle spalle Incubi e deliri delle nostre vite, costrette separate da Genitori in blue jeans, e pure L'onore ed il rispetto allo scopo d'abbracciare le Semplici regole iffervescenti delle Cose che amo sul serio.
Ed avrò quindi finalmente Una pupa in libreria.
Le mani bianche nonostante molto curiose e la Tempesta, ormonale, del secolo.
Privo di timore salirò al Settimo cielo e chiaramente esporrò la convinzione e le prestazioni di Due uomini e mezzo.
Cinque giorni all'Acca due o pesante dunque saranno.
Cinque Happy days e non lo dirò nemmeno al Mio amico Arnold, che quello arriva e ci distrae con i suoi racconti sul Destino dell'universo o sui Delitti del cuoco.
Nessuna intenzione d'essere Quelli della pallottola spuntata ribadisco, anzi giro Vita da strega del piacere ella esporrà indubbiamente, ne sono convinto, ed Il fuoco cammina con me i questi momenti, srotolando Il settimo papiro delle Mille ed una notte, mi sussurrerà estasiata.
Finalmente diventeremo I promessi sposi giunti alla sera del giorno designato e lei si chiamerà Moana ed io non mi chiamerò Mister Bean.
Questo è sicurissimo
La nostra Squadra d'assalto conquisterà l'erotismo esasperato.
L'oramai purtroppo, in condizioni normali, Fuggitivo erotismo esasperato.
Ergo esibiremo particolari Servizi e scoperchieremo segreti tabù mai realizzati.
Non realizzati e scoperchiati causa Io sto già con lui/lei e non posso.
Credi non posso.
Faccio Tutto in famiglia ed ho la sensazione di vivere un Diario di vampiro.
Però Non pensarci adesso che il mio Cuore selvaggio mi muove a te, allora aggiungerò.
E Prima o poi divorzio, concluderò.
Se per caso insieme dimostreremo le serie tivù mantengono in pieno le sessuali, totali e libertine, prospettive che lasciano intendere al guardarle...
Prima o poi divorzio.
Il quindicesimo estratto
( "Fra trattini titoli" di Flour una sola virgola per racconto )
Quando -il mio piccolo grande amore- incontrò -il vecchio ed il bambino- - Alice- urlò -affacciati affacciati- c'è -aria di rivoluzione- al che...
Al che -il pescatore- intanto tirava su strani -fiori rosa fiori di pesco- senza preoccuparsi necessariamente e...
E -la gallina in mezzo all'aia- allora credette -il primo giorno di primavera- avesse -emozioni- unicamente praticando -il mio canto libero- così all'inizio realizzò di -Felona e Sorona- quali fossero normalmente solo -impressioni di settembre-.
-Se la mia pelle vuoi- vieni al -mare d'inverno- e con -la donna cannone- nello stesso periodo però proclamava per fortuna invece -il signor G- e quindi l'amore...
L'amore per -Aida- sbocciò finalmente in me ( fin lì inesperto pescatore ed un minimo gallina ) di -non mi rompete- dato -la vecchia che salta con l'asta- rincuorandomi assai partì sicura per -la guerra di Piero-.
E questo ovviamente sempre per non nominare i benefici effetti d'una salutare -era del cinghiale bianco- di
-come fossi una bambola- o di -oggi ventinove settembre-.
Urca quanti settembre.
Poi...
Poi col maturare all'improvviso sciaguratamente delle distrazioni raccolte in -Siberia- cambiarono repentinamente e nuovamente le cose difatti...
Difatti il -desaparecido- chiese unilateralmente d'andare in-depressione caspica- tanto che -l'Emilia paranoica- diventò -ruggine- ed ebbe bisogno -ripetutamente- di -mi piacciono le sbarbine- -nuotando nell'aria- affumicata e -cosmica- al contrario, ma nel mentre stavo abbandonando fu giusto del -sanacore-...
Del sanacore napoletano esortandomi al -semina semina- e dicendomi durante un'-alba meticcia- -non ti fidare- levati da quei -paisi maledetti- -partigiano Jhon- a...
A farmi rianimare praticando -me basta lu sole- e lasciando perdere -la mia moto- e -la più bella cosa- e pure -chi ha ucciso l'uomo ragno- in quanto...
In quanto loro mimavano invano invano invano -il canto del vuoto- e di sicuro con ciò per un po' mi ripresi almeno quanto -il ballerino di jazz- bensì...
Bensì comunque e nonostante tutto cavolo di...
-Di come ho perso la mia guerra- purtroppo ve lo sto dicendo lo stesso in diretta dal -treno per Babylon- e dopo aver pure visitato -l'ombelico del mondo- e -picchiato la testa- su -libri di sangue- -celluloide- -bollicine- e -sovietica vesuvianità- e di per cui che infine...
Che infine su un -bass paradis- poggiò -lu cardillo- stanco esattamente mentre -l'altissimo- di sopra invocava -il corvo- di sotto dicendogli -ovunque proteggi- -santissima dei naufragati- le meravigliose...
Anzi no scusate le stupefacenti -cinnamon- non so se me la sento di dirvelo.
Mi dispiace.
Non so.
Non so.
Non so.
Il sedicesimo estratto
( "Sopportare per credere" tema composto da Pista colui che mal accetta e ben precisa )
Dai alza il volume.
Questo brano mi fa impazzire.
E spalanca le finestre.
Oh no!
Non importa che prima ti vesti.
Tutti devono sapere.
Piuttosto forza.
Balliamo in terrazza.
Ora sono importanti i tuoi occhi non quelli della gente.
Uhm.
Speciale questa colazione.
Wow.
Mai avrei pensato questo film fosse così interessante o quant'è eccezionale passare un pomeriggio, naso all'insù, a guardare le nuvole.
Vieni qui mia gioia.
Dopo l'amore fatto con te mi sento di poter morire contento.
Già vissuto, e per intero, tutto quel che serve d'una eternità.
E non finiscono mai le sorprese assieme a te.
Mi piace farmi la barba.
Mi piace curarmi nell'aspetto.
Mi piace il traffico.
Mi piace la città nebbiosa.
Mi piace l'aria irrespirabile.
Mi piace la noia del lavoro.
Ed il tempo non mi pesa.
Ed alzarmi la mattina mi fa allegria.
E, incredibile, sono diventati simpatici perfino i discorsi di mia madre.
E tutto ciò mai avrà fine naturalmente.
Anzi giorno per giorno rinnoverà sublime.
Giorno per giorno cresceranno i figli.
Giorno per giorno approfondiremo conoscenza reciproca.
Giorno per giorno affronteremo gli impegni d'una famiglia.
Giorno per giorno la musica perderà volume.
Giorno per giorno le finestre rimarranno chiuse.
Giorno per giorno la colazione si farà schifosa.
Giorno per giorno il film diventerà nefasto.
Giorno per giorno la barba fatalmente s'esporrà incolta.
Giorno per giorno il lavoro si rivelerà una condanna e, giorno per giorno, i discorsi della mamma ritorneranno puro veleno.
Ma tranquilla mia cara.
Non abbiamo sbagliato nulla.
Ove conduce un amore mica l'abbiamo stabilito noi.
Ove conduce un amore mica l'abbiamo stabilito noi.
Ove conduce un amore mica l'abbiamo stabilito noi.
Sopportare per credere.
Il diciassettesimo estratto
( "Le avventure del bandito Sid Liscious" corposo racconto di Aurelio, lo che di suo tenderebbe tendenzialmente ad abusare, oltre che di che, in auto fiducia )
La cosa in sé e per sé potrebbe essere tragica, casuale o comica, bensì è successa e per conto mio merita di venir narrata.
Comincio dall'inizio.
Da tempo cercavo un esercizio commerciale chiuso nei pressi d'una precisa banca.
L'idea era più o meno la solita.
Attaccare alla serranda un bel cartello tipo stiamo lavorando per una prossima riapertura, in modo da giustificare l'entrare ed uscire con attrezzature e materiali vari, ed in realtà invece scavare un, comodo, tunnel sotterraneo che conducesse nel caveaux, ove ovviamente presumevo avrei completamente risolto i miei problemi finanziario esistenziali.
E finalmente dopo varie vicissitudini contrattuali e non riuscii ad averne uno.
Neanche serve sottolineare mi misi a lavorare di gran lena il giorno stesso e devo dire con soddisfazione estrema.
Le mappe che m'ero procurato infatti rispondevano in pieno.
Ancora un metro e dovrei incontrare il tubo dell'acqua ed incontravo il tubo dell'acqua.
Ancora sette e troverò la linea elettrica e trovavo la linea elettrica.
Ancora quattro ed il muro delle fondamenta sarà mio e fu mio.
Tutto procedeva a gonfie vele insomma.
Nessuno si lamentava di rumori molesti.
Nessuno, all'oasi ecologica, si preoccupava di chiedermi da dove veniva il materiale inerte consegnato.
Nessuno sospettava di nulla, anzi i negozianti intorno tutti mi riempivano di complimenti ed auguri per l'iniziativa e con grande entusiasmo.
Una sola cosa mi disturbava di tanto in tanto.
Degli altri rumori.
Degli altri rumori che parevano proprio provenire dal sottosuolo e molto simili, nel tentare d'essere in sordina, ai miei.
Non capivo assolutamente la loro origine.
Non comprendevo che tipo di lavoratore poteva produrli e certamente non pensavo fossero come dire naturali, o derivati da qualche movimento animale.
Alla lunga mi ci abituai comunque, anche considerato il fatto continuavo a non notare di fuori stranezza alcuna.
E pertanto andai avanti metodico ad impegnarmi nello scavo.
L'obiettivo era una grata sul pavimento della camera blindata, lì posta per l'eventuale scarico dell'acqua immessa in caso d'incendio.
Una grata chiaramente super rinforzata, però anche non molto preoccupante visto, e considerato, una lancia termica, per aprire le cassette di sicurezza, dovevo portarla in ogni caso.
Ed i rumori paralleli nel frattempo anche loro continuarono naturalmente e continuarono e continuarono e continuarono finché, una mattina, non...
Non si svelarono in tutta la loro sorprendente ampiezza.
Una donna.
Una donna bionda ed impolverata difatti stava arrivando, scavando giusto contemporaneamente a me, sotto la grata.
Non vi dico lo spavento comune nel momento in cui, per grazia ricevuta silenziosamente, cadde il sottile diaframma che separava i nostri due scavi convergenti e paralleli.
Che tra l'altro fui io a procurarlo, il crollo, poggiandomi con la schiena per un po' di riposo, ed una sigaretta, sul fianco del mio di tunnel.
E tu chi sei?
E soprattutto che ci fai qui?
«No tu chi sei e vattene, l'idea l'ho avuta prima io».
Cosa dici bella, sono mesi che ci lavoro ed anni che progetto ed inoltre ho pagato profumatamente le dritte all'ingegnere progettista e non intendo dunque recedere d'un solo passo.
«Ah buona questa.
Credi forse io non abbia fatto uguale?».
Affari tuoi, ma un bel casino comunque.
Che dici se, in vece d'azzannarci qui sporchi e scomodi, ci troviamo in città e ne discutiamo serenamente?
«Ok al bar Meeting alle otto stasera e nel frattempo non tentare di fregarmi, che t'ammazzo stecchito prima e mi prendo l'intero bottino poi».
Andai all'appuntamento ancora incredulo.
Lei c'era.
Discutemmo dapprima animatamente e dopo via via sempre con più calma.
Era bella e suadente e simpatica e...
E disponibile.
Parecchio disponibile.
Parecchio, parecchio, parecchio.
Finimmo a casa mia e ci rimanemmo per tre giorni filati.
A far l'amore e parlare, a far l'amore e tentare accordi, a far l'amore ed a dirci infine d'accordo ci s'incontra, non appena la banca chiude, giù alla grata, che insieme entreremo in paradiso.
Si rivestì, mi sorrise mandandomi un bacio, voltò le spalle chiudendo la porta e...
E non la rividi mai più.
Che pollo ero stato.
Allorché m'inoltrai nuovamente nel tunnel finii in pasto a delle manette.
E mi sta giusto bene la galera in perdurante totale povertà.
Lei aveva...
Le aveva minimo un complice, che nel mentre dei miei coiti colpì, io no.
Non particolarmente fortunata avrete intuito la mia carriera di bandito ed a tal proposito vorrei fornire una statistica che molto bene la descrive.
Ho fatto in totale sedici furti da me progettati e sono stato beccato diciotto volte.
Un successo incredibile.
Come ci sono riuscito?
Oh semplicissimo, in due occasioni scelsi compagni di cordata che proponevano azioni semplici e sulla carta quasi legali.
Una ve la racconto volentieri.
Da tempo la città era sott'assedio d'un misterioso ed inafferrabile ladro d'antiquariato.
Rubava di tutto e nei posti più disparati.
Da case private, da luoghi pubblici, da musei, da chiese ed in generale da tutti i siti in cui stazionavano preziosi oggetti antichi.
Mobili, gioielli o suppellettili non aveva importanza.
La polizia s'era fatta l'idea la sua fosse una fobia non un bisogno di denaro e che col tempo questa mania s'andasse trasformando in sfida aperta.
Credo furono ingaggiati i migliori detective al mondo ed installati i congegni di sicurezza più sofisticati, ma niente.
In un modo o nell'altro lui riusciva ad entrare ovunque ed a portare via cose anche d'un certo volume, o armadi pesantissimi, senza lasciare traccia alcuna.
Un bel guaio anche per tutti noi del mestiere fra l'altro, che i controlli s'erano fatti pesantissimi e gli spazi di manovra strettissimi e pericolosissimi ed io ovviamente, mica sono scemo, decisi perciò di lasciare da parte un momentino per dedicarmi a mansioni quasi "oneste".
E che mansione quasi onesta mi capitò?
Una mansione probabilmente folle vi dirò, però anche classificabile non pericolosissima nonostante, per ovvi e svariati motivi, dovesse rimanere segretissima.
M'agganciò un tipo e mi raccontò una storiella.
Aveva rinvenuto la mappa originale d'un tesoro e voleva io l'aiutassi nel tentare di recuperarlo e diceva una volta trovato sarebbe stato estremamente generoso.
Una storia incredibile, specie ai nostri tempi, alla quale unicamente dei tostati avrebbero dato credito, bensì pure appiccicosa e suggestiva.
Non seppi resistere i volli approfondire.
Nelle viscere del castello sulla rocca, dalla mappa, in effetti era indicata una stanza segreta.
Una stanza la cui entrata era visibile solamente nel momento, durante una notte di plenilunio settembrino, veniva accarezzato trentadue volte, e dall'alto verso il basso, un particolare sasso posto sul muro di quello che sembrava essere un, normalissimo e stretto, corridoio di raccordo.
Feci diversi sopralluoghi prima d'accettare.
In fondo si trattava pur sempre d'entrare da ladri e dunque non si poteva lasciare nulla alla casualità.
Di giorno fortunatamente il maniero era aperto ai visitatori, che comunque, oramai, non vedevano niente in quanto il, serial, ladro d'antichità aveva già portato via tutto.
Il corridoio esisteva veramente.
Primo buon indizio.
Il particolare sasso anche.
Secondo buon indizio e terzo buon indizio la sorveglianza era stata praticamente tolta.
Che come dicevo non serviva più.
Mi turbava unicamente il fatto del plenilunio settembrino.
Ci riflettei, e riflettemmo, a lungo e non arrivai, o arrivammo, a nessuna conclusione logica.
Lo stesso decisi di gettarmi nell'avventura a corpo morto, al che assieme a colui che mi volle complice aspettammo.
Passò la luna d'agosto e l'attesa si fece pressante.
Normale poteva esserci il nulla o il tutto dentro quella stanza, ma si sa la speranza sta sempre dalla parte migliore.
E venne la notte fatidica.
Entrammo con assoluta facilità e scivolammo, mute ombre, lungo i vecchi camminamenti ed arrivammo di fronte al fatidico sasso.
L'ammetto ero talmente agitato che gli dissi accarezzalo tu sebbene lui premesse per il contrario, però contai con la massima attenzione il numero delle carezze.
Ventotto, ventinove, trenta, trentuno, trentadue e...
Ed incredibile il muro cominciò a scorrere liberando dapprima una buia fessura.
Che s'allargò, s'allargò, s'allargò fino alla misura d'una vera e propria porta.
Non vi dico l'eccitazione.
Quasi non riuscivo a premere il pulsante della torcia elettrica e tremavo tutto ed il sudore s'era fatto rivolo e «buona sera signori.
Polizia.
V'aspettavamo ansiosi».
Porca puttana nemmeno tentammo la fuga.
In un baleno apparirono sbirri da tutte le parti e non capivo, non capivo, non capivo, il motivo d'una presenza così massiccia.
Me lo spiegò gentilmente il famosissimo detective Ale Gale, ovvero colui ch'ideò la trappola.
Gran furbone senz'altro il nostro.
Lui difatti, conoscendo la leggenda della parete mobile al castello, nel sottofondo segreto d'un raro preziosissimo cofanetto inglese del settimo secolo, fatto giungere in città appositamente ed accompagnato dalla giusta segretezza munita negli ambienti appropriati di qualche spiffero ad hoc, aveva fatto nascondere la falsa mappa, peraltro frutto d'un lavoro eccezionalmente fantastico e ricavata su carta d'epoca originale.
Un lavoretto con i fiocchi, ed i contro fiocchi, per intenderci che sarebbe stato in grado d'imbrogliare chiunque.
Lui era certissimo il ladro d'antiquariato sarebbe riuscito a rubare il cofanetto e quindi, con mano d'esperto, pure a scoprirne il segreto.
Il rischio era notevole, se non che a quel punto il maniaco non avrebbe potuto di certo resistere e, vicenda assai importante, mai avrebbe delegato il piacere d'entrare per primo in un luogo rimasto intatto, con tutti i suoi contenuti, durante tanti secoli.
Ed aveva avuto ragione.
A casa del mio complice furono rinvenuti in toto i corpi dei reati precedenti.
Non potei non fargli i miei complimenti e, chiaramente, non potei nemmeno non farmi svelare il perché avesse scelto giusto la luna settembrina, che ci avevo ragionato sopra troppo per lasciare perdere.
Mi guardò e scoppiò a ridere.
«Che c'è di meglio d'una licenza premio appena, mal volentieri, ripreso il lavoro dopo le ferie? mi rispose.
Che c'è di meglio?».
Credetemi lo smacco fu notevole anche se l'esperienza mi fece imparare un sacco di cose.
Gli avversari s'erano fatti notevolmente intelligenti.
Serviva un salto di qualità.
Decisi mi sarei cimentato nello spaccio internazionale di ragguardevoli quantità.
Feci attrezzare una vettura.
Il mio amico carrozziere ricavò lo spazio necessario, per il trasporto illegale, nella struttura del sotto portiere e richiuse il tutto perfino riverniciando a modino assai.
Io avrei dovuto raggiungere il Marocco, comperare a prezzi vantaggiosissimi l'hashish, smontare una ruota, rimuovere una placca di ferro sull'interno parafango, infilare dentro la merce e richiudere saldando, e ricolorando, con dell'attrezzatura appositamente portata con me.
Un gioco da ragazzi.
Traghettai al Algecirar, raggiunsi Tétouan ed infilai dritto la strada che conduce in Ketama.
Il piano l'avevo ragionato perfettamente.
Dovevo essere discreto e per nulla appariscente.
Dovevo trovare una fattoria di produttori fuori mano, e non frequentatissima, e possibilmente dal fatturato di poco conto, che le grandi perbacco sono iper controllate e dunque molto pericolose.
Dovevo muovermi con le pinze insomma.
Salii in alto sulla montagna perlustrando attentamente.
Quella no, troppa gente.
Quest'altra nemmeno, il padrone ha l'occhio bieco.
Questa andrebbe bene, ma il fumo è appena appena discreto e per nulla a buon prezzo.
E via di questo passo in luoghi sempre più ameni, finché non infilai la tortuosissima stradina giusta.
Notai subito, e con un certo piacere, la grande povertà che dichiarava la situazione.
Baracca più che casa l'abitazione di quel tizio e pietraie più che campi tutto attorno.
Mi sembrò il posto cercato.
Che in effetti rispondeva in pieno ai requisiti da me ritenuti fondamentali.
Pensate avevo posto per una trentina di chili nel vano fantasma, però lui ne possedeva solamente venti tre.
D'ottima qualità peraltro e dal prezzo incredibilmente leggero.
Tempo un paio di giorni, in verità un tot sballati, ci mettemmo d'accordo su tutto e tempo un altro paio la farcitura era riuscitissima.
Riuscitissima al punto tale nessun cane di dogana avrebbe potuto annusare la droga e nessun esperto in carrozzeria nemmeno immaginare l'arcano, meravigliosamente, nascosto da una nuova saldatura e da una gentile, e per nulla visibile, riverniciatura.
Ero proprio contento ed il contadino anche che rideva, e rideva, di gusto nel vedermi soddisfatto e che inoltre aveva guadagnato un mini flessibile ed una saldatrice portatile.
Rifeci la strada al contrario e tutto a meraviglia e mi ripresentai dunque all'imbarco, verso la Spagna, sicurissimo la traversata sarebbe andata a meraviglia.
E con i doganieri marocchini fu così e nonostante una perquisizione meticolosa.
Sul traghetto pensavo s'è andata favolosamente con quei tuttora astiosi discendenti d'Annibale andrò...
Andrò sul velluto con gli assai pentiti pronipoti di Torquemada.
I doganieri spagnoli aspettavano impettiti lo sbarco dei mezzi.
Passaporto, controllo targhe sul libretto e qualche domanda rispetto al motivo del viaggio e «accosti in quello spazio laggiù per favore».
E da un portone uscì uno in divisa con un trapano in mano.
La del quale punta, da otto millimetri, perforò giuliva il sotto portiera giusto in mezzo ed uscì con addosso attaccata una parecchio indicativa, ed ocra verde intensa, quantità di polline.
Accidenti m'avevano beccato pure stavolta ma...
Ma come avete fatto?
«Semplice signore, probabilmente il suo piano aveva delle pecche».
Scusi sa che tipo di pecche?
«Lei è andato da un contadino che produce poco e tira avanti nell'indigenza e per vivere, e mantenere la famiglia, deve lo stesso vendere tutto l'anno, al che noi con lui abbiamo ideato un contrattino».
Un contrattino?
«Sicuro, lui ci fa la soffiata e c'indirizza esattamente nel luogo dove cercare sul mezzo ed in cambio noi, oltre ad un misero premio in denaro, gli restituiamo anche l'hashish in modo lui lo possa commerciare nuovamente, e la storia ricomincia da capo con grande beneficio per tutti i protagonisti, tranne lei e quelli pari a lei ovviamente».
Ma va fanculo va Sid Liscious.
Ma va fanculo!
Presi otto anni da passare nel carcere d'uno sperduto paesino nella Mancia.
Dio volle, previo avere scontato metà della pena, potei scegliere se finirla o venire rimpatriato, con la clausola non avrei potuto rientrare in Spagna vita natural durante.
La scelsi e me n'andai accompagnato alla frontiera senza neanche un soldo in tasca, nonostante arricchito d'una medio alta cultura linguisticamente gitana e musicalmente "flamenchera".
Arrivai a casa distrutto ed affamato.
Dovevo inventarmi qualcosa.
E cosa?
Ci pensai tanto mentre nel frattempo la vecchia zia Camilla m'allungava qualche panino.
E pensai e pensai e pensai ed alla fine la decisione fu consapevolmente drastica.
Sarei diventato un killer a pagamento.
Non facile introdursi nell'ambiente peraltro, né procurare gli attrezzi appositi bensì, insisti, insisti, insisti, alla fine ebbi lo che volevo.
Una signora spossata da una mania del marito ed un'arma a canna lunga di precisione assoluta.
L'appuntamento era al parco.
Bella topa, non più giovanissima però ancora certamente avvenente.
Aveva un problemuccio cui non voleva cedere.
Lui pretendeva almeno un pompino avesse sancito in maniera indelebile la loro unione, bensì lei era assolutamente contraria.
Mai, e mi ribadì più volte mai, lei in vita sua aveva fatto ciò e mai, mai, mai, avrebbe avuto l'intenzione di cedere.
Solo lui era diventato assillante.
Ci provava in ogni momento ed in ogni luogo ed in tutte le stagioni ed era insopportabile.
Insopportabile, insopportabile.
L'ultimo giro s'era infilato al posto del prete nel confessionale, se non che lei capì l'inghippo nel momento in cui il sacerdote le propose, quale penitenza, di succhiare una turgida pena che conosceva fin troppo bene.
Dal mio punto di vista sulla carta non un impegno difficile comunque.
Persona parecchio metodica e casa che dava su un boschetto incolto, ove l'appostamento sembrava aver incontrato la naturalezza d'essere nel caso fondamentale.
Al secondo appuntamento ci accordammo il decesso sarebbe avvenuto il prossimo sabato.
Metà compenso subito, metà ad omicidio effettuato.
Tutto estremamente filante, almeno fino al venerdì sera.
Al fatidico venerdì sera dovrei dire.
Sì perché lei fu vittima d'una, o di varie, crisi di coscienza durante quella nottata.
S'era pentita cavolo.
Il senso di colpa la stava divorando piano piano e non resistette e confidò la cosa al marito e dopo scoppiò depressa in lacrime.
In lacrime, in lacrime, in lacrime.
Oramai non poteva più fermarmi e non sapeva in che maniera farsi perdonare dal consorte ed ebbe un'idea.
"Per dimostrargli la mia prostrazione e la mia dedizione cazzo... Cazzo stavolta gli faccio il pompino".
E glielo fece totale.
E glielo fece che lui non ci credeva.
E glielo fece che lui capì perfettamente come mai l'aveva sempre desiderato.
E glielo fece che s'applicò in maniera incredibile.
Che la sua lingua e le sue labbra, ed il suo palato e la sua gola, diventarono un tutt'uno con l'attrezzo del consorte.
E glielo fece che lui s'agitò tutto.
Che il suo sangue pulsava a mille dentro le vene.
Che il suo desiderio diventava man mano incontrollabile ed incontenibile.
Che il sudore gl'inondava il corpo intero.
E glielo fece che quando venne si bevve lo sperma manco fosse rosolio.
E glielo fece che giocò con codesto suo liquido a farlo girare, e rigirare, per la bocca prima d'ingoiarlo in toto e badando bene non andasse dispersa nemmeno una singola minuta gocciolina.
E glielo fece che la pressione di lui schizzò a quattrocento cinquanta.
Che i suoi bulbi oculari niente niente uscirono di fuori.
Che i suoi capelli si drizzarono.
Che l'emozione lo travolse.
Che...
Che il suo cuore, sottoposto a sollecitazioni incredibili, non resistette e si spaccò letteralmente in due vittima d'un infarto fulminante.
Oh perbacco.
La mattina arrivai in loco e la prima immagine fu un carro funebre che lasciava la casa.
Poi nel boschetto venne lei e mi mise al corrente dei fatti.
Che delusione.
Era andata male pure stavolta cavolo ed un senso di profonda frustrazione s'impadronì immediatamente di me, che la mia faccia credo sembrava un cencio usato per lavare, tredici volte, il pavimento d'un padiglione fieristico.
E lei notò e si commosse, commosse, commosse al punto che dicendomi «non voglio indietro l'anticipo, anzi se per te va bene e collabori ti salderò anche il resto» m'aprì la cerniera ed in un baleno s'infilò il mio pisello in bocca che sembrava in trance e ripetendo continuamente.
«Mamma quant'ero scema.
Mamma quant'ero scema.
Mamma quant'ero...
Scema».
Quindi neanche male concludendo.
Guadagnai buoni soldi senza dover espormi, non finii dentro e la donna mi, e si, consolò abbondantemente negli anni a seguire.
Certo professionalmente non il massimo, eppure m'accontentai volentieri quantunque, alla lunga, l'istinto conduce sempre il lupo verso il gregge e pertanto infine accettai, entusiasta, una nuova pensata delinquenziale, che m'assaltò durante un moto oserei affermare d'ingiustizia sociale.
Lo sapete i poveri, gli sfrattati, i malati ed in generale gli emarginati sono categorie protette e per le quali ogni singolo stato, chiesa compresa, spende all'anno montagne, e montagne, di soldi finanziando organizzazioni che difendono e lottano per i loro diritti e...
E decisi d'approfittarne.
D'approfittarne però...
Però non solo, che volevo capire pure dove avrebbe potuto spingersi tanta solidarietà così enfaticamente, e pubblicamente, espressa.
Ne rapii una decina tra barboni, handicappati, licenziati e cassaintegrati.
Ne rapii una decina e li piazzai a casa dell'auto vedova e chiesi un riscatto.
Due milioni di euro per ciascuno e lo feci calcando la mano sul fatto altrimenti avrebbero incontrato una gran brutta fine.
No tranquilli, non li trattai male.
Tutt'altro.
La signora preparava loro da mangiare con impegno ed abbondantemente e li teneva puliti, probabilmente tale non erano mai stati, ed inoltre anche soddisfatti che, sebbene il loro numero fosse impegnativo, era rimasta veramente fulminata dalla sua prima volta e non perdeva occasione.
Non perdeva occasione.
Non perdeva occasione.
Credetemi il clamore fu immenso.
Una nuova forma di terrorismo internazionale.
Giornali e giornalisti esaltati nei titoloni.
Televisioni assatanate.
Preti, vescovi e papi che lanciavano anatemi ed omelie di fuoco.
Eserciti, polizie, servizi segreti e governi in allerta al livello massimo.
Onu, fondo monetario, organizzazione della sanità e chissà chi altri in mobilitazione generale.
Cavolo sembrava funzionare il ricatto.
A parole sembrava funzionare alla perfezione, ma dopo mesi e mesi non avevo ancora visto un centesimo ed il gioco dello scarica barile, tra chi avrebbe dovuto pagare, raggiunse livelli pubblici e privati esilaranti.
Al solito insomma.
Tutti che fanno tutto per tutti a parole ed in pratica ognuno che pensa al proprio orto, che svuotato di soldi non avrebbe potuto dare i frutti privatamente desiderati.
Da rimanere a bocca aperta al rendersi conto di quanto, in taluni ambienti, quel ch'era sulla carta rimaneva stampato unicamente lì, accadesse quello che accadesse.
Unica iniziativa/panacea dalla totalità di costoro proposta, e sostenuta con estrema fermezza, una colletta.
Una colletta da svolgersi fra la gente ovviamente.
Una colletta che dunque doveva ancora togliere risorse, e grana, ai poveri disorganizzati chiaramente.
Una schifezza immane.
O meglio la solita immane schifezza naturalmente.
Quanta amarezza.
Alla fine rinunciai e tentai di liberare gli ostaggi.
«Col piffero» mi risposero in coro.
«Noi rimaniamo qui, che stiamo benissimo ed abbiamo trovato persone di buon cuore e disposte sul serio ad esporsi, e rinunciare in prima istanza» allora...
Allora signori miei dovetti cercarmi un lavoro dallo stipendio sicuro per mantenerli e, di conseguenza, non ebbi ancora tempo per inventare nuove avventure e così...
Così i racconti delle gesta del bandito Sid Liscious fatalmente, per me e per voi, finiscono qua.
Il diciottesimo estratto
( "Il fantasma rassicurante" di Tullio e Fisco ed i loro ragionamenti lisci lisci )
Te l'assicuro, Tullio.
Una cosa incredibile, Tullio.
Stanotte andando al bagno ho visto un fantasma, Tullio.
Un vero, autentico e credibile fantasma.
«In lenzuolo ed alluci pallidi e dalle unghie lunghe che spuntano in basso, Fisco?».
Macché, Tullio.
Questo era una piramide.
Base ottanta per ottanta, altezza tipo un metro ed ancora ottanta, Tullio.
«Allora ti credo, Fisco.
Sai la storia del lenzuolo agitato l'avrei trovata stantia assai, però invece la piramide bislunga intriga parecchio.
E di che colore era, Fisco?».
Una specie di color acqua non trasparente per via è costretta a riflettere qualcosa di tanto chiaro, Tullio.
«E per spostarsi, Fisco.
Per spostarsi che faceva?».
Scusa, Tullio, ma tu se vedi un fantasma scappi o tiri fuori la lente?
«Hai ragione, Fisco, tuttavia ammettilo sarebbe tanta roba scoprire a che razza, fra le creature, corrisponde un così singolare fantasma».
Non credo ai gorilla, Tullio, pure se l'altezza potrebbe indurlo, e nemmeno agli struzzi.
Aspetta, Tullio, ci sono.
Era il fantasma della grande quercia abbattuta l'altro giorno dagli operai nel parco.
«Ci sta tutto, Fisco.
Una volta vistosi uccisa la sua forma, e ridotta in pezzi la casa, s'è guardato intorno e non poteva chiedere aiuto che qui.
Infatti altro non c'è nei paraggi».
D'altronde le querce, Tullio, non possiedono esagerata mobilità ed è dunque possibile supporre ai loro fantasmi succeda uguale.
«Tienilo buono questo discorso, Fisco.
Per la prossima volta che l'incontri intendo.
Probabile non voglia spaventarti.
Per conto mio al contrario cerca sicurezze».
E come posso io rassicurare il fantasma d'una quercia, Tullio?
«Tu per caso, Fisco, sei convinto i fantasmi vadano in giro così a cavolo ed incontrino di conseguenza casualmente?».
No, Tullio, direi di no.
Però lo stesso non credo possa avere qualcosa da me direttamente.
Casca malissimo.
Non so fare niente e non ho niente.
«Allora è un problema serio, Fisco.
C'è da credere che particolarmente di niente abbia bisogno una quercia da un uomo».
Dici che una quercia da parte d'un uomo non ha mai, mai, mai avuto, né mai, mai, mai, avrà bisogno di niente, Tullio?
«Neanche se vivesse tre volte, Fisco».
Aspetta.
Dico d'un uomo, Tullio.
Sei proprio sicuro qualcuno, della terra, possa non avere mai bisogno d'un uomo, Tullio?
«Almeno per quanto riguarda coloro non ancora diventati fantasmi sì, Fisco.
Tranquillamente».
Ed oseresti azzardare lui è venuto da me in quanto esponevo codesta sicurezza, Tullio?
Inconsapevolmente nonché evidentemente, Tullio?
Che gioia!
Tullio.
Che gioia.
Il diciannovesimo estratto
( "Premere esc per uscire dalla modalità a tutto scherno" di Negri la bella per niente addormentata nel bosco )
Ma quale cultura, Nano.
Qui non è il caso di cultura, Nano.
Qui manca clamorosamente la contro cultura, Nano.
E non è una questione di spiccioli, Nano.
Qui sono tutti infilati per lo stesso spago, Nano.
Tanta Bibbia, Nano, un po' d'Odissea, Nano, e la costernazione d'una Shoah, Nano.
Sì e con le dovute "libere" scelte in proposito, Nano.
Che se non ti va la Bibbia ci sono pronti i Veda, Nano, e se la sensibilità la vuoi suggestionare diversamente vanno benissimo le Foibe o il massacro dei Nativi americani, a nord ed a sud, Nano.
Alternative, Nano, certo, ma ti ricordo pur sempre ufficiali e concesse Nano.
E per quelli pari a me non c'è più posto, Nano.
Io, a scuola, non ho mai voluto, per principio, studiare delle cose chiaramente diffuse ad hoc, Nano.
Io sono cresciuta ch'ero attratta unicamente dai fascicoli di stampa alternativa, Nano, e dell'internazionale situazionista, Nano.
Io ho sempre frequentato i circoli politici extra parlamentari, Nano.
Di destra o di sinistra indifferentemente, Nano.
L'importante era il contro l'ufficiale obbligato riferimento, Nano.
I miei eroi erano Zanardi e Ranxerox, Nano, e William Burroughs e Boris Vian i miei miti letterari.
E la Shoah l'ho vissuta ai tempi d'oro della sindrome da immuno deficienza acquisita, Nano.
I camini "lussuriavano" in quei giorni e si sono fumati praticamente tutte le mie persone, Nano.
Non rimane quasi nessuno pari a me, Nano.
Ed i pochi si sono pentiti, Nano, ed assoggettati, Nano.
In giro oramai solamente tanti professori informati di cultura cento per cento che balle, Nano.
Solamente tante coscienze dal conveniente convinte, Nano.
Però, dispiace ammetterlo, quella era la via giusta, Nano.
I numeri delle proporzioni sono impietosi, Nano.
E chi ha fatto la scelta sbagliata, per quanto per impulso incontenibile, Nano, ora è tagliato fuori, Nano.
Troppo diverso e destabilizzante.
Troppo tendente al demolire fottute convinzioni che...
Che non hanno nemmeno avuto bisogno di costringere per venire abbracciate.
A sentir parlare oggigiorno una tipa come me sembra quasi sbuchi dall'aldilà, Nano.
Sembra quasi sbuchi dall'aldilà...
Nano.
Il ventesimo estratto
( "L'economia universale" di Bacio l'uomo avvolto nella sintesi )
Anch'io sapete mi sono dato da fare per rilanciare l'economia.
Ho allestito uno spazioso negozio e mi sono messo a vendere articoli vari.
Chiaramente però di questi tempi serviva una scelta, oculata e mirata, in merito agli oggetti da proporre ed allora diciamo ho dovuto ragionarci sopra parecchio.
Che non potevo mettermi a dare via le solite cianfrusaglie utili o meno o belle o brutte, che diventa facile intuire sarei finito come tantissimi negozianti d'adesso.
Cioè indebitato verso le banche e con il fallimento incombente.
Pertanto ho comperato una grossa partita di ali per lavatrici.
Due o tre milioni di coppie di branchie per cammello.
Un magazzino intero di scarpe per sopra a ventosa e di sotto con rotelle, indi perfettamente atte ai serpenti, intere collezioni di collane tratte da sezioni d'intestino d'elefante, braccialetti ricavati tagliando a fettine tibie di pesce spada ed orecchini ottenuti cristallizzando ragnatela di pantera nera.
Per la sezione alimentare invece pensai a caramelle al gusto ascella di divo, gomme da masticare al sapore di farfalla polare ed a barrette ricoperte con semi di canna da pesca.
Non ci crederete il giorno dell'apertura ero veramente eccitato.
E le vendite venivano copiose ed alla cassa sudavo manco stessi lavorando in fonderia.
C'era chi in previsione del lancio dalla finestra della lavatrice l'ultimo dell'anno, considerati i tempi, si premuniva di procurarle un atterraggio morbido in modo da poter riutilizzarla.
File di sceicchi ricchissimi spinti da infinita riconoscenza verso i propri cammelli, e decisi perciò a fare vivere loro la pensione immersi in piscina, si menavano adirati allo scopo d'acquistare più branchie possibili.
E teorie interminabili d'animalisti erano bramosi di regalare le scarpe ai serpenti, in modo questi potessero sfuggire meglio attrezzati ai biechi costruttori di calzature e borsette.
Le collane intestinali, invece, dovettero la loro fortuna al fatto stavano veramente bene aderenti al petto di chi le indossava.
Al che i runners ed i ginnasti del corpo libero ne fecero man bassa.
Un grande exploit insomma fu il mio.
In breve diventai ricco e difatti aprii presto una nuova sezione dedicata al sesso.
Di cui per pudicizia non starò qui tanto a descrivere le particolarità, anche se proprio non posso non raccontarvi della velocità con cui andarono a ruba i sette container di vibratori mosci.
Che tutti pensarono sono meno peccaminosi rispetto "a" con quelli sodi, indi perfino dai conventi vennero frotte di suore, e diversi frati, attratte, ed attratti, dal fatto il peccatuccio sarebbe stato appunto parecchio veniale, ergo facilmente perdonabile.
Ora...
Ora però sono vecchio ed ho venduto.
E me la godo tranquillo.
E ben sapendo d'avere interpretato ottimamente il mio ruolo verso la società.
Avendole fra l'altro versato parecchi contributi.
E la mia biografia sta vendendo molto, molto copiosamente.
S'intitola se...
Se quel peccato fosse stato veramente originale avrebbe avuto ben altre conseguenze.
»
- Blog di sid liscious
- 1375 letture