Scritto da © miresol - Sab, 12/12/2009 - 17:47
Stuprata, sventrata,
pattume,
giaci ai piedi di un albero.
Formiche percorrono dita,
ti scavano gli occhi,
tanto è vuoto
il mondo di sotto,
a che serve guardarlo?
Qui Caronte
sdentato nocchiero
non traghetta più anime,
qui v’è terra su terra,
nient’altro,
e il silenzio dei corpi.
Scomparsa, finita,
sottratta al respiro,
stai zitta,
ché la lingua corrosa
dai vermi
non conosce alfabeto,
per preghiera
uno squarcio irridente,
il tuo nome dissolto.
Ma nel sonno
ricrescano ancora
i tuoi lunghi capelli,
avvinghiati tenaci a radici
per tirare giù il bosco,
li vedrò arrivare alle case,
soffocare le bocche,
per quell’urlo,
coltello alla gola,
che nessuno ha sentito.
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