Scritto da © Manuela Verbasi - Dom, 09/01/2011 - 00:24
Dicevi le more, il senso alternato di uno spremersi frutta, i corsi d'acqua ed i corsetti neri come i corsari, lo stacco rosa sulla poltrona verde e suoi disegni in rilievo a tatuare le cosce.
Sempre rivivi ciò che spettava agli strati d'acqua piovana stanca di pozzanghere. In pieno giorno, cupa come notte or'accesa, la scatola di latta, i suoi biscotti al solito posto. Portami gli occhiali nel sognarci di valigie vuote come distanze, e piume di struzzo e profumi. Scenderò le scale Wandissima, a lanciare rose lente, con te a fianco e poi in braccio, e ti leggerò.
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